DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il Soviet», anno III, nr. 4 dell’ 1.11.1920)

 

Il compagno Graziadei, esponendo pochi giorni or sono ai socialisti fran­cesi le condizioni del Partito socialista italiano e accennando al funzionamento della Terza Internazionale, ha ricordato che Lenin è così favorevole ad una ragionevole autonomia di azione pratica nelle singole nazioni, che ha lodato la delibera­zione del congresso di Bologna riguardante la partecipazione alle elezioni generali del parlamento borghese, la quale era combattuta da una minoranza persuasa di meglio interpretare il pensiero del grande uomo politico della Russia socialista.

Poiché su questo giornale questa minoranza, prima ancora di esporla al congresso di Bologna, ha sostenuto e ampiamente discusso la tesi della non parte­cipazione alle elezioni del parlamento borghese, è necessario ora che su di esso venga chiarita questa poco esatta affermazione del compagno Graziadei.

La tendenza comunista astensionista non ha mai avuto la pretesa che le viene affibbiata di essere la più fedele interprete del pensiero di Lenin. Essa ha sempre sostenuto che il bolscevismo russo non è nulla di nuovo dal punto di vista teorico, come lo stesso Lenin riconosce; esso non è altro se non il richia­mo al più rigido e severo classico marxismo, al quale continuamente fa appello e a cui continuamente si riporta precisamente, del resto, lo stesso Lenin in ogni sua affermazione ed in ogni sua polemica.

Le coincidenze frequenti tra le nostre direttive e quelle di Lenin dimostrano che entrambe discendono dal medesimo tronco donde si dipartono col medesimo indirizzo.

La non partecipazione alle elezioni dei parlamenti borghesi e degli altri organi dello stato borghese da parte del partito socialista noi abbiamo sostenuto e sosteniamo, desumendola dalla valutazione storica dell’attuale periodo, che è per noi rivoluzionario, e nel quale noi diciamo il partito debba compiere la sua funzione specifica, cioè quella di abbattere lo stato borghese.

Questo nostro modo di vedere coincide esattamente con una delle conclu­sioni della relazione di Lenin al congresso della Terza Internazionale di Mosca.

A questa non partecipazione noi diamo un valore assai più grande di quanto non faccia Lenin, perché riteniamo che essa sia più doverosa ed impellente nei paesi occidentali che sono deliziati, da lungo tempo, da quella tale civiltà democratica così cara al Turati ed ai suoi, che ha in essi salde radici ed è perciò più difficile a sradicare.

La contraddizione evidente tra le conclusioni della relazione e le due let­tere dello stesso Lenin noi riteniamo sia conseguenza della poca importanza che egli dà agli organismi democratici, i quali in Russia hanno vissuto poco e male e non hanno quindi potuto conquistare la popolarità e la familiarità delle masse ed esercitare su di esse quel grande credito, aumentato per giunta fra noi dalla suggestione dei partiti estremi, specie di quello socialista, che li ha, assidua­mente e per molti anni, grandemente valorizzati.

Quanto poi all’autonomia della tattica nelle varie nazioni noi siamo deci­samente contrari. Da qualche tempo, anzi, insistiamo perché si riuniscano nuova­mente a congresso i rappresentanti dei partiti della Terza Internazionale appunto per mettersi d'accordo sulla tattica ed unificarla.

La poca rigidezza nella uniformità della tattica fu una delle cagioni della grande debolezza della Internazionale prima della guerra e dette luogo alle più dolorose e disgraziate conseguenze.

Ripetere lo stesso errore nella Terza Internazionale, significherebbe espor­re quest'ultima a nuove sorprese e a disinganni spiacevoli.

L'uniformità della tattica ha per noi importanza suprema. Nelle questioni di tattica, quella della partecipazione o non alle elezioni borghesi ha posto pre­cipuo perché segna la netta separazione tra i fautori della socialdemocrazia e i fautori della dittatura proletaria: verso queste due concezioni profondamente anti­tetiche debbono polarizzarsi i socialisti; ogni transazione tra esse è equivoca e porta confusione. L'ulteriore convivenza di questi due gruppi nel medesimo par­tito è causa di debolezza per l'uno e per l'altro ed è nociva soprattutto per la tendenza ultima venuta, la quale per prendere bene il suo posto deve isolarsi ed assumere una personalità propria.

I compagni tutti della nostra tendenza esaminino bene questo momento delicato della vita e dello sviluppo di essa e considerino i danni ed i vantaggi, se ve ne sono, per decidere serenamente in merito.

Al di sopra dei sentimentalismi, al di sopra delle abitudini, vi sono i grandi doveri dell’ora che attraversiamo, che non consente debolezze, tergiversazioni od accomodamenti, ma risoluzioni decise, franche, rettilinee, ispirate soltanto ai supremi interessi della causa del proletariato.

 

 

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