DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il Soviet», anno II, nr. 38, del 13.IX.1919)

 

Nel lanciare il nostro programma comunista, che conteneva in sintesi la ri­sposta a molti vitali problemi che riguardano il movimento rivoluzionario del pro­letariato, noi ci aspettavamo di veder sollevare ampia discussione su tutti i punti di esso.

Invece si è discusso e si discute con accanimento solo sulla incompatibilità della partecipazione elettorale nel programma sobriamente affermata: i massimali­sti elezionisti, mentre sostengono che per loro l'azione elettorale è cosa seconda­ria, se ne preoccupano tanto da aver rovesciato valanghe di articoli contro le poche righe antielezioniste del programma nostro. Quanto a noi, a parte l'ampia trattazione data su queste colonne alle ragioni dell’astensionismo, abbiamo solo ora cominciato a rispondere sull’ Avanti! per difenderci dal diluvio delle obiezioni elettoralistiche.

Siamo perciò lieti di constatare che l'Ordine Nuovo di Torino domanda spiegazioni su quel punto del programma comunista che dice: «verranno indette le elezioni dei Consigli locali degli operai indipendentemente dalle categorie pro­fessionali a cui appartengono, e divisi per circoscrizioni di città e provincia».

L'articolista, che è il compagno Andrea Viglongo, si chiede se così si è vo­luto negare che il potere dei Soviet deve provenire dalle masse consultate e votanti sul luogo stesso dove si lavora: nelle fabbriche, officine, miniere, villaggi (1).

Il pensiero dei redattori del programma fu questo. Il sistema dei Soviet è una rappresentanza politica della classe lavoratrice, la cui caratteristica fondamen­tale è l'esclusione dal diritto elettorale di tutti coloro che non appartengono al proletariato.

Si credette che il Soviet fosse la stessa cosa del sindacato economico: nulla di più inesatto. Può darsi che, nei primi momenti rivoluzionari, in diversi paesi gli organismi soviettisti siano stati costituiti con rappresentanze delle organizzazio­ni di mestiere, ma questo non fu che un transitorio ripiego.

Mentre il sindacato economico ha per obiettivo la difesa degli interessi di categoria del lavoratore in quanto appartiene ad un dato mestiere o ad una data industria, nel Soviet figura il proletario come componente di una classe sociale che conquista ed esercita il potere politico e la direzione della società in quanto i suoi interessi hanno di comune con tutti i lavoratori di qualsiasi mestiere. Nel Soviet centrale abbiamo una rappresentanza politica della classe lavoratrice con de­putati delle circoscrizioni locali.

Non vi figurano affatto rappresentanti nazionali delle diverse categorie pro­fessionali; ciò vale tanto a smentire le interpretazioni in senso sindacalista quan­to la parodia riformista delle ipotetiche costituenti professionali gabellate come isti­tuzioni aventi alcunché di soviettistico.

Ma, nei Soviet locali di città o di villaggio rurale, come dev'essere costi­tuito l'ingranaggio della rappresentanza?

Se ci riferiamo al sistema russo, esposto nei capitoli XI, XII, XIII e XIV della costituzione della Repubblica dei Soviet, possiamo concludere che l'essenziale è che nelle città vi sia un delegato ogni 1000 abitanti, nelle campagne ogni 100; e le elezioni hanno luogo (art. 66) secondo gli usi stabiliti dai Soviet locali.

Non abbiamo dunque che il numero dei delegati da eleggere dipenda dal numero delle fabbriche o unità di lavoro, e non sappiamo bene se la elezione sia fatta raggruppando gli elettori cui compete un rappresentante, e con quale criterio.

Ma se ci riferiamo ai programmi dei comunisti di altri paesi ci pare di poter concludere che la natura della unità elettorale, pur prestandosi a importan­tissime considerazioni, non è il problema sostanziale dell’ordine soviettista.

L'ingranaggio dei Soviet ha indubbiamente una doppia natura: politica, rivo­luzionaria da una parte; ed economica, costruttiva dall’altra.

Nei primi momenti è predominante la prima funzione, che con lo svolgersi della espropriazione borghese va cedendo successivamente campo alla seconda.

Per questa seconda opera di attività gli organismi tecnicamente adatti an­dranno successivamente affinandosi alla scuola della necessità, ed in questo campo sorgeranno e si intrecceranno le forme di delegazione delle categorie sindacate e delle unità di produzione, specie per quanto riguarda la tecnica e la disciplina del lavoro.

Ma la funzione fondamentale politica della rete dei Consigli operai è ba­sata sul concetto storico della dittatura: devono avere libero gioco gli interessi proletari in quanto investono tutta la classe al di sopra delle categorie e tutto lo sviluppo storico del movimento di emancipazione di essa.

Le condizioni per realizzare tutto ciò sono sostanzialmente la esclusione dei borghesi da ogni partecipazione all’attività politica, e la opportuna distribuzione degli elettori nelle circoscrizioni locali dalle quali partono le deleghe al Congres­so dei Soviet, che nomina il Comitato Centrale Esecutivo, e che ha il compito di promulgare le decisioni di socializzazione successiva dei vari rami della economia.

A noi pare che, di fronte a questa definizione storica del sistema rappre­sentativo comunista, l'Ordine Nuovo esageri leggermente la definizione formale dell’ingranaggio di tali rappresentanze.

Dove e con quali aggruppamenti le votazioni avvengono, non è problema sostanziale: esso può comportare disparate soluzioni nazionali e regionali.

Solo fino a un certo punto si può vedere il germe dei Soviet nelle com­missioni interne di fabbrica: o meglio noi pensiamo che queste siano destinate a germinare i Consigli di fabbrica incaricati di attribuzioni tecniche e disciplinari durante e dopo la socializzazione della fabbrica stessa; restando chiarito che il Soviet politico cittadino potrà essere eletto dove tornerà più comodo e probabilmente in riunioni non molto diverse dagli attuali seggi elettorali.

Le stesse liste elettorali dovranno essere diverse. Il Viglongo pone la que­stione se nella fabbrica voteranno tutti gli operai o solo gli organizzati:  noi gli facciamo riflettere che qualche operaio, anche organizzato, potrà essere escluso dalle liste elettorali del Soviet politico cittadino ove risulti che, oltre a lavorare nella fabbrica, viva dei proventi di un piccolo capitale pecuniario o fondiario. Questo caso è tra noi non infrequente: la stessa Costituzione Russa lo prevede nettamente nel primo comma dell’art. 65. Devono poi votare anche i legittimi disoccupati e inabili al lavoro.

Ciò che caratterizza il sistema comunista è dunque la definizione del diritto ad essere elettore, che non dipende dall’appartenenza ad una categoria professio­nale, ma dall’essere o meno l'individuo, nel complesso integrale dei suoi rapporti sociali, un proletario interessato alla rapida realizzazione del comunismo, o un non proletario comunque legato alla conservazione dei rapporti economici della proprietà privata.

Questa semplicissima condizione garantisce la funzionalità politica della rap­presentanza soviettista: a fianco di questa si moltiplicheranno nuovi ed agili or­gani tecnico-economici, subordinati però sempre a quanto la prima stabilirà circa le grandi linee dei provvedimenti che andranno in attuazione, perché solo la rap­presentanza politica pura riassumerà in sé, fin quando l'abolizione delle classi non sarà stata realizzata totalmente, gli interessi collettivi del proletariato; agendo da massima acceleratrice del processo rivoluzionario.

Altra volta ci occuperemo del problema se sia possibile e conveniente co­stituire i Soviet politici ancora prima della battaglia rivoluzionaria per la conqui­sta del potere.

 

(1)     A. Viglongo, Verso nuove istituzioni, nel nr. 16 del 30 agosto 1919 dell’Ordine Nuovo.

 

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