DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

(IlSoviet, n°6 del 26-01-1919)

 

A pochi giorni dalla notizia - annunciata, smentita e infine pur­troppo confermata - dell'assassi­nio di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg perpetrato il 19-1-1919 dalla sbirraglia al soldo del go­verno socialdemocratico tedesco, il “Soviet” del 26 dello stesso mese scriveva queste parole, che oggi, nel 45° anniversario della trage­dia, riprendiamo con la stessa fede immutata:

Nel numero scorso noi non vo­lemmo fare alcun accenno all'orrendo misfatto perpetrato in Germania dalla sogghignante reazione.  Vi era ancora qualche elemento di dubbio nelle notizie, v'era ancora qualche possibilità che l’obbrobriosa tragedia fosse soltanto il parto della sinistra fantasia tarquema­desca delle eleganti iene di gior­nalisti del capitalismo...

Purtroppo la realtà ha superato nella sua atroce attuazione, ogni più raffinata e sadica fantasia di aguzzino.  Carlo Liebknecht e Rosa Luxemburg sono stati esposti con barbara gioia di vendetta agli i­nsulti della plebaglia incosciente, ubriacata di menzogne, probabilmen­te venduta; sono stati colpiti, martoriati, assassinati vilmente, i loro corpi esanimi oltraggiati, dati in balia all'odio torvo di abbrutiti delinquenti.

 

Che i proletari non dimentichino mai questo scempio!  Che quella data, quei nomi, quei particolari raccapriccianti, si figgano bene nella loro memoria e nel loro cuore, per il giorno augusto della ven­detta!  Il giornale dei rinnegati del social-nazionalismo tedesco, il degenere Vorwärts!, aveva ben com­piuto la sua opera infame di per­vertimento sanguinaria, di eccitamento delle più basse passioni plebee.  Il foglio, che non aveva mai trovato niente da ridire quando il Kaiser, il Kronprinz, e Ludendorff, e Hindenburg, mandavano avanti al macello, negli insanguinati campi di Francia, milioni di proletari, ed essi stavano bene addietro, al riparo nei loro comodi quartieri generali, a ubriacarsi di champagne rubato con femmine da conio; ave­va però subito travato il motivo della satira e della sobillazione contro Carlo e Rosa, che non erano fra i cento morti proletari della settimana rossa come i suoi redat­tori tirapiedi della reazione borghe­se e militarista avevano bramato.

Ma l’odio di coloro che nella vita intemerata dei due grandi agitatori, nella coerenza ferrea della loro condotta,  nella rigidità mai smentita dalle loro convinzioni e della loro azione, vedevano con rabbia una rampogna permanente ­al proprio subdolo asservimento passato al kaiserismo, fu finalmente soddisfatto.  Carlo e Rosa, già assertori incrollabili del diritto in­tegrale del proletariato, gli oppo­sitori irreconciliabili di ogni pat­teggiamento degli sfruttati con gli sfruttatori, gli apostoli della nuova società comunista ed egualitaria, caddero idealmente consociati nel nobilissimo martirio come già nello vita d'azione.

 

E i profanatori del socialismo, gli Ebert, gli Scheidemann, i Noske, esultano, e la loro esultanza tra­spare dai contorcimenti ipocriti con cui cercano di ostentare dolore e riprovazione.  E dietro a loro esul­tano ancora più i militaristi, quei generali che ridiventano d'un trat­to, come nell'agosto 1914, i salvatori della patria,  quegli ufficiali che di nuovo spadroneggiano, chio­dati e spallinati, per le vie di Ber­lino, come negli aurei tempi di Guglielmo e della Tavola Rotonda, a insultare e malmenare i passanti, a oltraggiare e... accarezzare le donne, a fucilare nelle caserme i proletari ribelli.

 

E dietro a loro si ode già il cachinno beffardo del capitalista, del junker che potrà ancora derubare e bastonare i contadini del suo latifondo, dell'industriale liberato dal pericolo di dover lasciare all'ope­raio l’intero frutto del lavoro, del commerciante abilitato a continuare la sua nobile operazione di ru­bare al produttore e al consumatore, del rentier esentato dall'ob­bligo di lavorare anch’egli per mangiare...

Il governo ha vinta, con le baio­nette della guardia bianca.  Ma vi son vittorie che disonorano, e sconfitte che preparano le vie dell'avvenire!  I maggioritari tedeschi non potranno godere con gioia il frutto della vittoria, pagata col sangue proletario e con la vita dei più stre­nui difensori del diritta proletario in Germania. Essi, armando a difesa del loro potere, truffato alla Rivo­luzione, i borghesi, gli ufficiali, gli studenti, i soldati reduci appena da quattro anni di stenti indicibili e desiderosi di riposa ad ogni co­sto, hanno segnata la sentenza del­la propria morte politica. Essi già sano prigionieri della reazione, e alla reazione borghese militare, ca­pitalista, dovranno cedere il posto e consegnare la direzione dello Stato.

Quel giorno, la colossale frode politica da loro commessa a danno della rivoluzione, del socialismo, del proletariato, diventerà eviden­te anche agli occhi di quella parte del proletariato tedesco che ancora non s'è svegliato dagli effetti del narcotico patriottardo propinatogli profusamente dai borghesi e dai maggioritari nei quattro anni di guerra.

Quel giorno, il proletariato vedrà e saprà.  E sarà il giorno dell'apo­teosi immancabile di Carlo Liebknecht e di Rosa Luxemburg, sarà il trionfa di Spartaco.

Noi lo aspettiamo con sicura fi­ducia.  Non passerà molto che il proletariato tedesco si accorgerà della stoltezza commessa cedendo, per il piatto di lenti dell'ordine e della generosità delle borghesie vit­toriose, la prima genitura della sua totale e definitiva emancipazione dal capitalismo indigeno e straniero.  Né sarà tardi, perché nessuna forza può armai arrestare la rivoluzione proletaria nel mondo e perché il proletariato tedesco è  una forza troppo gigantesca perché, divenuta conscia di sé, la si possa contenere con le pastoie parlamentari e costituenti.

Allora, Carlo Liebknecht e Rosa Luxemburg copriranno il mondo rinnovato colla loro ombra gigan­tesca e riceveranno il culto degli eroi e dei precursori dai cuori fe­deli dei proletari di tutto il mondo.

Spartaco lo ha detto prima di morire: “La vittoria sarà nostra perché Spartacus significa fuoco e spirito, anima e cuore, violenta azione della Rivoluzione proletaria.

Spartacus significa tutte le miserie tutto il desiderio di felicita del proletariato. Significa il socialismo, la rivoluzione mondiale”

Perciò noi, sebbene addolorati e frementi dello scempio fatta dei due apostoli del comunismo, accettiamo il loro destino. Ogni idea, prima di trionfare, deve essere nobilitata dai sacrificio dei suoi primi e più generosi assertori;  ogni religione - e il socialismo è  la religione dell’età nuova - vuole i suoi martiri.

Ieri essi si chiamarono Cristo, Huss, Giordano Bruno. Oggi si chiamano Jaurès, Liebknecht, Luxemburg. Gli unì e gli altri caddero per la loro fede. Ma passarono i carnefici e trionfò il cristianesimo, la riforma protestante, il libero pen­siero. E passeranno gli assassini di oggi, cedendo il passo alle nuove genti, libere, eguali, affratellate in tutto il mondo, che in ogni ora della loro vita divenuta finalmente lieta ed amata leveranno un commosso pensiero di memoria e di riconoscenza alle due grandi figure, il cui sacrificio avrà preparato la loro felicità: a Carlo Liebknecht e Rosa Luxemburg

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