(«Il Soviet», n. 1 del 22-12-1918)

 

Questo articolo appare nello stesso numero iniziale del «Soviet» e prende posizione contro la grave insidia di una giustificazione della guerra a finì rivoluzionari, dimostrando come non si tratti qui di rivendicare una violenza che rovesci la borghesia, ma si ricada con questa tesi deforme nella cetra di coloro che tradirono il socialismo rivoluzionario sostenendo che i suoi obiettivi potessero coincidere con quelli della grande guerra imperialista, vista da qualunque fronte ed in qualunque direzione.

 

Quei rinnegati del socialismo che sono stati favorevoli alla guerra vor­rebbero oggi, per giustificare il proprio atteggiamento, abilmente sfruttare i grandiosi avvenimenti che si vanno svolgendo in Russia, in Austria, in Germania.

Essi affermano che la guerra da loro voluta, la sconfitta degli Imperi centrali per la quale hanno combattuto (ai fronti interni), hanno prodotto la Rivoluzione Socialista.

Questo trucco della «guerra rivoluzionaria» deve essere sventato.

É evidentissimo che la guerra ha prodotto situazioni rivoluzionarie; e ciò corrisponde benissimo alle concezioni socialiste. Come lo sviluppo del capitalismo prepara e conduce alla rivoluzione del proletariato, così la guerra, crisi suprema del mondo borghese e delle sue intime contraddizioni, ne accelera la catastrofe finale. Ma come é programma dei socialisti lavo­rare per la rivoluzione combattendo con la lotta di classe la borghesia - e non aiutandola ad evolversi - così il loro dovere dinanzi alla guerra é quello di avversarla e di lottare contro il militarismo per affrettare la crisi da cui uscirà abbattuto.

La guerra é stata dunque un fenomeno acceleratore della Rivoluzione, come il capitalismo accelera, sviluppandosi, l’avvento del socialismo; ma tra i due termini esiste una antitesi assoluta e tra le classi che li rappresenta nel campo sociale una lotta incessante.

Se la rivoluzione del proletariato avesse potuto fermare la guerra al suo inizio abbattendo tutti i governi della borghesia, come era nella sana visione internazionalista, fiumi di sangue sarebbero stati risparmiati. Ma è ozioso chiamare in fallo la storia con gratuite ipotesi.

Quello che ci preme é svelare il giochetto dei socialpatrioti, tendente a confondere il problema dell’influenza rivoluzionaria della guerra con l’altro vero problema da cui deve emergerà la determinazione delle loro responsa­bilità: l’adesione dei socialisti alla guerra ha accelerato la Rivoluzione?

No - rispondiamo noi alla luce dei fatti - i socialpatrioti hanno dovun­que esercitata un’opera profondamente antirivoluzionaria.

I socialpatrioti hanno sostenuto che era necessario, per la causa del socialismo, l’abbattimento degli Imperi centrali autocratici e militaristi da parte dell’Intesa democratica; dal canto loro i socialpatrioti tedeschi hanno sostenuto che era necessario l’abbattimento dello zarismo.

Gli uni e gli altri assicuravano non potersi raggiungere tale scopo che con la guerra, non essendo da sperare che la minaccia del militarismo tedesco e dello zarismo - dipinti rispettivamente come aggressori - fosse arrestata da una rivoluzione interna.

Le concezioni analoghe dei socialpatrioti si basavano su di una insanabile antitesi che passava tra le classi dominanti russe e tedesche, tra le classi dominanti degli Imperi e dell’Intesa.

Ma venne la Rivoluzione Russa e schiacciò lo zarismo.

Viene la rivoluzione tedesca e annienta l’imperialismo e il militarismo teutonico. Socialisti guerrafondai della Germania e socialisti guerrafondai dell’Intesa si attribuiscono il merito di aver agevolate quelle rivoluzioni colla sconfitta militare del regime abbattuto.

Ma la falsità della loro affermazione emerge limpidissima dalle situa­zioni storiche analoghe che si sono determinate.

Il militarismo tedesco dopo la Rivoluzione in Russia diviene l’alleato delle classi dirigenti russe, contro cui aveva chiamato il suo popolo alla guerra, e le aiuta nella lotta contro i massimalisti, svelando tutta la sua affinità col nemico di ieri.

I socialisti maggioritari teutonici non protestano, non insorgono, si uni­scono anzi ai diffamatori e ai sabotatori della Rivoluzione.

Così oggi, durante la Rivoluzione tedesca - e la vera Rivoluzione sarà per noi compiuta quando i massimalisti avranno trionfato anche in Germania - le borghesie dell’Intesa mostrano chiaramente la loro simpatia per le classi dirigenti tedesche, per i militaristi e i pangermanisti di ieri.

 

[Censura]

 

Nessuna differenza tra la politica dei Governi democratici dell’Intesa e quella dei Governi imperialisti tedeschi nei riguardi del «pericolo so­cialista». Così la storia fa le nostre vendette e fa giustizia delle menzogna del socialismo intesofilo.

E i socialpatrioti nostrani si rendono solidali coi loro Governi unendosi al coro di vigliacche menzogne contro la grande, la vera opera rivoluzionaria del proletariato tedesco.

La grande verità ci delinea: le borghesie di tutti i paesi si alleano contro il socialismo internazionale rivoluzionario.

E i rinnegati del socialismo che inneggiarono alla guerra facendo opera di sconcia collaborazione coi poteri capitalistici, seguitano ad esserne i man­cipi lavorando contro la rivoluzione.

Mentre in Russia come in Germania il socialismo massimalista trionfa per opera di coloro che furono avversi alla guerra, contro i tradimenti dei socialpatrioti e dei riformisti, vediamo la stampa patriottica dell’Intesa fare la rèclame agli Scheidemann e agli Ebert già vituperati come strumenti del Kaiser, e condurre una campagna di vituperio contro Liebknecht e suoi seguaci perché sono tra quelli che hanno splendidamente riscattato l’avvenire del socialismo, che colla guerra si sperò follemente di soffocare.

 

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