DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

>L’ “emergenza mucca pazza” è ormai di dimensioni mondiali. Così almeno ha sentenziato la FAO. E i mezzi di comunicazione hanno evocato gli spettri dell’AIDS e di altre epidemie, di cui questa sarebbe un nuovo capitolo in un libro che sembra non conoscere la parola “Fine”. Noi non abbiamo molto da aggiungere a quanto scritto nei due numeri scorsi di questo stesso giornale, sulla natura tutta capitalistica anche di questa emergenza. La quale tocca alla radice il meccanismo di sopravvivenza della specie umana: l’alimentazione.

Possiamo però fare qualche ulteriore considerazione. E iniziamo, prendendo anzitutto le distanze dal tono sensazionalistico adottato dai mezzi di comunicazione. Abbiamo sempre sostenuto infatti che una delle caratteristiche dell’ideologia dominante borghese è il suo uso e abuso dell’“atrocismo”: quel suo sguazzare nel sanguinolento, quel suo ripetuto ricorso terroristico a un armamentario di “ultime notizie” che hanno il solo fine ed effetto di spaventare e paralizzare o di incanalare l’indignazione e la rabbia in certe direzioni invece che in altre. E di far dimenticare, nella sarabanda degli orrori, quali sono le responsabilità, o meglio: di trovare il responsabile singolo, individuale, il povero coglione di turno, salvando il vero responsabile di fondo, e cioè un modo di produzione che è ormai esclusivamente distruttivo e autodistruttivo.

 

* * *

Le considerazioni che l’ “emergenza mucca pazza” ci permette di fare sono almeno di tre tipi. Innanzitutto, ci permette di ribadire ancora una volta in una maniera che più lampante di così non si può quanto il materialismo dialettico ha sempre sostenuto: il primato dell’economia nei fatti storico- sociali. Spiegava Engels in una lettera a Borgius del 25 gennaio 1894, che sarebbe bene non dimenticare mai: “L’ evoluzione politica, giuridica, filosofica, religiosa, letteraria, artistica, ecc. poggia sull’evoluzione economica. Ma esse reagiscono tutte l’una sull’altra e sulla base economica. Non è che la situazione economica sia causa essa sola attiva e tutto il resto nient’altro che effetto passivo. Vi è al contrario azione reciproca sulla base della necessità economica che, in ultima istanza, sempre s’impone”. Dunque, la necessità economica - pur intrattenendo relazioni reciproche con “tutto il resto” - in ultima analisi s’impone. E che cosa è successo nel “caso della mucca pazza”? Non è forse per motivi squisitamente economici che sono stati impiegati mangimi a base di farine animali (tratte da scarti che costano poco o niente) nell’alimentazione di animali destinati a loro volta all’alimentazione umana? Non è forse per motivi squisitamente economici (il giro di miliardi che ruota intorno all’industria degli allevamenti, dei macelli, delle carni) che per anni e anni le possibili conseguenze di ciò sono state trascurate e taciute? Non è forse per motivi squisitamente economici (idem come sopra) che si corre ai ripari adesso che la mucca è scappata e lo si fa non solo malamente (con ritardi, incertezze, contraddizioni, demagogia, confusione) ma anche mostrando concretamente che un vero, rigoroso controllo è impossibile? E tutti i “responsabili” di questa storia sono stati mossi da pura, demente disonestà, o la “disonestà” non cela a sua volta il proprio vero volto - il volto della legge del profitto - cui tutti devono piegarsi, pena la propria scomparsa dal mercato? Non è forse questo il grande problema, il fatto di essere tutti, nessuno escluso, immersi nel grande mercato del modo di produzione capitalistico, fondato sulla legge del profitto, sulla concorrenza e sulla competizione di tutti contro tutti?

Quanto il marxismo ha sempre sostenuto è lì sotto gli occhi di tutti, bello spiattellato come una gustosa fiorentina con l’osso che potrebbe nascondere la minaccia della BSE o encefalopatia spongiforme (in parole povere: il cervello come emmenthal svizzero). Chi non vuole rendersene conto, be’, o ha mangiato carne infetta già un po’ di anni fa oppure lo fa per motivi squisitamente economici .

Ma andiamo avanti.

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La seconda considerazione che possiamo fare riguarda un altro aspetto sempre denunciato dal marxismo: il capitalismo è come l’apprendista-stregone che non sa come controllare le forze che ha messo in moto. Solo degli inguaribili ingenui possono ridurre tutto alla perversione o alla insensibilità individuale di fronte a queste come ad altre sciagure che riguardano gli effetti dell’azione umana - un’azione umana che, piaccia o no, è sempre inscritta all’interno di un dato modo di produzione, obbedisce alle sue leggi, ne è espressione diretta. Come nel caso del Talidomide o del Cronassial in campo farmaceutico, o nel caso dell’uranio impoverito per restare in tempi recenti e a tutti noti, si compiono dati passi scientifici di cui da un lato si ignorano le conseguenze e di cui dall’altro (a contatto con il mercato e con la sua legge del profitto) si trasformano in negativi gli effetti potenzialmente positivi.

Come marxisti, abbiamo sempre negato che la responsabile di certe sciagure (che sotto maschere diverse si riproducono con sempre maggiore frequenza) fosse la scienza o la tecnologia in quanto tali, sostenendo in teoria e in pratica che l’unico vero responsabile ne è l’uso (o l’abuso) capitalistico. La dimostrazione in tutti i campi dell’esperienza umana anche solo da duecento anni a questa parte occuperebbe decine e decine di volumi. Ma è sintetizzabile in una sola sentenza finale: la scienza e la tecnologia sottoposte alla legge del profitto negano se stesse come strumento di miglioramento delle condizioni di vita della specie umana, per quello che fanno direttamente o come effetto collaterale o per accumulazione d’effetti, o per quello che non fanno (perché si tratta di rami non commerciabili, non produttivi, o bloccati dalla presenza di enormi interessi finanziari che per il momento costerebbe troppo scalzare).

Scrivevamo già nel 1952: “siamo in un periodo storico non di avanzata, ma di piatta decadenza e rinvilimento della scienza e della tecnica ufficiale, di basso ciarlatanismo nella dottrina e nella applicazione;e con elenco di fatti inoppugnabili dedotti da tutti i gangli della moderna organizzazione e dai loro effettivi legami e ingranaggi [possiamo smentire] la facilona, corrente opinione che le solite cifre diffondono, con i ben noti mezzi pubblicistici di imbonimento dei crani, sul preteso vertiginoso crescere in quantità e qualità delle ‘attuazioni’ in tutti i campi. È un simile processo di decadenza degenerativa in contrasto col pauroso aumento di materiali energie a disposi- zione dei gruppi dominanti, ed è esso un processo storicamente nuovo? Per nulla affatto; è anzi un processo ovvio e inevitabile, ogni volta che una grande forma storica e sociale è cresciuta a dismisura, e ne urge la distruzione rivoluzionaria, la catastrofe terminale. [...] La superricchezza e la superpotenza del capitalismo possono oggi stupire nel facile culto del kolossal, o nella imbecille ammirazione per l’americanata, ma all’indagatore che sappia e saprà giungere al fondo dei fatti, sono evidenti le manifestazioni diffuse ovunque di corruzione, di vuotaggine, di cafonismo, di leggerezza ignorante e ciarlatana, di inconsistenza asinesca che circola in tutti i marchi dei diplomi universitari e delle più conosciute ditte specialistiche”. (Politica e ‘costruzione ’, in “Prometeo”, luglio settembre 1952, n.3-4)

* * *

Arriviamo infine al terzo punto che ci limitiamo a trattare qui: la totale vulnerabilità del tanto celebrato individuo. Mentre a tutti i livelli si assiste a una sempre più forsennata celebrazione dell’individuo (che sarebbe sovrano in tutto: dal giocare in borsa allo scegliersi il governante preferito, dal farsi una cultura al decidere di che morte morire), ecco che il “caso mucca pazza” dimostra proprio il contrario: sotto il dominio del capitale, l’individuo è meno di un fuscello preso in pieno da un tornado, è un povero cristo schiacciato da mostri economici, finanziari, politici, sociali dalle mille e una testa, contro i quali non può proprio nulla. Altro che Davide e Golia!

Basti l’esempio di cui stiamo trattando: nel caos di dichiarazioni e controdichiarazioni, rivelazioni e segreti portati alla luce, denunce e scandali, controlli fatti con il colabrodo, importazioni clandestine, mercato nero, che cosa può fare l’individuo? Ah, certo, smettere di mangiare carne di mucca e rivolgersi al pollo, al maiale, al pesce. Ma... siamo poi così sicuri? Gli ormoni, gli antibiotici, il mercurio, l’uranio... Smettere di mangiare carne e pesce, come dicono gli animalisti: già, ma siamo poi sicuri che le verdure... Gli anticrittogamici, gli inquinanti, la diossina...

Rivolgersi allora all’agricoltura biologica: già, ma a parte il fatto molto elementare che isole felici non esistono (l’aria, l’acqua, la terra sono inquinate ovunque), anche lì l’economia domina, fino a prova contraria - i prezzi, innanzitutto; e poi il business non entra forse anche lì e non appena esploderà non si ripeteranno forse le medesime fregature? Concorrenza, competizione, legge del mercato, profitti, ecc. ecc. E saremo da capo anche lì. Perché mai i biodinamici dovrebbero essere più... “onesti” degli altri, se devono lottare per sopravvivere in un modo di produzione che fa tutti “lupi”? In cui “la necessità economica [...], in ultima istanza, sempre s’impone”?

E dunque l’individuo dovrebbe diventare contemporaneamente scienziato, medico, dietista, inventore, veterinario, esperto in tecnologie dolci, ecologista, e poi anche ispettore, sorvegliante, controllore, guardia di frontiera, poliziotto, giudice, ecc. ecc., e dedicare le sue ventiquattr’ore allo studio di quel che può e non può mangiare, fare e non fare, da solo o in compagnia (ammesso poi che gli “studi” e gli “esperti” siano davvero affidabili: del che ormai si può solo dubitare, anche senza essere convinti marxisti! Ce lo dicono tutti i più recenti scandali in campo medico-scientifico e la sarabanda di rivelazioni e interpretazioni contrastanti!). Insomma, per sopravvivere decentemente in questa giungla che è il modo di produzione capitalistico, l’individuo può solo... morire!

Senza poi contare che la tendenza del modo di produzione capitalistico, che sta dibattendosi in una delle sue lunghe e martorianti crisi strutturali, è verso l’urto sempre più acuto fra i capitali nazionali in competizione (il che vuol dire che tutti gli effetti deteriori della legge del profitto, della corsa al profitto, verranno moltiplicati per cento e per mille) e quindi verso uno scontro guerreggiato fra gli imperialismi maggiori. E allora, altro che sapere esattamente quale fetta di carne non bisogna mangiare o quale verdura privilegiare: ti tirano a due passi una bombetta all’uranio impoverito, e povero te e le tue verdure biologiche!

La miseria della filosofia del campare alla meglio lasciando tutto immutato si rivela proprio in questi casi. Eccoli i veri, inguaribili utopisti. Quelli che non vogliono rendersi conto che il modo di produzione capitalistico sta intaccando, oltre a tutto il resto, le basi stesse della sopravvivenza della specie umana. E che già questa deve essere una condanna senza appello, deve essere un grido di guerra contro il capitale!


 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2001)

 

 

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