DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Nel 2006, Muhammad Yunus, presidente del consiglio di amministrazione della Grameen Bank e inventore del microcredito, vinse il Premio Nobel per la pace. Nella motivazione, venivano sottolineati gli sforzi “per creare sviluppo sociale ed economico dal basso” e l’abilità “nel tradurre una visione in azioni concrete a beneficio di milioni di persone, non solo in Bangladesh”.(Corriere della Sera, 4/7/2009).

Fu l’apoteosi del microcredito, e Yunus divenne un’icona. Conosciuto come “il banchiere dei poveri”, per molti sinistri, anche nostrani, è diventato qualcosa di simile a un santo moderno e contemporaneo, che salva le classi deboli dalla crudeltà della globalizzazione, con la concessione di piccoli crediti a tassi di interesse bassi: quasi 8 milioni di clienti in migliaia di villaggi del Bangladesh accedono al microcredito di Grameen e la storia si è estesa ad altri paesi.

Tutti i miglioratori del mondo, dai no global ai missionari di ogni confessione, passando per ogni conventicola pseudo-socialista, plaudono a questa “storica” iniziativa. La socialdemocrazia, in ogni sua sfumatura, finalmente vede un suo sogno realizzarsi: il capitale può avere un’anima e arrivare a una società dove l’equilibrio dell’offerta e della domanda facciano il miracolo di assicurare a tutti le cose più utli e di prima necessità. Finalmente, il capitale finanziario dal volto umano! Il Nobel Muhammad Yunus fa sognare gli eredi di Proudhon e Stalin: oggi con il capitale finanziario, domani con “l’industriale dei poveri” e la democrazia economica...

D’altronde, riformisti, democratici e parenti vari, non hanno definito la crisi dell’agosto 2008 come una crisi “creata” da un’immorale, sconfinata avidità che avrebbe indotto manager, banchieri e speculatori ad assumere comportamenti irresponsabili e sfioranti la truffa? E l’abisso nel quale l’economia mondiale è piombata non è forse l’esito delle... spregiudicate manovre di avidi finanzieri? Non più crisi ma benessere per tutti, perché il capitale finalmente ha un’etica: basta sostituire gli avidi finanzieri con tanti, piccoli Muhammad.

Il nostro Robin  Hood ha fondato dunque la Graneen Bank, che è una banca a tutti gli effetti: ma ai nostri amici riformisti basta l’epiteto di “etica” e si dimentica subito che una banca è un istituto di intermediazione finanziaria e commerciale che opera raccogliendo fondi soprattutto in forma di depositi ed eroga prestiti diventando, di fatto, un ente specializzato nel trasformare un capitale inattivo (depositi) in un capitale attivo e quindi produttore di profitto. Più semplice di così!

Ma, sotto il cerone, si cominciano a vedere le rughe e a stonare sono i tassi di interesse “stranamente” in crescita e le insistenze per la loro riscossione. Sempre il Corriere della Sera ci racconta che “vista dai villaggi del Bangladesh, Grameen Bank sembra un’istituzione detestata e temuta. Quasi impossibile trovare qualcuno disposto a parlarne bene. Jamal Matubbar, 51 anni, consgliere comunale indipendente di Kalaparouri, un centro a venti km dal Golfo del Bengala, è drastico: ‘quella banca sta creando enormi problemi alla nostra comunità, succhia il sangue alla gente come le formiche rosse’”. Il racconto continua con la signora Taposi e il suo gruppo di comutuatarie che si sentono prigioniere di Grameen. “Tra le dieci nessuna ritiene di aver mai avuto un beneficio dai suoi prestiti. Il primo problema è la celebrata obbligazione di gruppo nel caso di insolvenza individuale: gli altri clienti devono ripianare. Secondo la banca, è un modo per responsabilizzare le comunità: ma la signora Taposi e le sue amiche devono autotassarsi quando una sola manca un pagamento, andando a loro volta in difficoltà; ciò mette Grameen Bank al riparo dalle perdite e crea liti e denunce nei villaggi. Kanan Bala, 43 anni, racconta: ‘mio marito è falegname, dopo sette anni abbiamo dovuto ritirare il deposito per la bottega e la banca si è tenuta gli interessi. Sono con Grameen da 25 anni, ma per me non c’è sviluppo: ho provato a lasciare la banca e per tre volte mi hanno offerto nuovi fondi’. Il deposito ha così un doppio effetto: vincola i clienti e finanzia Grameen Bank.

Un ulteriore problema è il nuovo credito preso per sostenere il vecchio, specie quando i prestiti di Grameen sono usati per comprare da mangiare e non per un’attività. E’ quanto accade spesso in villaggi colpiti da cicloni o inondazioni: a maggior ragione perché Grameen inizia a riscuotere le sue rate settimanali già una settimana dopo aver concesso il credito” (cfr. Corriere della Sera, 4/7/2009).

L’articolo continua con diverse testimonianze: tutte concordano nel fare rilevare che il signor Muhammad Yunius più che a Robin Hood assomiglia a una sanguisuga.

Ritorniamo dunque a che cosa è una banca. Sviluppandosi, le banche aggiungono alle loro originarie funzioni altri compiti: si concentrano e si trasformano da modeste mediatrici in potenti monopolisti. Nello stesso tempo, controllando il capitale finanziario, entrano nei consigli di amministrazione delle imprese commerciali ed industriali. La nostra Grameen Bank non è da meno e attualmente dispone di 2.556 filiali, 84.338 villaggi “serviti”, 23.445 dipendenti, 7,87 milioni di clienti e 13,5 milioni di euro d’utile netto nel 2008 e ha una partecipazione in ben dodici imprese (dalla telefonia all’industria alimentare, senza trascurare i servizi welfare).

L’unione della banca con l’industria è naturale e completa, nel nostro tempo imperialista. Il sistema delle partecipazioni non solo accresce enormemente il potere di una banca (in questo caso, la Grameen Bank), ma serve anche a manipolare ogni sorta di affare e quindi a frodare la gente.

Il richiamo del profitto da tirar fuori dal microcredito non ha lasciato indifferente quella S.p.A.della Carità che è la Chiesa Cattolica, che promuoverà quindi da settembre, in Italia, il “prestito della speranza”, con cui conta di aiutare almeno 20.000 famiglie in difficoltà. “Un segno e uno strumento per attraversare la crisi e non soccombere ad essa”, spiega il presidente della CEI, il cardinale Angelo Bagnasco. L’iniziativa della CEI ha avuto l’adesione di alcune banche dal fiuto fine, che hanno messo sul piatto 180 milioni di euro. L’aiuto consiste in un prestito di 500 euro al mese per un anno allungabile a due; il prestito andrà restituito entro 5 anni con un interesse annuo pari alla metà del tasso medio stabilito ogni tre mesi dal Ministero dell’Economia. Nel giro, troviamo Banca Prossima, la banca “etica” del gruppo Banca Intesa San Paolo: anche queste sono le buone azioni della Chiesa!

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°06 - 2009)

 

 

 

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