DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 Nel 1902, Karl Kautsky trovava fra il materiale inedito di Marx un abbozzo incompiuto di “introduzione”, datato 23 a­gosto 1857, ch'egli giudicò essere lo schema di “Einleitun” di cui Marx parla nella pre­messa alla “Critica dell’Economia Politica”. Il manoscritto, che tocca rapidamente i problemi trattati in quel libro e i rapporti fra forme economiche e sovrastrutture, si chiu­de bruscamente con la pagina sull'arte gre­ca che riproduciamo e che costituisce un documento curioso dello sforzo marxista di giustificare teoricamente il fenomeno arti­stico nel quadro dello sviluppo storico dei rapporti sociali. 

 

Per quanto riguarda l'arte, è noto che alcuni suoi periodi d'oro mancano di qua­lunque rapporto con lo sviluppo generale della società e perciò anche con le basi materiali, l'ossatura, della sua organizzazio­ne. Per determinate forme d'arte (ed esem­pio l'epica) è altresì riconosciuto che non possono più essere prodotte nelle loro ma­nifestazioni classiche, non appena subentra la vera e propria produzione, che perciò, nell'ambito della stessa arte, certe realizza­zioni significative sono possibili soltanto in uno stadio non evoluto dello sviluppo sto­rico. Se questo è il caso per il rapporto tra diverse forme artistiche nell'ambito della stessa arte, non è certo strano che il mede­simo fatto si verifichi nei rapporti fra il regno dell'arte in generale e lo sviluppo complessivo della società. La difficoltà con­siste unicamente nella giustificazione razionale di questi contrasti, per chiarire i quali basta specificarli. 

 

Prendiamo ad esempio il rapporto fra l’arte greca e il mondo moderno, e fra questo e Shakespeare. E' noto che la mitologia greca fu non soltanto l'arsenale ma l'humus dell'arte greca. Ora, la concezione della na­tura e dei rapporti sociali che sta alla ba­se della fantasia e perciò dell'arte ellenica, è conciliabile col selfacting e le ferrovie e le locomotive e il telegrafo? Dove va a finire Vulcano di fronte a Roberts e Co., Giove di fronte al parafulmine e Mercurio di fronte al Credit mobilier? Ogni mitolo­gia in quanto supera e padroneggia le for­ze naturali nell'immaginazione e attraverso l'immaginazione sparisce con l'effettivo do­minio su di esse. Che né è della Fama, accanto a Printinghousesquare? L'arte greca presuppone la mitologia greca, cioè la na­tura e le forme sociali già elaborate in for­ma inconsciamente artistica dalla fantasia popolare. E' questa la sua materia, non una mitologia qualsiasi. né una qualsiasi rielabo­razione inconsciamente artistica della natura (includendo in questo tutto ciò che è obiet­tivo, e perciò anche la società). La mitologia egizia non poteva costituire l’humus, il grembo materno dell'arte greca. Ma, in ogni atteggiamento mitologizzante di fron­te ad essa, che esclude ogni rapporto mitico con la natura, esige perciò dall’artista una fantasia completamente aliena da residui mitologici.  

 

D'altra parte: E' possibile Achille, con la polvere e il piombo? O l'Iliade con la stampa e la macchina tipografica? I canti e le saghe e la musa non sono forse destinati a sparire col torchio e, insieme ad esse, non scompaiono forse le condizioni necessarie dell'epica. 

 

Ma la difficoltà non è nel comprendere che l'arte e l'epica greca siano connesse a determinate forme dello sviluppo sociale. La difficoltà è (nel comprendere) come pos­sano conservare per noi gusto d'arte e, in un certo senso, valere come norma e inar­rivabile modello. 

 

Un uomo non può ritornare fanciullo se non rimbambendo. Ma ciò non toglie che l'ingenuità del fanciullo lo rallegri e ch'egli sia portato necessariamente a riprodurre la sua verità su un gradino più alto, giacché nella natura del fanciullo il suo carattere personale vive e continua a vivere nella sua verità naturale. Perché dunque l’infanzia sociale dell'umanità, nei momenti in cui è fiorita più splendida, non dovrebbe eserci­tare un fascino eterno, come qualcosa che non tornerà mai più? Ci sono fanciulli incolti e fanciulli saggi come vecchi. A que­ste due categorie appartengono molti popoli antichi. I greci erano fanciulli normali. Il fascino della loro arte su di noi non è in contrasto con lo stadio non evoluto del loro sviluppo sociale, ne è anzi l'effetto, di­pende cioè strettamente dal fatto che i rap­porti sociali immaturi, nei quali nacque e soltanto poteva nascere, non si riprodurran­no mai più... 

 

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