DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Quando scriviamo che il cosiddetto “movimento”, nelle sue espressioni di resistenza civile, politica e sindacale (e con il suo arcipelago di reti, gruppi politici e sigle sindacali di base), nutre di illusioni piccolo-borghesi la classe operaia, cercando di convincerla che “un nuovo mondo è possibile”, proviamo un senso di imbarazzo per la ricchezza di prove contro questo “nuovo” opportunismo che continua ad appestare l’aria. E’ una fittissima tela  di ragno quella che (per attirare le masse proletarie) si struttura spontaneamente in forma concentrica, quasi indipendente dal potere centrale, mentre ha sostegni radiali direttamente convergenti verso di esso. In poche settimane, abbiamo assistito a una falsa rottura sindacale (un campanello d’allarme alla corporazione sindacale perché si dimostri più democratica in questi tempi di crisi), a un falso referendum (che avalla la tempra “bulgara” dei sindacati confederali), a una manifestazione di “appoggio critico” al Governo da parte di Manifesto, Liberazione e Carta e altre forze, e infine, il 9/11 u.s., a una manifestazione unitaria dei sindacati di base il cui invito a dare un “segnale forte” sa tanto di petizione collettiva nei confronti di un governo che non ha dimostrato di essere “amico”, che ha “tradito” le aspettative e la fiducia dei lavoratori a proposito della legge Biagi, delle pensioni, del finanziamento delle spedizioni militari, delle spese sociali. Ognuno di questi avvenimenti ha visto la partecipazione, dicono, di milioni di lavoratori. Vediamo di coglierne il significato e la dinamica. 

Le organizzazioni sindacali di base

Parliamo dunque dello sciopero “generale e generalizzato” del 9/11. Non c’è volantino di “opposizione” che non esprima il massimo dello sdegno per i provvedimenti della Finanziaria che colpiscono gli operai, il precariato e le masse povere del paese (il concetto marxista di “classe operaia” vi figura solo raramente): contro il pacchetto Treu, contro la legge Biagi, contro la precarietà, contro i bassi salari, contro gli straordinari, contro l’attacco alla pensioni, contro i licenziamenti e la repressione nei luoghi di lavoro... “Una vera passione di ‘farsi stampare’ si impadronì – scriveva Lenin nel 1903 – degli operai più arretrati, nobile passione per questa forma embrionale di guerra contro tutto l’attuale regime sociale, costruito sulla spoliazione e sull’oppressione”. Nobile passione, che Lenin non esita a chiamare tuttavia “economicismo”: la via spontanea operaia verso il riformismo. Ma ora non siamo certo in epoca pre-capitalista, non siamo certo davanti a una massa operaia giovane e combattiva, che presto sarà alla testa della rivoluzione del 1905 in Russia, non siamo davanti a un proletariato, addensato massicciamente nelle galere industriali dalla stessa borghesia! Siamo invece davanti a un’conomia imperialista, che riesce ancora a spartire non solo briciole, ma una massa enorme di extraprofitti a un’aristocrazia operaia sindacale e politica reazionaria. Siamo davanti a una massa enorme e diffusa di salariati in tutti i settori, e abbiamo dietro di noi una controrivoluzione spaventosa, generata dalla confluenza delle tre componenti ideologiche borghesi (fascismo, liberalismo, stalinismo). Eppure, questo scenario non fa parte della nobile passione cartacea dell’“opposizione sindacale e politica”: l’economicismo che professa non arriva neppure a sollevarsi da terra, il riformismo che esprime è quello che aspira a un ritorno a un fantomatico benessere di cui mai la classe operaia ha goduto: la distribuzione più equa degli extraprofitti, la consegna di un reddito di sopravvivenza alle fasce operaie più deboli per sostenere il mercato. Il “movimento sindacale di base” pensa di potersela cavare nascondendo la realtà in cui vive il proletariato, pensa di poter fare a meno della storia delle lotte di classe nascondendosi dentro una nicchia professionale, quella di alcune categorie del pubblico impiego. Non può e non vuole essere un’organizzazione sindacale indipendente di lotta e di difesa delle condizioni di vita e di lavoro: vuole essere altro ed è altro, cioè una forma partitica embrionale in via di raggiungere il quorum necessario per presentarsi a una delle tante elezioni che si presenteranno, il suo essere “contro i padroni e contro il governo” non può che configurarlo o come un fedelissimo cane a cui è affidato il compito di annusare l’arrivo dell’“altro governo”, quello di destra, e allora di riempire le strade per gridare “no pasaran”, oppure come quello che sogna e propaganda un “vero governo più amico dei lavoratori”. Lo Slai Cobas si propone di costruire, dopo lo sciopero, una rete nazionale di comitati di lavoratori per dare vita a “un’opposizione sociale e politica” al governo Prodi: appunto, un altro partito per le prossime elezioni. I Cobas sono invece per la redistribuzione del reddito, per la difesa ed il rilancio del sistema previdenziale pubblico e dello stato sociale (scuola, sanità, casa, trasporti), per l’aggancio delle pensioni alle dinamiche retributive e inflattive, per salari europei, per rinnovi contrattuali veri, lavoro stabile e tutelato e diritto al reddito, e per il taglio drastico delle spese militari. Che programma è, se non quello di un partito riformista borghese? E’ chieder troppo a un’organizzazione che si professa sindacale che dichiari quali sono i mezzi di lotta che permetterebbero di conquistare quelle riforme? Non gli rimane che stare nella nicchia e nel frattempo punzecchiare il prossimo governo amico o piangersi addosso per aver permesso con una politica sindacale “radicale” di aver... aiutato la destra.    

I gruppi politici

Tra i gruppi politici che hanno fatto della manifestazione sindacale una personale passerella non vi raccomandiamo “Contropiano, per la rete dei comunisti”, che, dopo aver elencato una serie di attacchi che la Finanziaria sta portando alle masse operaie, dichiara qual è il suo obiettivo politico: “una soggettività politica alternativa e antagonista (o addirittura comunista) che abbia il coraggio e la credibilità di indicare che ‘il re è nudo’ ogni qual volta sarà necessario e dimostrare che un’altra ipotesi è praticabile rispetto a quella socialdemocratica. [...] C’è bisogno di una rottura culturale – come furono in parte quelle del ‘68 e del ‘77”. Vi risparmiamo il commento dei “Carc (Comitati  di appoggio alla resistenza per il Comunismo), perché basta il loro slogan da baraccone: “né PD, né cosa rossa, blocco popolare alla riscossa”. Del Partito Comunista dei lavoratori, uscito di recente da Rifondazione, si può dire tutto il male possibile, visto che il suo riformismo parlamentare si aggira fra i movimenti cercando di convincere che quello che gli altri gruppi cercano di realizzare essi lo hanno già: un partito già bello e pronto, presente in... molte giunte comunali. “Sinistra Critica” Sinistra alternativa ( anticapitalista, femminista ed ecologista) va diretta al suo obiettivo riformistico, sa dove trovare le risorse: “le risorse per il welfare, le pensioni e il reddito devono essere recuperate sottraendole alle spese militari e di guerra”, e il gioco è fatto! La Federazione anarchica milanese (milanese, si badi bene!) si distingue per le tradizionali posizioni: contro l’attacco portato avanti dal “complesso industriale-politico e mediatico al potere in Italia”, “occorre reagire con forza e determinazione, rifiutando innanzitutto la tutela dei partiti, il cui unico fine è imbrigliare e recuperare le lotte sociali al fine di snaturarle per i propri fini elettorali. Solo con l’autorganizzazione dal basso e con l’azione diretta dei lavoratori può essere recuperata quella autonomia nelle lotte che da anni i Sindacati Concertativi hanno volutamente soffocato”. E’ inutile aggiornarli sul fatto che l’auto-organizzazione dal basso e l’azione diretta dai lavoratori non portano direttamente alla distruzione della macchina statale borghese, che anzi lo spontaneismo porta direttamente tra le braccia di qualche altro gruppo politico riformista. Gli anarchici sono tanto lontani dalla realtà di classe da non accorgersi che dentro il “cosiddetto movimento” c’è tutto un fiorire di piccoli partiti e clientele e un riformismo senza speranza. Invece, si bendano gli occhi, facendo appello a unformismo che non ha più nulla da offrire perché sta esaurendo anche le briciole del festino apparecchiato nel secondo dopoguerra. “Battaglia comunista”, organo del Partito Comunista Internazionalista se ne esce con un volantino a carattere sindacale in cui l’attivismo trasuda da tutti i pori: la lotta contro il lavoro precario diventa “rifiuto della precarietà”(e come si fa?), la lotta contro gli omicidi sul lavoro diventa “rispetto tassativo delle norme di sicurezza”(da parte del padrone?), le lotte grandi e piccole devono essere apertamente anticapitaliste (?), gli scioperi devono essere totali e selvaggi (?) e per finire “noi lavoratori internazionalisti vogliamo muoverci per tornare a mordere”. Can che abbaia..., dice il proverbio. “Il Partito Comunista”, organo del Partito Comunista Internazionale dà una patente di legittimità allo “sforzo unitario delle diverse organizzazioni di difesa economica dei lavoratori per superare le divisioni del fronte di classe”: a parte l’illusione che la spaccatura storica interna alla classe si saldi con qualche “copia-incolla” dei sindacati di base o che la ricostruzione del Sindacato di classe si possa ottenere per via sommatoria, troviamo qui le classiche indicazioni del marxismo sul sindacalismo di classe.

Da parte nostra, come abbiamo sempre sostenuto, riconosciamo la necessità che sorgano forti organizzazioni economiche di lotta e di difesa delle condizioni di vita e di lavoro della classe, dal cui seno possa rinascere anche il Sindacato di classe: ma ciò può solo avvenire, dialetticamente, in concomitanza e come conseguenza dello sviluppo su scala internazionale del Partito Comunista rivoluzionario.

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°06 - 2007)

 

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