DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Com’è noto, la società italiana (e più in generale, europea) e la stabilità della sua struttura sono minacciate da un esercito di Rom e lavavetri. Non è ancora chiaro se quest’esercito sia finanziato da qualche oscura organizzazione segreta, se faccia parte di un grande complotto internazionale finalizzato alla destabilizzazione dell’area, se disponga di micidiali armi di distruzione di massa, o che altro: per saperlo, bisognerà forse attendere che venga pubblicata (o messa in rete) una nuova versione, aggiornata agli ultimi eventi, del Protocollo dei savi di Sion. Intanto, però, saggiamente, i responsabili dell’ordine pubblico, sindaci per primi, si sono dati da fare: hanno tirato fuori dal baule in solaio i vecchi fumetti di Tex Willer, hanno spolverato e lucidato la stella di latta rimasta in fondo allo scatolone dei giocattoli d’un tempo e, memori alcuni di loro d’un passato anche recente di mazzieri sindacali, sono scesi in strada, a confrontare e combattere il crimine, nella certezza di comparire, prima o poi, in una nuova serie televisiva: “Sindaci in prima linea”. Forza, ragazzi!

A noi, soliti maligni, vengono in mente alcune pagine di un oscuro commentatore politico dell’800 e vogliamo riproporle paro paro, senza commenti:

“Un filosofo produce idee, un poeta poesie, un pastore prediche, un professore manuali ecc. ecc. Un delinquente produce delitti. Se si esamina più da vicino la connessione che esiste tra quest’ultima branca di produzione e l’insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi. Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò produce anche il professore che tiene lezioni sul diritto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale, in cui questo stesso professore getta i suoi discorsi in quanto ‘merce’ sul mercato generale. Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale, senza contare il piacere personale, come [afferma] un testimonio competente, il professor Roscher, che la composizione del manuale procura al suo stesso autore.

“Il delinquente inoltre produce tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc.; e tutte queste differenti branche di attività, che formano altrettante categorie della divisione sociale del lavoro, sviluppano differenti facoltà dello spirito umano, creano nuovi bisogni e novi modi di soddisfarli. La sola tortura ha dato occasione alle più ingegnose invenzioni meccaniche, e ha impiegato nella produzione dei suoi strumenti una massa di onesti artefici.

“Il delinquente produce un’impressione, sia morale sia tragica, a seconda dei casi, e rende così un ‘servizio’ al moto dei sentimenti morali ed estetici del pubblico. Egli non produce soltanto manuali di diritto criminale, non produce soltanto codici penali e con ciò legislatori penali, ma anche arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedie, come dimostrano non solo La colpa del Müller e I masnadieri dello Schiller, ma anche l’Edipo di Sofocle e il Riccardo III dello Shakespeare. Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva così quella vita dalla stagnazione, e suscita quella inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe. Egli sprona così le forze produttive. Mentre il delitto sottrae una parte della popolazione in soprannumero al mercato del lavoro, diminuendo in questo modo la concorrenza tra gli operai e impedendo in una certa misura la diminuzione del salario al di sotto del minimo indispensabile, la lotta contro il delitto assorbe un’altra parte della stessa popolazione. Il delinquente appare così come uno di quei naturali ‘elementi di compensazione’ che ristabiliscono un giusto livello e che aprono tutta una prospettiva di ‘utili’ generi di occupazione.

“Le influenze del delinquente sullo sviluppo della forza poduttiva  possono essere indicate fin nei dettagli. Le serrature sarebbero mai giunte alla loro perfezione attuale se non vi fossero stati i ladri? La fabbricazione delle banconote sarebbe mai giunta alla perfezione odierna se non vi fossero stati i falsari? Il microscopio avrebbe mai trovato impiego nelle comuni sfere commerciali (vedi il Babbage) senza la frode nel commercio? La chimica pratica non deve forse altrettanto alla falsificazione delle merci e allo sforzo di scoprirla quanto all’onesta sollecitudine per il progresso della produzione? Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l’assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi mezzi di difesa, e così esercita un’influenza altrettanto produttiva quanto quella degli strikes [scioperi] sull’invenzione delle macchine. E abbandoniamo la sfera del delitto privato: senza delitti nazionali sarebbe mai sorto il mercato mondiale? O anche solo le nazioni? E dal tempo di Adamo l’albero del peccato non è forse in pari tempo l’albero della conoscenza? Il Mandeville, nella sua Fable of the bees (1705) aveva già mostrato la produttività di tutte le possibili occupazioni ecc., e soprattutto la tendenza di tutta questa argomentazione:

“ ‘Ciò che in questo mondo chiamiamo il male, tanto quello morale quanto quello naturale, è il grande principio che fa di noi degli esseri sociali, è la solida base, la vita e il sostegno di tutti i mestieri e di tutte le occupazioni senza eccezione […]; è in esso che dobbiamo cercare la vera origine di tutte le arti e di tutte le scienze, e […] nel momento in cui il male venisse a mancare, la società sarebbe necessariamente devastata se non interamente dissolta’” (Mandeville, The fable of the bess, V Ed., London 1728, p. 428).

“Senonché il Mandeville era, naturalmente, infinitamente più audace e più onesto degli apologeti filistei della società borghese” [1].

 

Ricapitolando, in modo molto piattamente sintetico: nelle società divise in classi, la delinquenza è inevitabile; sono i borghesi che, con la squallida ipocrisia che è loro propria, lamentano ciò che il loro stesso modo di produzione crea – e da cui traggono comunque i loro bravi profitti.



[1] Karl Marx, “Digressioni (sul lavoro produttivo)”, in K. Marx, Teorie del plusvalore, Vol.I, Editori Riuniti, pp. 416-418.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°05 - 2007)

 

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