DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il rovesciamento di Somoza ad opera del popolo nicaraguegno in armi destò quattro anni fa grande e giustificata soddisfazione in tutti coloro che hanno a cuore gli interessi delle masse sfruttate nel mondo, anzitutto perché si era mostrato ancora una volta che questi macellai del popolo non sono invincibili, neanche quando hanno alle spalle l’appoggio di un imperialismo come quello americano. Oggi che bande di somozisti (nostalgici o canaglie altrimenti riciclate) operano dal confinante Honduras per conto e con tutto il sostegno dell'imperialismo Usa per restaurare un regime al diretto servizio di Washington, o comunque per agitare con vari fini questa minaccia terroristica, è inevitabile prendere la più ferma posizione contro questo ennesimo misfatto dell'imperialismo americano ed invitare i lavoratori a fare altrettanto in tutti i paesi, ed il più concretamente e visibilmente possibile.

Non ce lo impedisce il riconoscimento del carattere non socialista e non rivoluzionario del governo sandinista, come a suo tempo non ci ha impedito di manifestare solidarietà con la lotta del popolo lavoratore del Nicaragua il fatto che la sua guida fosse tenuta da un movimento politico di cui contemporaneamente abbiamo mostrato su questo giornale il carattere nazional-borghese, i limiti e le ipocrisie politiche, e sopra ogni cosa il fatto che esso non rappresentasse l'interesse degli sfruttati alla completa emancipazione, ma utilizzasse l'odio popolare contro Somoza per i suoi fini politici.

E' evidente che le condizioni storiche e politiche in cui la lotta contro Somoza si è sviluppata hanno impedito che, dall'abbattimento del boia e relativo scacco per l’imperialismo Usa, si sviluppasse una ulteriore e continua lotta per l'instaurazione del potere dei proletari e dei lavoratori sfruttati del Nicaragua. La conquista dell'obiettivo parziale (ma che in quel momento rappresentava giustamente agli occhi delle masse «tutto») non ha potuto servire ad uno sviluppo rivoluzionario, ma è stata utilizzata dal governo sandinista, che ancor oggi trae motivo di rafforzamento nella popolazione dalle incursioni americano-somoziste.

E questo è possibile proprio perché l'imperialismo Usa è effettivamente il nemico numero uno delle masse nicaraguegne, il sostenitore dei regimi più oppressivi del Centro-America, il capitalista più direttamente coinvolto nell'area. La sua denuncia non può quindi essere che incondizionata, e nei paesi occidentali costituisce il primo ed essenziale dovere di solidarietà. D'altra parte, lo stesso superamento dell'incanalamento della spinta delle masse operato dal sandinismo a suo proprio vantaggio (superamento che non appare probabile nel prossimo futuro) non avverrà mai mettendo da parte la lotta contro gli Usa e i loro mercenari, per rivolgersi al solo fronte interno, ma passerà sempre per questa lotta, per il modo e la coerenza con cui verrà condotta; appunto perché l'imperialismo Usa ha un ruolo preminente e diretto nella politica interna dei paesi centroamericani. Il modo in cui viene combattuta la battaglia contro di esso qualifica le forze politiche di quei paesi anche dal punto di vista sociale.

Dal punto di vista dell'area centroamericana, tradizionalmente feudo americano, il regime sandinista e la sua ricerca di altri appoggi internazionali ha costituito la rottura di un equilibrio, tanto più pericolosa (oggettivamente, e a prescindere dal fatto che i sandinisti si siano tenuti nell'ambito nazionale) in presenza della continua agitazione popolare in Salvador e Guatemala.

L'attuale azione degli Usa, ad alcuni anni dal mutamento di regime, appare rivolta da un lato a far sentire più pesante e diretta la loro presenza nell'area turbolenta, e in questo senso è rivolta contro i salvadoregni e i guatemaltechi non meno che contro i nicaraguegni; dall'altro ha uno scopo più ampio a livello internazionale, che è di ribadire una certa sistemazione delle aree di influenza e il ruolo di gendarme che l'America si è assegnato, come ruolo attivo e praticabile ancor oggi: in questo senso, è una mossa che contrasta, o se si vuole controbilancia, le forzate concessioni diplomatiche alle esigenze di autonomia dei partners occidentali. I quali non a caso hanno strillato fortemente contro l'aggressione al Nicaragua.

Con questi obiettivi, l'operazione americana non ha necessariamente bisogno di evolversi in una guerra ad ampio respiro. Ma proprio per questo essa va a maggior ragione denunciata come ennesimo misfatto imperialistico, di cui le masse sfruttate sopportano ancora una volta, direttamente e indirettamente, il peso.

(Il Programma Comunista N. 4/1983)

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