DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Prometeo, n. 3, 15 luglio 1928

Sotto le forche caudine del "nessun compromesso", della rinuncia alla "ideologia trotskista" (sic), della condanna "degli errori commessi", Zinoviev e Kamenev e altri ex membri dell’opposizione russa sono stati riammessi nel partito.

Nel contempo, in un appello del C.C. del Partito Comunista Russo si legge testualmente: «La classe operaia si urta, nel suo cammino, nei membri degenerati dell’apparato, nelle sue parti arrugginite ed in decomposizione. Nelle sue proprie organizzazioni, nei sindacati, nel partito, essa si urta talvolta a dell’imputridimento, a delle degenerazioni burocratiche, a della negligenza, a dell’ubriachezza, e ad una mancanza dell’attenzione voluta per i bisogni delle masse, a una pretesa arrogante, e ad un contegno strisciante verso di dirigenti, a dell’ignoranza, della pigrizia, a del conservatorismo e della "routine". Con un apparato che, malgrado i suoi meriti, soffre di tali malattie, una lotta vittoriosa contro la resistenza del nemico interiore e contro la malattia segreta del sabotaggio, contro le imperfezioni della nostra classe stessa, contro il ritmo pernicioso del nostro lavoro, in molte parti della nostra economia e del fronte collaterale, deve essere condotta con grande rapidità».

Come si vede, affermazioni gravissime, più gravi di quelle che solo sei mesi fa, furono fatte da coloro che le hanno pagate con l’espulsione dal partito, la deportazione, l’accusa di controrivoluzionari, di alleati di Chamberlain e di Mussolini.

Nel contempo, i prigionieri di Boutyrki sono sottoposti ad un trattamento peggiore di quello fatto ai nepman, Victor Serge viene imprigionato e poi rilasciato, i compagni di sinistra che non capitolano sono abbandonati ad una situazione orribile; e per colpirli si calpesta anche la garanzia del Tribunale rivoluzionario ove essi non sono ammessi ma ove passano tutti gli altri prima di venire condannati, anche i banditi controrivoluzionari. E fuori di Russia, nei partiti comunisti, si tacciono questi fatti, si cerca di parare all’indignazione proletaria assicurando che Trotski sta bene e non gli manca nulla. Già, come se un gruppo di vecchi bolscevichi, che hanno combattuto per tutta la loro vita, che sono passati per il crogiolo di tre rivoluzioni, che hanno capeggiato le armate rosse nella guerra contro l’imperialismo, come se questo gruppo potesse essere trattato quale una mandria di bestie che si trattano bene, come se invece non dovesse entrare in primissima linea la pena loro imposta del sequestro dalla lotta, il colpo di spada trafitto nella loro coscienza di capi rivoluzionari imprigionati dallo stesso governo della cui vittoriosa instaurazione essi sono stati partecipi grandiosi.

Nel contempo viene sciolto il C. C. del Soccorso del Belgio perché aveva chiesto la liberazione dei compagni carcerati.

Nel contempo l’Humanité pubblica un progetto di programma ove accanto a Marx, Engels, Lenin sono molte discutibilissime figure di secondo ordine, ma mancano le altre, quelle che accanto a questi maestri circolavano nel mondo intero negli anni della lotta rivoluzionaria. Ed in questi giorni si commemora l’anniversario e la morte di Plechanov in Russia, spezzando la sua vita in due parti, la prima di teorico del marxismo che si onora, la seconda di traditore che si combatte. Giustamente come si è fatto e si fa per Kautsky, per Serrati, per Lazzari e non pochi altri. Mentre questo non si fa per Trotski e gli altri le cui fotografie sono bandite in Russia, i cui nomi non si leggono più nella stampa comunista. Perché? Ma perché non è possibile provare che essi hanno tradito, perché anzi occorre oggi appropriarsi parzialmente del programma per cui furono indicati al disprezzo del proletariato mondiale.

Nel contempo al processo di Donetz viene provato che l’apparato del partito era talmente inadatto al suo compito, talmente "putrido" (per adoperare la parola attuale del C.C. del Partito Comunista Russo) che, per anni, i controrivoluzionari hanno potuto sabotare il governo soviettista, corrompendo funzionari e operai, passando loro un salario particolare fornito dagli antichi proprietari delle miniere.

Nel contempo tra i proletari comunisti la manovra dell’aggiramento ha pieno sviluppo e si mettono in azione tutti i mezzi per aprire le valvole del sentimento e per far cadere i proletari comunisti di sinistra nel tranello ordito con i motivi sentimentali ma il cui laccio è quello che vincola ad un indirizzo politico che ha portato il proletariato di disfatta in disfatta.

Che cosa avviene? Questa è la domanda che si deve porre ogni membro del partito. È possibile che il C.C. russo possa ripetere come un dovere comunista quello che ieri era considerato come un delitto controrivoluzionario? È possibile che ancora oggi si mettano in prigione quei compagni che sostengono quelle verità? Che cosa avviene, o meglio che cosa è avvenuto? Che la triste politica, consistente nel riversare colpi di insulti e di repressione poliziesca contro i compagni di sinistra, per ogni colpo che la borghesia assestava al proletariato russo, ed internazionale, che questa politica nefasta ha determinato delle profonde reazioni nel seno dei partiti, nel seno soprattutto dell’avanguardia più cosciente del proletariato rivoluzionario.

Che i risultati di una politica nefasta sono divenuti manifesti ed allora il B.P. del Partito russo deve denunciarli per mantenersi in sella e per parare all’indignazione proletaria che potrebbe reclamare il ritorno al comando del partito dei bolscevichi deportati.

E che cosa fa il C.C. del Partito russo, il C.E. dell’Internazionale? Esita, barcolla fra una linea politica che sei mesi or sono veniva proclamata come la sola, la giusta, la leninista ed una opposta linea politica che oggi si dice di accettare e che sei mesi or sono era proclamata la falsa, l’antileninista, la controrivoluzionaria.

Ebbene, no; mille volte nei confronti dei partiti socialdemocratici, i comunisti hanno denunciato questi micidiali zig-zag. La millesima volta i comunisti di sinistra denunciano questa politica. Essi vedono in essa non la via che conduce alla soluzione favorevole della crisi del movimento comunista, ma solo la via che conduce allo sfacelo. Essi sono estremamente consapevoli della situazione in cui vive il proletariato russo, in cui combattono le sue pattuglie di sinistra, di avanguardia. Ieri, per isolarle e disperderle si è montato lo scandalo del trotskismo, oggi nello stesso fine, o per lo meno con lo stesso risultato della loro dispersione, si lancia all’improvviso un manifesto che resta quasi sconosciuto alla massa dei compagni. È utile tutto questo per la nostra causa? No, esso potrà ottenere come meschina conseguenza lo spostamento di qualche compagno, ma il suo risultato vero è la confusione nelle nostre file, la confusione che giova al nemico, alla borghesia per la sua offensiva.

Zinoviev e Kamenev, questo triste binomio nel 1917 era alle porte del tradimento e fu trattenuto dalla travolgente avanzata proletaria e da Lenin. Oggi, dopo aver scritto che nel 1923 in mala fede sostennero l’esistenza di un trotskismo per deviare le masse, hanno nuovamente cambiato casacca. Altri li seguono, alcuni anche in buona fede. Ma questo cammino è quello della perdizione.

Si è voluto piantare nel seno della lotta interna del partito, ove i conflitti potevano e dovevano trovare la loro soluzione, la barriera che separa l’uno dall’altro gruppo con le manette e la repressione poliziesca.

Le rivoluzioni, soprattutto la russa, sono avvenimenti che non marciano secondo la linea dei compromessi, delle composizioni, ma secondo l’opposta linea che precipita i conflitti di classe.

La frazione di sinistra è insorta contro questi sistemi, ed oggi alla vigilia del VI congresso, saluta i deportati, le figure che, cancellate dai giornali comunisti, sono quelle che vivono nel fondo del cuore del proletariato oppresso. Trotski, Bordiga e gli altri bolscevichi russi sono con Marx, Engels, Lenin, figure che capeggeranno i secoli, di fronte alle quali impallidiscono quelle di Cromwell, di Marat, di Robespierre, di Blanqui. Di fronte ad esse le altre, quelle dei capitolardi che mancano alla parola che avevano dato ai proletari di sinistra, rotolano tra il nostro disprezzo.

La tragedia dell’Internazionale è gravissima. Onta a coloro che ne occultano la reale sostanza con mille manovre. Noi abbiamo dato la nostra ferma parola: «Bandire la linea politica che ha portato il disastro, mettere al comando la opposta per cui invece si è condannati all’espulsione dal partito, alla deportazione, alla galera».

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