DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Non sorprende che i governanti imperialisti vestano ogni loro guerra con obiettivi politici più o meno nobili (si difende la “libertà”, la “denazificazione”, si impedisce un presunto genocidio). Come marxisti, tuttavia, sappiamo che, a prescindere dai postulati ideologici e dalle preferenze politiche, si tratta di necessità intrinseche al sistema capitalistico entrato in crisi. L'attuale guerra non è una crociata a favore o contro la democrazia, ma un'espressione della competizione inter-imperialista. E questo si esprime anche in modo relativamente esplicito in tutti i discorsi sui diritti umani: ad esempio, quando la Ministra degli Esteri tedesca Baerbock parla di una "politica estera guidata dai valori" che dovrebbe "difendere i valori e gli interessi economici allo stesso tempo" e, in vista dell'attuale guerra, strombazza apertamente in televisione: "La Russia potrebbe non rimettersi in piedi economicamente per anni".

La visione idealistica e opportunistica della guerra, che non solo si basa sulla propaganda borghese, ma vuole anche sondare presunti spazi di manovra tattici per il progresso sociale nella carneficina della guerra, non riconosce l'essenza della guerra imperialista. Non importa quale parte vinca la guerra, le necessità politico-economiche del dominio capitalista prevalgono universalmente. Quanto più forte si fa la crisi del sistema capitalistico e quanto più estese diventano le strategie bellicose per risolverla, tanto più aumentano l'uniformità e la repressione in tutti i Paesi. Nel migliore dei casi, è solo un'illusione imbarazzante voler fermare questo sviluppo autoritario nel quadro della politica borghese, mentre in realtà si diventa parte di questa formazione, come dimostrano oggi, fin troppo chiaramente, molti ex "oppositori di sinistra alla guerra".

Non può esistere una posizione tattica della classe proletaria contro la guerra imperialista. L'internazionalismo proletario coerente e il disfattismo rivoluzionario sono l'unico compito possibile. Ricordiamo Lenin: “Questo compito è espresso in modo giusto soltanto dalla parola d´ordine di trasformare la guerra imperialista in guerra civile; ed ogni lotta di classe conseguente in tempo di guerra, ogni tattica di 'azione di massa' seriamente applicata, conduce inevitabilmente a questo” (Il socialismo e la guerra)

Gli opportunisti e la “sinistra di guerra”

La confusione a cui conduce una deviazione da questa chiara posizione è attualmente dimostrata, tra l'altro, da una dichiarazione della cosiddetta Sinistra anticapitalista nel Partito Die Linke, a favore di un "disfattismo antimilitarista" (documentata in Junge Welt del 9/6/2022). Sostenendo di non essere coinvolti nella logica della politica di guerra, questi real-politici di ispirazione trotskista lo sono invece, quando riconoscono il "diritto all'autodifesa" allo Stato dichiaratamente borghese dell'Ucraina, ma vogliono far dipendere la "natura e l'entità del sostegno all'Ucraina" dalle "possibilità di successo previste". Per interrompere la spirale di violenza (che non individuano nel sistema), invece di fornire armi, chiedono che la guerra "si concluda rapidamente al tavolo dei negoziati". Non sono dunque contro tutti i capitalisti e non stanno preparando la rivoluzione mondiale, ma stanno mettendo la classe operaia al servizio della diplomazia borghese che completa la guerra. Ancora più spaventosa è stata una "riunione di solidarietà di sinistra" tenutasi a maggio a Lviv/Leopoli, alla quale era stata invitata l'organizzazione locale "Sotsialny Rukh". La base di questo "incontro di solidarietà di sinistra" era la presunta necessità della difesa militare dell'Ucraina. La solidarietà di classe internazionale, che comprende anche la classe proletaria russa, non era ovviamente nel senso di questi presunti anti-autoritari e anarchici, il cui rappresentante ha dichiarato: "Con una sconfitta militare dell'Ucraina, tutte le altre forme di attivismo non avrebbero più senso, una vita politica come prima non sarebbe più possibile" (vedi analyse und kritik, n. 682, 17/5/2022, p.14). Il nazionalismo ripugnante di questi "anarchici anti-autoritari" diventa ancora più chiaro quando si prospetta, in modo illuminante, agli “attivisti itineranti di sinistra” un'identità nazionale senza classi: "Se siete davvero di sinistra, allora ascoltate la gente sul campo e cercate di capire che gli ucraini hanno una loro soggettività" (ibidem).

Il fatto che gli anarchici, che si trovano in Ucraina con le proprie unità di difesa del territorio in prima linea con le unità Azov apertamente fasciste, siano ovviamente particolarmente suscettibili alla frenesia bellica nazionalista è certamente dovuto a questo atteggiamento soggettivista e individualista. Liberi da una posizione di classe proletaria, privi di qualsiasi analisi materialista e senza la bussola di una strategia e di una tattica affilate nella lotta di classe storica, questi anarchici si ritrovano al fianco dell'altrimenti tanto odiato Stato nell'ora della guerra, e lì non esitano nemmeno a denunciare gli attivisti contro la guerra. Contro questo sostegno alla guerra vogliamo ancora citare Lenin, che nel 1914 dichiarò chiaramente: "Gli interessi della classe operaia e la sua lotta contro il capitalismo esigono la piena solidarietà e l´unità più stretta degli operai di tutte le nazioni, esigono che si opponga resistenza alla politica nazionalistica della borghesia di qualsiasi nazionalità. [...] L´operaio salariato, cosciente degli interessi della propria classe, è indifferente sia ai privilegi statali dei capitalisti grandi-russi sia alle promesse dei capitalisti polacchi o ucraini di instaurare il paradiso in terra, quando avranno conquistato i privilegi statali" (“Sul diritto di autodecisione delle nazioni”, Opere, Vol. 20, p.404)

Per un'azione di classe proletaria

Anche se oggi possiamo solo sognare un'azione proletaria di massa e la classe operaia accetta in larga misura la politica di guerra dominante – anche se non con l'entusiasmo per la guerra evocato dai media borghesi e voluto dal governo – , l'antagonismo di classe diventa evidente proprio nella politica della crisi e della guerra. Non si tratta solo delle vertiginose spese militari che riempiono le casse delle aziende produttrici di armi e che, in ultima analisi, devono essere pagate dalla classe operaia attraverso le tasse e i tagli sociali, ma soprattutto del forte aumento dei prezzi e della diminuzione dei salari che deprimono le condizioni di vita dei salariati. Un tasso di inflazione di circa l'8% in Germania (addirittura l'11% per i prodotti alimentari e il 38% per i prezzi dell'energia) non lascia spazio per "stringere la cinghia" al fine di "fermare Putin", come propagandato dai partiti verdi, gialli e neri/conservatori, espressione dei più abbienti. La lotta coerente contro il deterioramento delle condizioni di vita, senza tener conto degli interessi economici e politici della borghesia, è il terreno su cui può emergere una vera forza contro la guerra. Non è con la propaganda di guerra borghese o con i consigli diplomatici a favore di una "politica di pace", ma solo con la preparazione di un'azione di classe proletaria, che si può contrastare la politica di guerra imperialista.

Tuttavia, un ostacolo che si frappone al necessario sviluppo dell'azione di classe è rappresentato dai sindacati della DGB (la potente centrale sindacale tedesca). In quanto prodotto del compromesso di classe corporativo e strumento di controllo statale sulla classe operaia, il DGB è consapevole della sua responsabilità per lo "Standort Deutschland" e la "pace sociale" anche di fronte alla guerra. Ad esempio, il congresso nazionale della DGB di maggio ha espresso il proprio sostegno alla politica degli armamenti del governo federale, ovvero "ai suoi sforzi per dare un contributo sostanziale alla capacità di difesa nel quadro della NATO e dell'UE". Allo stesso tempo, i sindacati della DGB sono estremamente riluttanti ad agire nella loro politica di contrattazione collettiva contro il furto di salario causato dall'inflazione. "L'attuale esplosione dei prezzi con tassi di aumento del 7,3% non può più essere assorbita dalla politica di contrattazione collettiva", ha dichiarato ad esempio l'IG Metall (il principale sindacato metalmeccanico)in aprile. E i “sindacalisti di professione” del Ver.Di (seconda confederazione sindacale) considerano seriamente l'attuazione di un aumento salariale del 4% nelle prossime tornate di contrattazione collettiva come un buon risultato e quindi sostengono apertamente il furto salariale.

Sono gli ostacoli della propaganda nazionalista e militarista onnicomprensiva, del controllo sindacale e, non da ultimo, della repressione statale a rendere così difficile lo sviluppo della lotta di classe proletaria. Per superare questi ostacoli è necessaria la chiarezza della teoria marxista non solo sulla questione della guerra e, naturalmente, sul partito di classe del proletariato.

Giugno 2022

(volantino distribuito in varie occasioni dai nostri compagni di lingua tedesca e di prossima pubblicazione in Kommunistisches Programm n. 9)

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