DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Riunione Generale di Partito. S’è tenuto il 19/12/2021 l’ultimo dei tre incontri su cui è stata “distribuita”, via internet per i ben noti motivi, la Riunione Generale 2021. Nella seduta del mattino, riservata ai soli militanti, il Rapporto Politico-Organizzativo s’è aperto con una breve premessa volta a dare un quadro sintetico della situazione internazionale con particolare riferimento ai “focolai di una possibile, futura guerra inter-imperialista [che] non fanno altro che accendersi, non solo nell’area medio-orientale ed estremo-orientale (come avviene ormai da tempo), ma, di recente, anche in quella fascia dell’Europa orientale che comprende Ucraina e Bielorussia e che sempre più si manifesta come faglia critica”. Con questo, ha proseguito il Rapporto, non vogliamo dedurre “l’imminenza di uno scoppio (né tanto meno fantastichiamo su ipotetici schieramenti, allo stato delle cose), ma certo sappiamo che la ‘quantità’ può, in date condizioni, tradursi in ‘qualità’ e trasformarsi nella miccia atta a innescare l’incendio”. S’è poi fatto riferimento al “Trattato per una cooperazione bilaterale rafforzata”, sottoscritto il 26/11 da Italia e Francia, che comprende aspetti industrial-militari e impegni nel campo delle misure repressive nei confronti degli antagonismi sociali”.

A quest’ultimo punto sono state dedicate alcune considerazioni relative al rafforzamento delle misure repressive e di controllo, introdotte anche con il pretesto della “lotta al Covid-19” da tutte le borghesie nazionali, che “sanno, per esperienza plurisecolare di dominio e certo non per chissà quale attitudine complottista, che più si accumulano le contraddizioni scoppiando come bolle più è facile che i sistemi pacifici di controllo e contenimento delle tensioni sociali debbano lasciare il posto a ulteriori misure di blindatura statale e a un costante e capillare intervento anti-proletario, anche in funzione preventiva”.

Proprio allacciandosi a questo argomento, il Rapporto è entrato in maniera più estesa nel tema “Militanza e funzionamento del nostro Partito oggi”, partendo dalla domanda, già contenuta nei nostri testi classici: “in quale situazione oggettiva versi [ancora] la società di oggi...la peggiore possibile...in modo che non si può antivedere quanto tempo possa trascorrere finché in questa situazione morta  e amorfa non avvenga di nuovo quella che altre volte definimmo ‘polarizzazione’ o ‘ionizzazione’ delle molecole sociali, che preceda l’esplosione del grande antagonismo di classe”, sempre ricordando che ““il partito è al tempo stesso un fattore ed un prodotto dello svolgimento storico delle situazioni, e non potrà mai essere considerato come un elemento estraneo ed astratto che possa dominare l’ambiente circostante, senza ricadere in un nuovo e più flebile utopismo” e “non può non risentire dei caratteri della situazione reale che lo circonda”. Un partito che “non solo non comprende nelle sue file tutti gli individui che compongono la classe proletaria, ma nemmeno la maggioranza, bensì quella minoranza che acquista la preparazione e maturità collettiva teorica e di azione corrispondente alla visione generale e finale del movimento storico, in tutto il mondo e in tutto il corso che va dal formarsi del proletariato alla sua vittoria rivoluzionaria”. Sempre riprendendo i nostri testi classici sull’argomento, s’è dunque ribadito che “la questione della coscienza individuale non è la base della formazione del partito: non solo ciascun proletario non può essere cosciente e tanto meno culturalmente padrone della dottrina di classe, ma nemmeno di ciascun militante preso a sé, e tale garanzia non è data nemmeno dai capi. Essa consiste solo nella organica unità del partito”. Questo compito – ha proseguito il Rapporto – non è “affidato né ad una persona, né ad un comitato e tantomeno ad un ufficio; esso è un momento e un settore di un lavoro unitario che si svolge da oltre un secolo e molto al di fuori dell’aprirsi e chiudersi di generazioni, e non si inscrive nel curriculum vitae di nessuno, nemmeno di quelli che abbiano avuto lunghissimi tempi di coerente elaborazione e maturazione dei risultati. Per la necessità stessa della sua azione organica, e per riuscire ad avere una funzione collettiva che superi e dimentichi ogni personalismo ed ogni individualismo, il partito deve distribuire i suoi membri fra le varie funzioni ed attività che formano la sua vita. L’avvicendarsi dei compagni in tali mansioni è un fatto naturale che non può essere guidato con regole analoghe a quelle delle carriere delle burocrazie borghesi”. Ne consegue che “l’organizzazione, come la disciplina, non è un punto di partenza ma un punto di arrivo; non ha bisogno di codificazioni statutarie e di regolamenti disciplinari; non conosce antitesi fra ‘base’ e ‘vertice’; esclude le rigide barriere di una divisione del lavoro ereditata dal regime capitalista non perché non abbia bisogno di ‘capi’, ed anche di ‘esperti’ in determinati settori, ma perché questi sono e devono essere, come e più del più ‘umile’ dei militanti, vincolati da un programma, da una dottrina e da una chiara e univoca definizione delle norme tattiche comuni a tutto il partito, note ad ognuno dei suoi membri, pubblicamente affermate e soprattutto tradotte in pratica di fronte alla classe nel suo insieme; e sono tanto necessari, quanto dispensabili non appena cessino di rispondere alla funzione alla quale per selezione naturale, e non per fittizie conte delle teste, il partito li ha delegati, o quando, peggio ancora, deviino dal cammino per tutti segnato”.

Una riunione redazionale (breve, poiché seguiva la più ampia riunione redazionale tenutasi a metà novembre, con le medesime modalità) e i rapporti dalle sezioni e dai compagni isolati hanno completato la seduta del mattino.

La seduta pomeridiana, aperta anche ai simpatizzanti stretti, ha visto la presenza incoraggiante di volti nuovi e giovani, ed è stata interamente dedicata allo sviluppo dell’approfondimento teorico iniziato con i due precedenti incontri, dedicati il primo al “Lavoro” (con testo di base il Primo Libro del Capitale, Prima e Terza Sezione) e iol secondo al “Lavoro necessario e lavoro alienato” (con testi di base il Libro Secondo del Capitale, Seconda Sezione, e i Manoscritti economico-filosofici del 1844, Primo Manoscritto). Il tema di questo terzo e ultimo incontro è stato “Lavoro produttivo/Lavoro improduttivo”, e ci si è basati interamente sul Capitolo VI Inedito del Libro Primo del Capitale, che nel corso della seduta è stato ampiamente ripreso e rimasticato (questo è sempre il nostro compito: non la ripetizione a mo’ di salmo dei versetti!), e a cui rimandiamo naturalmente i lettori. Come è stato precisato, tutti questi materiali non sono da considerare compartimenti stagni ma argomentazioni che continuano e si riallacciano l’una con l’altra: le divisioni per argomenti e giornate hanno avuto solo una ragione pratica e organizzativa. Altrettanto chiaro è il fatto che l’argomento “Lavoro” viene esaminato anche in altri testi, da Per la critica dell’economia politica ai Grundrisse, da Miseria della filosofia a Teorie sul plusvalore.

La Riunione Generale 2021 s’è così conclusa in maniera positiva, auspicando che si possa a breve tornare a incontrarsi di persona, per meglio sviluppare tutto il lavoro di Partito.

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