DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

partito comunista d’Italia

Sezione dell’Internazionale Comunista

Roma

Comitato Esecutivo

 

Al Segretariato del Comintern

(in APC, anno 1922, fasc. 80/6, pp. 111-112v)

 

(In francese)

 

 

Roma, 23 luglio 1922

 

copia al compagno Zinoviev

copia compagno Gramsci

 

Cari compagni,

Vi inviamo una relazione sommaria sulla situazione in Italia e l’attitudine del nostro partito.

 

I risultati della riunione del Comitato Centrale, che ha avuto luogo il 29 e il 30 giugno – essendo Bordiga e Graziadei rientrati il 24 – vi sono noti dai nostri telegrammi e da quanto pubblicato sulla nostra stampa. Le risoluzioni del Comintern sono state completamente accettata dalla Centrale ed è stata decisa la loro applicazione immediata. Si scelse l’occasione della riunione del Consiglio Generale della Confederazione del Lavoro (il 2 luglio a Genova) per lanciare un manifesto che apparve il 1 luglio su tutta la nostra stampa, e che proponeva la parola d’ordine del governo operaio.

Tale parola d’ordine fu ripetuta poi nella risoluzione presentata dai comunisti al C. N. suddetto, e si continua ad agitarla, nei discorsi al parlamento, nella propaganda, nella stampa. E naturalmente con più insistenza adesso, in occasione della crisi ministeriale.

Nel medesimo tempo il nostro partito ha preso l’iniziativa della lotta antifascista ovunque, spingendo all’azione i comitati della Alleanza del lavoro che in parecchie città e province si sono allargati con la partecipazione di rappresentanti di organizzazioni di ogni tendenza politica.

L’Alleanza del lavoro, centralmente e localmente, resta formata per il momento dalle organizzazioni sindacali. Per l’attitudine incerta degli elementi socialisti e anarchici, ha regnato una certa confusione negli organismi locali, che durante gli scioperi si sono trasformati in Comitati d’azione, in Comitati segreti ecc., talvolta con la rappresentanza diretta dei partiti politici. In parecchie zone si è quasi arrivati ad una rottura tra i comunisti e gli altri per divergenze sulla condotta dell’azione: noi abbiamo dato alle nostre organizzazioni locali la direttiva d’impedire la rottura dell’Alleanza del lavoro e di attenersi per la costituzione degli organismi locali alla formula organizzativa dell’Alleanza nazionale, formata dai sindacati, accettando tuttavia se fosse necessario, per evitare che gli altri possano sottrarsi all’unità del fronte, qualunque altra forma di comitato imposto dalla maggioranza dei rappresentanti proletari.

Nello stesso tempo i rapporti tra l’Alleanza del Lavoro e i partiti politici (comunisti, socialisti, anarchici, repubblicani) sono continuati. In tutte le riunioni che si sono svolte dopo quelle di cui si parla nel rapporto presentato dalla nostra delegazione, che è aggiornato fino al mese di maggio, è emersa la mancanza di volontà di azione e di serietà di tutti gli altri, e noi abbiamo mantenuto l’attitudine tracciata nel rapporto suddetto. Questi incontri risentono della crisi del partito socialista, i cui rappresentanti cambiano ad ogni momento atteggiamento e non fanno che dichiarare di non potersi impegnare per tutti loro iscritti.

Si è giunti alla costituzione di un “Comitato tecnico” segreto, che dovrebbe preparare l’azione generale proletaria(per noi lo sciopero generale contro l’offensiva borghese e il fascismo, per tutti gli altri la rivoluzione, pura e semplice), ma non si è ancora accettate le nostre condizioni per la formazione ufficiale del fronte unico dei partiti.

Questo comitato si riunisce per iniziativa dell’Alleanza del Lavoro, e finora non ha fatto nulla di serio, al contrario si è cercato di servirsi di questo strumento per cercar d’impedire l’azione proletaria, e tentare di coinvolgere in ciò la responsabilità anche del nostro partito. Si voleva evitare che con la nostra critica guadagnassimo terreno tra le masse, ogni volta che si rinviava o interrompeva la lotta.

Parecchie volte, violando il vincolo della segretezza, si è cercato di sfruttare delle nostre dichiarazioni per dire pubblicamente che il partito comunista aveva dichiarato che lo sciopero generale era impossibile.

Contro queste menzogne abbiamo preso un’attitudine energica, intimando loro di finirla, e precisando il nostro punto di vista sui caratteri dell’azione generale proletaria che sosteniamo nell’immediato nei nostri manifesti e nel nostro atteggiamento nel C.N. della C.G.d.L.

Ritorniamo ad una rapidissima cronaca. Nel C. N. l’atteggiamento dei massimalisti è stato disgustoso. Hanno cercato di battere con una maggioranza anticollaborazionista i capi sindacali confederali, ma hanno fatto cadere tutte le nostre proposte per la lotta generale in favore dei metallurgici nello sciopero nazionale e per la valorizzazione dell’Alleanza del Lavoro.

La nostra delegazione Mosca deve avervi tradotto i documenti della nostra attitudine a Genova, che si possono considerare come degli allegati a questa lettera: tra gli altri la nostra mozione iniziale per l’intervento delle organizzazioni affiliate all’Alleanza del Lavoro e dei partiti politici, e la nostra risoluzione. Contrariamente ai massimalisti, i maffisti si sono lealmente allineati in tutto al nostro atteggiamento.

Le nostre posizioni sindacali, che sono considerevolmente migliorate, non devono essere giudicate dal numero dei voti. Questi sono il risultato di imbrogli talmente abominevoli che a un certo momento eravamo decisi a invadere la sala con le nostre squadre comuniste e far saltare il congresso. Ci hanno rubato almeno 150 mila voti. Il numero dei voti dei massimalisti è fondato sul vuoto: non si erano consultate le masse, ma solamente i piccoli capi, membri del P. S., che si sono divisi i voti secondo la loro tendenza personale all’interno del partito.

In effetti i massimalisti non hanno delle forze sindacali comparabili alle nostre, benché abbiano ottenuto 250 mila voti, lasciando da parte che non hanno alcuna influenza sulle masse. Il voto ci dà la stessa percentuale di Verona: ora basta osservare che durante la preparazione del C. N. abbiamo guadagnato parecchi sindacati: per limitarci alle camere del lavoro siamo risultati in maggioranza a Roma, Trento, Ravenna, Vercelli, Como, Aquila e in altre città che non erano in mano nostra, ma che vi sono passate. Una statistica sarà pubblicata dal nostro organo sindacale.

Dopo alcuni giorni di lotta, i metallurgici, che potevano essere appoggiati solo dallo sciopero generale, furono battuti con delle condizioni vergognosamente sfavorevoli, con riduzioni di salario dal 10 al 15%. Il concordato è stato firmato dai capi mentre in alcune città gli operai erano ancora in lotta. Noi abbiamo accusato di tradimento i capi della Federazione metallurgica e ne è seguita una violenta polemica. Neanche una parola da parte dei massimalisti, occupati a predicare l’intransigenza parlamentare. Trascorsa una settimana, la lotta si è riaccesa in forma di reazione proletaria contro i movimenti fascisti. Questi, per contrastare il lavoro dei riformisti per un ministero antifascista, avevano intensificato la loro azione.

Parecchie città proletarie hanno dovuto capitolare: Andria, nel Sud, Piombino e Rimini nel Centro, Cremona e Sesto Ponente nel Nord.

Lo sciopero generale è scoppiato prima nelle Marche, che i fascisti volevano conquistare. È riuscito completamente. Si andava verso lo sciopero in Liguria, quando il movimento fascista si portò su Novara, provocando per tutta risposta lo sciopero generale in Piemonte e alcuni giorni dopo in Lombardia.

Noi prememmo con tutte le nostre forze, centralmente e localmente, per lo sciopero nazionale. Ma il ministero Facta, per una svolta della situazione parlamentare, fu rovesciato, con gran gioia dei socialisti, da una schiacciante opposizione, che comprendeva... i fascisti.

Immediatamente i capi proletari, riformisti, massimalisti, anarchici dell’Alleanza del Lavoro si diedero a far fallire l’azione proletaria. Da Roma partono dirigenti socialisti e anarchici con l’ordine di far cessare ogni movimento perché il ministero è caduto e perché si prepara lo sciopero nazionale. Ecco le date: martedì 18 comincia lo sciopero nelle Marche, il 19 in Piemonte, il 20 a Milano. Alla sera cade il ministero. La stessa sera cessa lo sciopero nelle Marche, e la sera del 21 in Piemonte e in Lombardia.

I comunisti si sono opposti ovunque alla fine dello sciopero. Abbiamo attaccato tutti i capi dell’Alleanza del Lavoro come traditori, per aver sabotato il movimento nel momento in cui la lotta antifascista a Novara diveniva disperata.

Nelle lotte di questi giorni abbiamo potuto rilevare con piacere che il meccanismo organizzativo del nostro partito diventa sempre più capace di affrontare le situazioni difficili. Abbiamo potuto diramare delle istruzioni e degli ordini, sia di natura politica che militare, con sufficiente sicurezza. Abbiamo avuto cura di non impegnarci in lotte senza sbocco e senza vie d’uscita, facendo attento uso delle nostre forze, abbiamo tuttavia effettuato delle azioni, soprattutto a Novara, contro i fascisti, inviando delle forze da Milano e da Torino che hanno attuato in maniera soddisfacente il loro compito. Ora, dopo la chiusura dello sciopero, dura ancora la lotta contro i fascisti, che mirano a distruggere i comuni e le cooperative socialiste e comuniste, per ridurre questa provincia che è al centro della zona più industriale d’Italia nelle stesse condizioni delle province agricole di Rovigo, Ferrara, ecc. La nostra parola d’ordine è di sospendere ogni attacco aperto dei nostri quadri quando non vi è azione né movimento di grandi masse, continuando tuttavia le azioni di rappresaglia e i colpi a sorpresa.

Il nostro atteggiamento politico attuale è il seguente: continuare con tutte le nostre forze la campagna per la valorizzazione dell’Alleanza del Lavoro. Abbiamo lanciato durante la lotta la proposta di una riunione dei Comitati dell’A.d.L. delle province in lotta, convocata dal Comitato Nazionale. Questo non ha risposto, ma sulla base di nostre istruzioni telegrafiche i nostri compagni hanno convocato localmente questa conferenza, che ha proposto, a nome di tutti i comitati della Lombardia e del Piemonte, il congresso nazionale dei comitati locali dell’Alleanza.

La nostra parola d’ordine è di sostenere i Comitati dell’Alleanza e di farne progredire l’attività con il loro allargamento su una base di massa e la formazione degli organi esecutivi in rappresentanza dei partiti politici.

La propaganda della nostra stampa è diretta contro la tattica collaborazionista dei riformisti e al tempo stesso contro l’atteggiamento traditore dei massimalisti che sabotano la lotta proletaria mentre vorrebbero per il loro successo al congresso socialista presentarsi come partigiani del fronte unico e dell’azione generale. Costoro comprendono che solo se presenteranno questo programma la loro opposizione al piano collaborazionista potrà essere presa sul serio: nostro compito è dimostrare come la loro azione reale sia di totale complicità con il disfattismo dei riformisti e della C.G.d.L.

Per quanto concerne la crisi, essa si sviluppa come sempre, e tutto fa prevedere che porterà ad un ministero come gli altri.

I fascisti, all’ultima seduta della Camera, hanno fatto delle dichiarazioni minaccianti l’insurrezione contro lo Stato se si arriverà a fare un governo con un programma di reazione antifascista. Ma, oltre a queste focose minacce, hanno dichiarato che essi tendono a diventare un partito legalitario, che agisce in seno alle istituzioni parlamentari. Il partito fascista ha appena lanciato un manifesto di tono assai conciliante, annunciando che dopo la chiusura degli scioperi cesseranno in talune regioni le spedizioni delle sue squadre. È del tutto evidente che la reazione locale continuerà lo stesso, che si tende però ad ottenere un effetto politico nascondendo l’orientamento generale.

Si direbbe che indirettamente abbiano avuto luogo dei contatti tra i fascisti e i socialdemocratici: i primi hanno ufficialmente sospeso la loro offensiva generale e le loro minacce contro lo Stato, i secondi hanno disarmato lo sciopero generale che andava sviluppandosi, per ritornare al torneo parlamentare. Senza dubbio questo ci potrà far assistere a delle minacce di riprendere l’azione di guerra civile da parte dei fascisti, e ad appelli alle masse da parte dei riformisti, di cui i massimalisti e in parte gli anarchici dell’Alleanza del Lavoro continuano a fare il gioco.

Naturalmente noi approfitteremo di ogni sviluppo della situazione per accrescere la nostra azione.

Se uno sciopero sarà proclamato in funzione della crisi ministeriale, noi vi parteciperemo agitando la formula del governo operaio e della lotta dei lavoratori in un fronte unito contro il fascismo.

Andiamo verso il congresso della C.G.d.L., convocato a Genova. Sarà preceduto da importanti congressi sindacali, tra cui quello dei metallurgici.

Noi contiamo di avere in questi congressi un successo considerevole, e ci prepariamo a fare il massimo dei nostri sforzi. È quasi certo che i riformisti saranno battuti e che la nostra influenza nella C.G.d.L. aumenterà. Il problema di una direzione coi massimalisti non è risolvibile prima di conoscere i risultati del congresso socialista. È sempre possibile un’intesa sindacale dei serratiani coi riformisti.

In una lettera a parte vi parleremo della situazione interna del P.S.I.

Questa relazione è stata redatta in tutta fretta e con un certo disordine. Tuttavia contiene le cose più importanti.

Alleghiamo le copie dei nostri ultimi dispacci.

Con saluti comunisti

 

p. Il Comitato Esecutivo

A. Bordiga

 

Aggiungiamo alcune precisazioni su una questione interessante. L’espulsione dei comunisti dai ranghi sindacali è stata tentata non nella C.G.d.L., dove non si potrebbe nemmeno osarlo, essendo la nostra posizione talmente buona che i riformisti osano appena... farci dei grandi complimenti, ma nella Federazione dei lavoratori del mare e nel Sindacato dei ferrovieri. La prima ha espulso un gruppo di compagni di Genova, capi dei nuclei comunisti, il secondo ha espulso i due compagni Azzario e Berruti.

Da parte nostra abbiamo immediatamente risposto con una tale controffensiva che i responsabili di questi fatti si sono già pentiti. Approfittando di tale questione nella Federazione dei lavoratori del mare si è posta all’ordine del giorno la democratizzazione dell’organizzazione che al momento è sotto la dittatura personale del capitano Giulietti. Nel Sindacato ferrovieri vi è stata una rivolta contro la tattica dei capi social-anarchici che lo dirigono e che sono i peggiori buffoni della politica proletaria italiana. Anche nel S.F. chiediamo e contiamo di ottenere il congresso.

Sulla nostra stampa viene regolarmente pubblicata tutta una serie di lettere e di risoluzioni contro l’espulsione dei comunisti e contro l’attitudine dei capi. Questa campagna va benissimo, e i compagni espulsi sono trasformati in propagandisti tra la massa convocata malgrado le proteste della Centrale. Con Giulietti la cosa è più difficile, tuttavia va avanti.

 

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