DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

L’apprendista stregone

Il 23 marzo scorso, la nave portacontainer Ever Given si è arenata dopo aver percorso pochi chilometri all’interno del Canale di Suez, bloccandolo fino al 29 marzo… Perché questo episodio ha suscitato tanto interesse e tanta preoccupazione? Perché ha portato all’attenzione di tutto il mondo il ruolo centrale che le gigantesche navi portacontainer hanno nell’economia globale. Grazie all’incidente, ora sappiamo che il 12,5% del commercio mondiale transita dal canale, uno dei “colli di bottiglia” della distribuzione mondiale; e che l’80-90% del commercio mondiale avviene via mare, soprattutto sulle navi portacontainer, che diventano sempre più grandi. Da 50 anni a questa parte la capacità delle navi è aumentata del 1.500%, più che raddoppiando nel corso degli ultimi dieci anni – un cambiamento che è stato citato fra le cause dell’incidente, dopo che già nel 2015 il tratto nord del canale era stato allargato per ospitare imbarcazioni di dimensioni maggiori.

La Ever Given è una delle 11 portacontainer più grandi al mondo: 400 metri di lunghezza e 60 di larghezza, 224 mila tonnellate e 40 metri di altezza fuori dalla linea di galleggiamento. Troppo grande per passare nel canale di Panama. Sempre per dare un’idea delle dimensioni del problema, si è parlato di un danno di 9,7 miliardi di dollari al giorno: questo il valore delle merci trasportate dalle 429 navi bloccate.

Il Canale di Suez è una delle vie strategiche di comunicazione tra le fabbriche, a basso costo della forza lavoro, del mondo nel sud est asiatico, e il mercato occidentale. Un meccanismo logistico complicatissimo che però essere bloccato da un granello di sabbia. In seguito a questo incidente, ogni Stato ha cominciato a porsi il problema se convenga davvero produrre su scala globale (supply chain) o se occorra tutelare certe produzioni strategiche riportandole sul territorio nazionale (reshoring), per non restare esposti a simili shock del sistema. A più di un mese dall’incidente della Ever Given, gli effetti sulla catena di approvvigionamento non sono stati ancora riassorbiti.

Questo episodio ha quindi evidenziato sia la dimensione gigantesca della catena di approvvigionamento mondiale e la sua interdipendenza, sia la sua fragilità e vulnerabilità. La borghesia assomiglia sempre più all’apprendista stregone che non riesce a dominare le forze infernali che essa stessa ha evocato, come già scrisse  Marx.

Incidente o boicottaggio?

Sia nell’ipotesi più probabile di un incidente – e spiegheremo perché questa ipotesi è quella più verosimile – sia nell’eventualità, molto remota, che si sia trattato di un atto di guerra commerciale, il capitalismo si dimostra un sistema sregolato, incapace di un piano mondiale di produzione e distribuzione. 

Ancora prima dell’incidente della Ever Given, la catena di approvvigionamento era sotto stress: carenza di container e loro perdita in mare, congestionamento dei porti e nodi di scambio, ritardi nella fornitura di componenti in produzioni fondamentali... Ci troviamo davanti alla cronaca di un disastro annunciato.

La dimensione di scala delle grandi navi ha consentito di fare grandi profitti: ad esempio, con il risparmio sui costi di carburante e di magazzino (grazie al “just in time”: vendere subito ciò che si produce), ma, nella sua crescita senza freni, sta generando sempre più costi di gestione e incidenti, al punto che si ritiene stia raggiungendo il punto in cui non è più remunerativa.

Scienza e tecnologica si dimostrano inutili nel gestire la catena di approvvigionamento delle merci: le navi sono sempre più informatizzate e controllate da sistemi automatici, con sempre meno personale, eppure scienza e tecnologia non hanno previsto e gestito gli effetti idrodinamici di una nave così grande; e ciò nonostante che l’effetto Bernoulli (bank effect) e l’effetto vela (le cause che hanno portato all’intraversamento della nave) siano fenomeni fisici noti da secoli. Una nave di quelle dimensioni che transita in un canale ristretto, se non si trova perfettamente allineata al centro del canale genera uno spostamento d’acqua e una corrente che producono forze opposte: di attrazione verso l’argine più vicino sulla parte posteriore della nave (poppa), mentre la prua è spinta verso l’argine più lontano. La nave è entrata infatti nel canale non allineata, con un forte vento da sud che l’ha spinta verso l’argine sinistro, e questo effetto del vento è dovuto all’ampia superficie della nave esposta sopra la linea di galleggiamento – altro limite del gigantismo delle portacontainer. Per cercare di contrastare queste forze, il comandante ha aumentato la velocità oltre quella consentita nel canale, ma in questo modo ha reso la nave meno governabile, amplificando gli effetti di correzione della rotta e facendo sbandare la nave da un argine all’altro, fino a farla porre di traverso. Tutto qui: semplice e documentato dal tracciato [1]. Un pilota che lavora per l’Autorità del Canale di Suez, rimasto anonimo, ha dichiarato al Washington Post che negli ultimi anni le navi sono diventate sempre più grandi e difficili da gestire («Le navi oggi sono più grandi di una volta. Questo è qualcosa di nuovo, che non si è mai visto prima»), sostenendo che con venti di 30 o 40 nodi è facile che navi di quelle dimensioni possano incagliarsi [2]. Non ci sono margini d’errore.

Certo, la Russia ha subito approfittato delle difficoltà nel Canale di Suez per promuovere la rotta artica, ma occorreranno anni prima che questa sia navigabile per 12 mesi e ancora oggi le navi commerciali devono essere scortate dalle rompighiaccio.  La Russia, comunque, non può rinunciare al Canale di Suez per la distribuzione delle proprie risorse energetiche. E lo stesso vale, e a maggior ragione, per progetti alternativi, come il canale immaginato da Israele per collegare il golfo di Aqaba e il Mediterraneo: ma si tratta solo di progetti ipotetici.

L’Iran, che avrebbe interesse a sviluppare le rotte alternative via terra (dalla Cina verso l’Europa attraverso l’Asia centrale: la Belt and Road Initiative) e la via Nord-Sud verso la Russia, è comunque un partner strategico della Cina e non ha quindi molto senso che boicotti il Canale di Suez, ossia una rotta fondamentale che fa già parte della nuova “Via della Seta”, utilizzata dalla Cina. D’altra parte, le vie di terra non sono competitive rispetto alle rotte via mare: non possono rimpiazzarle, possono tutt’al più integrarle.

E, certo, il Canale di Suez è già stato al centro di guerre commerciali e di interessi imperialistici, con intere flotte affondate per bloccarne il transito, ma in tutti quei precedenti erano palesi gli interessi in gioco e gli Stati che si fronteggiavano. Questo episodio mostra invece, ancora una volta, come la borghesia sia passiva e impotente di fronte alle dinamiche del capitale, invece darci il segno di una sua volontà e capacità di azione.

L’ultimo di una lunga serie di incidenti

Piuttosto che far emergere un chiaro atto di guerra commerciale, l’incagliamento della Ever Given ha fatto suonare un campanello d’allarme. Anche perché non è stato il primo incidente e nemmeno il primo problema della catena di approvvigionamento mondiale: in media, 1.382 container all’anno sono stati persi in mare tra il 2018 e il 2019, secondo il World Shipping Council; in particolare, gli assicuratori marittimi stimano che, tra il 30 novembre 2020 e la metà di febbraio 2021, circa 3.000 container che trasportavano prodotti per un valore di milioni di dollari siano andati persi, e che gli incidenti di navigazione segnalati in totale nel Canale di Suez negli ultimi dieci anni sono stati 75, e più di un terzo ha coinvolto navi container (28). Tra il 2013 e il 2016, c'è stata una media di 12 incidenti di navigazione all'anno. La media sui 10 anni è di 8 incidenti all'anno. Tuttavia, gli incagli (come l'incidente della Ever Given) sono la causa più comune di incidenti di navigazione nel canale: 25 negli ultimi 10 anni, 1 su 3 di tutti gli incidenti di navigazione nel canale. Nell'ultimo decennio, sono stati segnalati oltre 200 incidenti di incaglio di navi container in tutto il mondo, che rappresentano circa 1 su 10 di tutti gli incidenti che coinvolgono navi container. E, sei giorni dopo il disincaglio della Ever Given, un’altra nave si è arenata nel canale: la Rumford, battente bandiera italiana.

A seguito dell’incidente della Ever Given, l’Egitto ha deciso di rafforzare il sistema di prevenzione e di gestione delle emergenze.

Gli USA hanno messo in evidenza la vulnerabilità delle navi rispetto ad attacchi informatici, dialetticamente proprio per il loro elevato livello di automatizzazione. E si sono offerti di fornire aiuto, molto… gesuiticamente. La tecnologica, paradossalmente, rende le navi moderne più vulnerabili. Ma si tratta comunque di possibilità, di segnali di pericolo, nessun elemento diretto che dimostri un possibile boicottaggio nel caso specifico della Ever Given.

Gigantismo dell’accumulazione. Gigantismo delle contraddizioni

Il gigantismo della produzione e distribuzione si intreccia con quello della finanza:  l’Evergreen Group, che gestisce la Ever Given, è un colosso finanziario, la sua rotta verso il gigantismo navale era quindi già tracciata: ha ottenuto facilmente prestiti bancari e drenato capitali per acquistare navi nuove e sempre più grandi, tecnologicamente avanzate, nella corsa ai profitti futuri… auspicati. Fino a quando le speranze si sono incagliate.

Ora sono in molti a contestare le presunte economie di scala del gigantismo navale. Grandi navi creano grandi problemi. Il Financial Time ha commentato: “Le navi diventano sempre più grandi. Ma ogni altra cosa sulla Terra resta della stessa dimensione” [3]. Potrebbe sembrare un’affermazione ovvia, ma nasconde la preoccupazione sulla capacità del sistema mondiale di distribuire le merci, e quindi sugli equilibri e tensioni nella geopolitica, nella strategia degli imperialismi per il controllo dei “colli di bottiglia” della distribuzione, e dunque sulla convenienza del gigantismo delle portacontainer. Nel 2000, le dieci più grandi compagnie di trasporti possedevano il 12% delle quote di mercato; nel 2019, le stesse compagnie ne dominavano l’82%.

Per queste ragioni, molti esperti sostengono che le grandi portacontainer come la Ever Given stiano diventando troppo grandi. Già adesso, come hanno spiegato alcuni esperti al Financial Times, le dimensioni e le capacità di carico delle navi hanno raggiunto il loro massimo: se si accumulassero più container in verticale, le imbarcazioni diventerebbero troppo suscettibili ai venti (in parte lo sono già, come ha mostrato la Ever Given!), mentre se si accumulassero in orizzontale la nave diventerebbe quasi impossibile da manovrare.

Secondo uno studio di Allianz Global, compagnia assicuratrice specializzata nel trasporto marittimo, questi mostri stanno diventando “troppo grandi perché situazioni come questa possano essere risolte in modo efficiente ed economico” [4].

Anche dal punto di vista della prevenzione, il capitale investe sempre più nel processo di accumulazione del capitale senza preoccuparsi degli effetti collaterali e dei pericoli, fino a quando si scontra con i problemi che esso stesso ha generato in questa corsa folle al profitto. La prevenzione non fa profitto, in questo come in tutti gli altri campi (l’abbiamo visto anche a proposito della pandemia!).

Inoltre, il personale che controlla la nave si riduce sempre di più. Solo i marittimi, la manovalanza, non possono essere ridotti ulteriormente e sono veri e propri forzati, schiavi dell’era moderna provenienti principalmente da Filippine e India. E la tecnologia non allevia la fatica da lavoro: la esaspera. Se un tempo serviva una settimana per scaricare una nave, ora bastano 12 ore, e si riparte…

Noi, testardi, abbiamo già visto da tempo questo fenomeno del gigantismo e del risparmio sulla prevenzione e sicurezza – anche nel caso particolare delle navi, a partire dall’affondamento del transatlantico “Andrea Doria”, nel luglio del 1956 (50 morti): altro esempio di corsa al tonnellaggio, in quel caso nel trasporto di persone, fallito di fronte alle stesse contraddizioni generate dall’economia capitalistica. Scrivemmo allora, su queste stesse pagine: “Non sono solo le navi in cui la mania della tecnica moderna è orientata nel fare economie sulle strutture, usando profili leggeri, sotto il pretesto di materiali sempre più moderni e di resistenza miracolosa, garantiti più da una pubblicità sfacciata e dalle lunghe mani, che dalle prove dei burocratizzati laboratori e istituti ufficiali di controllo. Come avviene per le costruzioni e le macchine terrestri, la nave che ci dà la tecnica recente ed evoluta è meno solida di quella di mezzo secolo fa. La superba unità ha quindi sbandato e si è affondata, in tempi contrari a tutte le norme e le attese degli esperti. Poteva essere l'ecatombe, col mare agitato o con meno frequenza di navi vicine. […] La classe dominante, a sua volta impotente a lottare anche per la sua stessa pelle col Demone dell'affarismo e della superproduzione e supercostruzione, dimostra così la fine del suo controllo sulla società, ed è folle attendere che, in nome del Progresso, che segna la sua via a tappe di sangue, possa fare più sicure navi di quelle di un tempo” [5].

Il capitale entra in crisi e prepara condizioni rivoluzionarie, non solo perché rende sempre più insostenibili le condizioni dei propri schiavi salariati, producendo quindi i propri becchini, ma anche perché è incapace di dominare le contraddizioni che esso stesso crea: il gigantismo dell’accumulazione soffoca il capitale stesso, ma è condannato a non fermarsi. La borghesia si dimostra sempre più incapace di governare e prepara così la propria fine.

23/06/2021

 

[1] https://vimeo.com/531626438 (AIS -Automatic Identification System-based Dynamic Reconstruction).

[2] “What the Ever Given saga taught us about the world”, Washington Post, March 30, 2021.

[3] “The bank effect and the big boat blocking the Suez”, Financial Time, 25 marzo 2021.

[4] “Ever Given, 200 incidenti l’anno per navi sempre più monstre”, La Stampa, 27 marzo 2021.

[5] “Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale – Andrea Doria”, Il programma comunista, n°17/1956.

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