DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Dal volume Il mondo degli egizi, del tedesco Walther Wolf, ricaviamo una curiosa testimonianza sulla vita sociale ed economica delle epoche del lontano e troppo spesso mitico ciclo faraonico. Scrive dunque il Wolf (e, poiché si tratta di un intellettuale che certamente non ha tradito la propria classe, le sue parole sono per noi oltre modo rivelatrici):

“Non possiamo parlare della situazione sociale del periodo dei Ramessidi, senza ricordare il fatto che la caratterizza meglio di tutto il resto: la comparsa cioè di un quarto ceto, il proletariato. Esiste ora un problema sociale. Naturalmente dal tempo in cui la borghesia incominciò a sentirsi un ceto politico, si è andata costituendo al di sotto di essa una massa amorfa, ‘i figli di nessuno’, come era chiamata. Ma soltanto ora acquista una sua fisionomia, perché in seguito a determinate circostanze essa si affaccia anche alla vita politica.

“A tale proposito ci riferiamo a molteplici documenti assai significativi che si occupano di quei lavoratori dello Stato i quali dal lato occidentale di Tebe erano addetti alla sistemazione delle tombe. Questi operai erano organizzati in due gruppi sottoposti a tre sorveglianti. L’intera città dei morti era soggetta a un proprio ‘sindaco’, che a sua volta era responsabile di fronte al visir. Nel ventinovesimo anno di Ramesse III (1163 a.c.) si svolgono gli avvenimenti di cui riferisce un papiro, conservato a Torino. A quel tempo, il sistema dell’approvvigionamento deve essersi temporaneamente scompaginato e il pagamento degli operai, come d’uso in natura, deve aver subito un’interruzione. Quando per due mesi non furono distribuite le mercedi, gli operai decisero lo sciopero, il primo di cui parla la storia. Essi abbandonarono i loro rioni, circondati da muri, al grido: ‘Abbiamo fame!’, e si raccolsero nella parte posteriore del tempio funerario di Thutmosis III, senza lasciarsi indurre dalle promesse dei sorveglianti a riprendere il lavoro. Ciò si ripeté anche il giorno seguente.

“Il terzo giorno essi penetrarono nel recinto del Ramesseo, il tempio funerario di Ramesse III e dichiararono ai funzionari accorsi: ‘Siamo venuti qui a causa della fame e della sete. Non abbiamo indumenti, né olio, né pesce, né ortaggi. Scrivete ciò al Faraone, il nostro buon Signore, e scrivete al nostro superiore, il visir!’. Si forniscono loro le razioni per il primo mese. Ma non soddisfatti dell’acconto continuarono a scioperare ottenendo così anche le razioni del secondo mese. Quando, due settimane dopo, i pagamenti scaduti non furono eseguiti puntualmente riscoppiò lo sciopero. Dobbiamo purtroppo fare a meno di riferire nei particolari quali rimproveri venissero mossi ai sorveglianti e quante belle parole dicessero i funzionari per tenerli a bada, benché ciò sarebbe molto istruttivo. Certo sì è che i magazzini erano più o meno vuoti e la disonestà dei funzionari all’ordine del giorno”.

E’ proprio vero: come scrissero Marx ed Engels nel Manifesto del partito comunista (1848), “la storia è storia di lotte di classe”!

 

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°02 - 2009) 
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