DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Dalla Relazione presentata dalla Frazione Comunista al congresso di Livorno del P.S.I. (15-21 gennaio 1921) sull’indirizzo politico del partito

Non è certamente necessario svolgere qui una completa esposizione delle dottrine marxiste ripetendo cose ben note; ci basterà richiamare alcuni risultati salienti della critica marxista che rimessi in viva luce dagli avvenimenti costituiscono i punti di partenza del movimento comunista contemporaneo.

Il principale risultato a cui ci conduce tutto il sistema di critica storica del marxismo è il superamento e la demolizione teorica della ideologia democratica. Viene messa in evidenza la fallacia della fondamentale tesi democratica secondo la quale la rivoluzione borghese, creando le libertà e la uguaglianza politica dei cittadini nel sistema rappresentativo elettorale e parlamentare, avrebbe poste le condizioni di un ulteriore indefinito sviluppo pacifico delle società umane verso un sempre più elevato tenore di vita economica, morale, intellettuale, escludendo per l’avvenire altre crisi rivoluzionarie ed altre guerre civili.

Da una esauriente critica economica e storica, i primi grandi assertori del marxismo desumono la constatazione di una lotta tra le classi in cui tuttora la società borghese è divisa dalla natura dei rapporti di produzione che le sono propri, lotta che da elementari antitesi di interessi, e da primi informi tentativi ribelli della classe sacrificata, tende ad assurgere ad un vasto conflitto pel rivoluzionamento di tutto il sistema dei rapporti produttivi. Contemporaneamente l’apparato democratico dello Stato è dimostrato essere corrispondente al regime e all’epoca storica capitalistica, sorto per la necessità della affermazione e atto solo ed esclusivamente alla protezione dei rapporti economici capitalistici, id est degli interessi della borghesia dominante.

Un altro punto strettamente connesso a tutta la teoria marxista ed al suo modo di intendere la formazione della coscienza nei singoli e nelle collettività, l’azione della volontà umana come risultato delle cause determinanti che consistono nei rapporti economici, è la negazione che l’interesse di classe  del proletariato concretato nella necessità del superamento e della distruzione delle istituzioni del regime capitalistico, possa trovare una manifestazione ed una via di affermazione decisiva nel meccanismo delle rappresentanze democratiche borghesi, che di quelle istituzioni è parte integrante.

Essendo il proletariato per le sue stesse condizioni di vita legato ad una inferiorità intellettuale, culturale e politica, ma essendo per le condizioni stesse la classe chiamata a spingere innanzi la storia, questa apparente contraddizione si risolve dialetticamente nell’escludere che il proletariato possa agire come classe, ossia con finalità generali e storiche, in un meccanismo maggioritario, ed assegna la funzione di rappresentante della classe e del suo compito rivoluzionario alla organizzazione di una minoranza di avanguardia, che dalla conoscenza delle condizioni della lotta più precisa che nel restante della massa, trae la volontà di indirizzare gli sforzi propri alla generale e ultima finalità rivoluzionaria del rovesciamento degli istituti capitalistici, nella quale sola tutto il proletariato troverà la soluzione del disagio in cui vive. Di qui il concetto della necessità di un partito politico di classe, diverso da tutti gli altri partiti perché anticostituzionale per definizione, generato non dalla meccanica del sistema elettorale borghese ma proprio dalle forze che anche quel sistema tendono a superare e infrangere.

Da questi risultati critici, la dottrina marxista assurge non solo a tracciare le previsioni dello sviluppo che dovrà presentare il processo storico della rivoluzione proletaria, ma a dettare le norme dell’azione della classe lavoratrice nel suo partito, ponendo così i primi dati, ma anche le soluzioni generali, del vasto problema dei rapporti tra la teoria – che esamina, critica, prevede conseguenze future di elementi e condizioni esistenti nel passato e nel presente – e la tattica, che da tali risultanze trae le norme dell’azione di quella minoranza che, dall’aver conosciuto le condizioni e le leggi della lotta, passa a volerne e prepararne la vittoria.

Poiché l’apparato statale borghese difende e protegge i rapporti dell’economia capitalistica, il partito di classe è quello che, raccogliendo le forze proletarie disperse in vani conati di superare le proprie condizioni di sfruttamento e di oppressione, le unifica e le indirizza al rovesciamento del potere statale borghese, che solo coll’azione violenta potrà realizzarsi, trattandosi di una organizzazione di forze armate. Demolire l’impalcatura dello Stato borghese nella sua burocrazia, nel suo esercito, nella sua polizia, per sostituirvi l’organizzazione armata dello Stato proletario, è indispensabile per stabilire le fondamenta dell’opera posteriore di trasformazione dell’economia, che richiederà un lungo periodo. Ma mentre si rovescia il potere e la posizione politica delle classi, cadono gli ordinamenti rappresentativi propri del potere borghese, ossia i parlamenti democratici, e sorgono i nuovi istituti di rappresentanza propri dello Stato proletario.

Il grande tracciato programmatico del marxismo, che si riconsacra oggi nei testi, e più ancora nelle conquiste del movimento comunista internazionale, si può riassumere così: - organizzazione del proletariato in partito di classe - lotta per l’abbattimento del potere politico borghese -organizzazione del proletariato in classe dominante, tradotta nell’espressione ciclopica di dittatura proletaria - intervento del potere proletario nei rapporti della produzione per realizzare la socializzazione dei mezzi e delle funzioni economiche, che condurrà alla sparizione delle classi e di ogni altro apparato statale di potere.

Parlando fin d’allora di dittatura proletaria, Marx volle stabilire una differenza fondamentale: mentre il potere borghese è in realtà una solidissima dittatura, ma è protetto da una apparente eguaglianza di diritto di rappresentanza politica negli uomini d’ogni classe – e la borghesia non può porre il proletariato in una condizione patente e costituzionale di inferiorità, poiché essa non può vivere senza il proletariato – il potere della classe proletaria dovrà essere una aperta e palese dittatura, ossia si fonderà sulla esclusione dei membri della classe borghese da ogni ingerenza nella formazione degli istituti dello Stato – e ciò perché il proletariato tende ad eliminare la borghesia, e con essa l’esistenza stessa delle classi e delle dittature di classe.

In tutta questa sua tragica via, alla classe proletaria è indispensabile il suo partito rivoluzionario. Solamente una piatta interpretazione delle tesi marxiste, che viene talvolta dalla estrema destra, talvolta dalla ‘estrema sinistra’, riconosce o esalta la classe in organismi che istituzionalmente ne comprendono la totalità o la grande maggioranza – prima della rivoluzione nei sindacati o nei consigli d’azienda, dopo nei consigli operai – più che nel partito che ne raccoglie solo una parte. È invece proprio per l’intimo valore delle ragioni marxiste che la maggioranza della classe proletaria non potrà accogliere ed esprimere la coscienza e la volontà dei compiti storici della classe, se non quando le sue condizioni di inferiorità nel tenore di vita fisica saranno eliminate; quando  cioè già sarà in atto il comunismo. Fino ad allora, non solo la classe sarà rappresentata solo nel partito, ma in tanto il proletariato apparirà e agirà come classe, in quanto esprimerà dal suo seno questo partito, capace di critica e di coscienza storica, e perciò stesso capace di volontà e di azione.

Nel suo cammino nella storia, il Partito Comunista troverà sempre più larghi strati della classe intorno a sé, trascinati, inquadrati, diretti nella sua opera rivoluzionaria.

Questi effettivi e queste forze esso avrà ed usufruirà sicuramente, solo in quanto avrà mantenuto i suoi caratteri specifici, che appunto lo differenziano sopra ogni altro organismo operaio: coscienza critica e teorica, decisione nell’azione – caratteri per i quali è soprattutto indispensabile condizione l’omogeneità di vedute e di volontà dei suoi membri, che in nessun altro organo proletario esiste né può pretendersi che esista.

Anche i rapporti tra il partito e i più larghi immediati organi operai, tra la lotta del partito per un programma ‘massimo’ e le azioni dei gruppi operai per minime realizzazioni limitate e contingenti, sono nella dottrina di Marx ben chiari. Il partito non nega né trascura quei movimenti, ma, senza accettarli come fini a se stessi o alla propria azione, li considera come le occasioni per allargare il campo della lotta e condurre un sempre maggior numero di operai alla constatazione che occorre mirare a più vasti obiettivi e forgiarsi un organo di più alta potenzialità per la lotta contro il fondamento stesso dello sfruttamento capitalistico.

Ed il problema della tattica comunista sta qui: nel raggiungere più larghi strati della massa e condurli sul terreno dell’azione rivoluzionaria, preparandoveli in armi ideali e materiali, conservando al partito il suo carattere di qualità che garantisca il successo di tale preparazione – evitando l’errore di prospettiva di credere di poter raggiungere più facilmente la massa allargando le basi del partito rivoluzionario in quantità, ma avendo attenuato il carattere e il contenuto del partito e della sua opera, che, perdendo il loro carattere generale e massimale, vadano a combaciare con le manifestazioni frammentarie di limitati interessi, e si risolvano nel conseguire obiettivi immediati e contingenti a scapito del supremo risultato rivoluzionario.

Tutto ciò scrissero Carlo Marx e Federico Engels, anzi insuperabilmente scolpirono nelle pagine di granito del Manifesto dei Comunisti, nel 1848.

(da Storia della Sinistra Comunista, Volume III, Edizioni Il programma comunista, Milano 1986, pag.195-197)

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