DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

70.000 lavoratori delle aziende dell’indotto legate alla crisi dell’industria (Ilva, Whirpool, Industria Italiana, Blutec, Aferpi, Alcoa…). Migliaia di operai che rischiano il posto, senza contare i lavoratori dell’indotto e quelli che, in quelle fabbriche, fanno manutenzione, pulizie, servono nelle mense, trasportano prodotti, materie prime, ecc., ecc.

Vediamo ora un po' di cifre, quelle che con il contagocce ci comunica la stampa borghese:

  1. 000 lavoratori nell’indotto dell’Ilva di Taranto.
  2. 500 lavoratori nell’indotto di Whirpool
  3. 1500 lavoratori che gravitano attorno all’Industria Italiana Autobus, (70 aziende, di cui 20 già chiuse)
  4. 50 operai rimasti all’acciaieria di Piombino dell’ex Lucchini.
  5. 300 operai a Trieste, dell’alto forno della Ferriera.

Senza contare che, se la crisi dell’automobile si dovesse aggravare, le cifre sarebbero dirompenti: 450 aziende dell’indotto di FCA per un totale di 58mila lavoratori.

La situazione non è allegra per il sindacato “collaborazionista” e per lo stesso Capitale. Tutti e due si trovano con 160 tavoli di crisi (adesso, la fabbrica che chiude ha cambiato connotati: è un tavolo di crisi!).

Comunque, si può far giri di parole, ma la realtà parla di oltre 200.000 operai.  

(Vedere La Repubblica del 27/10/ 2019).

Per capire ancora meglio la situazione occupazionale nell’industria, ricordiamo che negli ultimi 10 anni la percentuale degli addetti è passata dal 29,8% all’attuale 22,6%: gli operai in Italia sono 3 milioni e 950.000 e nelle costruzioni 1 milione300.000 (La Repubblica del 14/11/ 2019). Sono numeri importanti e tornano, in questa fase di precarietà del lavoro e di crisi economica sempre più dura giorno dopo giorno, a essere al centro dell’attenzione per una ripresa della lotta sindacale e politica, alla faccia di chi predica la scomparsa della classe operaia.

È chiaro che, con la mancanza del salario come garanzia del proprio mantenimento, il proletario (specie se con famiglia) ha seri problemi a sopravvivere, in una società fondata sul valore di scambio; e quindi, logica vuole che anche la stessa società, nel suo insieme, venga coinvolta: così la povertà è in aumento.

A tal proposito, apprendiamo dal “quotidianosanità.it” del 21/10/ 2019 che “In Italia oltre 1,2 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà assoluta, un dato che nel corso degli ultimi 10 anni è triplicato, passando dal 3,7% del 2008 al 12,5% del 2018 […] La povertà si manifesta nella mancanza di beni essenziali, lo stretto indispensabile per una vita dignitosa: un’alimentazione e un’abitazione adeguata […] Sono circa 500mila i bambini e ragazzi sotto ai 15 anni (il 6% della popolazione di riferimento) che crescono in famiglie dove non si consumano regolarmente pasti proteici e 280mila sono costretti ad una alimentazione povera sia di proteine che di verdure […]”.

A questo quadro, aggiungiamo poi i 18,6 milioni ad esclusione sociale: 9,6 in povertà relativa e 5 in povertà assoluta (L’Espresso del 13/10/ 2019).

Ci sono problemi? Ma no… anzi, tutto va bene, tutto gira alla meraviglia: siamo usciti dalla lotta di classe! storia sepolta nell’800 e ‘900! in questo momento storico, ci proiettiamo verso un futuro del tutto nuovo, con nuove prospettive di vita sociale! E, come dice La Repubblica del 10/10/2019: “Gli italiani si sono abituati all’incertezza del lavoro”. Secondo un sondaggio dell’Osservatorio sul Capitale Sociale di Demos-Coop, le preoccupazioni economiche, rispetto agli anni precedenti, sono calate. Ma riprendiamo alcuni passaggi dell’articolo: “[…] Insomma, la visione dell’economia e del lavoro, nella società italiana, è sicuramente ‘grigia’ […] Tuttavia l’atteggiamento che prevale è la rassegnazione […] Anche la percezione della disuguaglianza, per quanto estesa, appare ridimensionata. Mitigata, come si è detto, dall’abitudine a sopportare l’insicurezza.  Siamo divenuti, così, dei perfezionisti dell’incertezza. Così l’abbiamo normalizzata. Anche perché il sentimento sociale, per tradizione, poggia su basi solide e stabili. Anzitutto, sulla famiglia […]”.

Che altro dire? Solo una cosa: le pance vuote mandano strani rumori. Non saranno per caso brontolii… di classe?

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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