DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Nel salone massimo del Palazzo dell’A.G.O, affollatissimo di compagni, Amadeo Bordiga ha svolto ieri sera l’annunciata relazione sull’atteggiamento del Partito Comunista nel momento attuale.

La Federazione Provinciale Comunista – egli ha detto – ha creduto opportuno di indire questa riunione, ristretta ai soli compagni, allo scopo soprattutto di fornire ad essi gli elementi per la loro propaganda quotidiano in mezzo a tutta la classe operaia.

È soprattutto necessario soffermarsi sull’ultimo sciopero generale e sulla situazione che da esso ne è uscita.

Lo sciopero generale è stato proclamato dopo un anno di propaganda del nostro Partito a favore di esso. Il Partito Comunista riunisce oggi intorno a sé soltanto una minoranza, sia pure numerosa, della massa lavoratrici e di conseguenza il nostro Partito per mezzo della sua tattica deve tendere soprattutto a lanciare delle parole d’ordine intorno alle quali si possano riunire tutti indistintamente i proletari. Questa tattica è quella del fronte unico.

La proposta del fronte unico operaio e della sua logica conseguenza: l’azione generale, venne per molto tempo combattuta dai socialisti di tutte le tendenze i quali, nel Consiglio Generale della Confederazione Generale del Lavoro, tenutosi l’anno scorso a Verona, si schierarono unanimi contro di essa.

La nostra parola d’ordine veniva però accolta da un numero sempre maggiore di lavoratori e, in seguito alla pressione delle masse, i massimi organismi sindacali italiani furono costretti, in un primo tempo, a creare l’Alleanza del Lavoro e, in un secondo periodo, a proclamare lo sciopero generale.

I risultati di esso sono da tutti conosciuti. È indiscutibile infatti che oggi le condizioni della classe operaia sono peggiori ancora di quelle esistenti prima dello sciopero generale, essendo aumentata la pressione reazionaria.

Il Partito Comunista aveva dunque errato chiedendo lo sciopero generale? La sua tattica era dunque sbagliata?

Solo gli avversari in mala fede possono fermare questo. In realtà il Partito Comunista non si era limitato a chiedere puramente e semplicemente la proclamazione dello sciopero, ma aveva lumeggiato gli scopi che esso si doveva prefiggere, la preparazione che, in attesa di esso, doveva essere compiuta, ed aveva pure detto chiaramente che la sua proclamazione doveva avvenire in un momento in cui la situazione fosse tale per cui esso venisse accolto con entusiasmo da tutta la massa operaia. Purtroppo invece gli scopi dello sciopero generale non vennero precisati dall’Alleanza del Lavoro, nessuna opera venne compiuta per la sua preparazione ed esso venne proclamato... a freddo, in un momento in cui il proletariato non era pronto né dal punto di vista organizzativo, né da quello psicologico all’azione generale, non solo, ma dopo un anno di propaganda social-riformista contro di essa, in modo che anche a proclamazione avvenuta una gran parte dei lavoratori rimase incerta e dubbiosa.

È poi soprattutto da rilevarsi che – quantunque essi non lo avessero mai dichiarato chiaramente in pubblico – i riformisti tendevano giungere, attraverso allo sciopero generale, alla collaborazione ministeriale, e tutti i loro atti compiuti prima della sua proclamazione lo dimostrano in modo molto preciso, come pure in modo molto preciso questo obbiettivo apparve nelle riunioni avvenute in quel periodo, riunioni a cui parteciparono pure i rappresentanti del Partito Comunista i quali, quando esponevano le finalità ch’essi si prefiggevano di raggiungere per mezzo dello sciopero generale – vale a dire semplicemente la ripresa del movimento operaio – venivano accusati di essere troppo modesti, di essere troppo… riformisti.

Proseguendo nel suo lucido discorso, il compagno Bordiga ricorda tutte le proposte fatte dal Partito Comunista in seno alle riunioni convocate dall’Alleanza del Lavoro, proposte che però vennero sempre respinte tanto dagli organismi sindacali quanto dai partiti politici. È apparso così in modo evidente – egli prosegue – che purtroppo non era possibile alcun serio accordo con questi partiti.

A sciopero proclamato, il Partito Comunista credette però che fosse suo dovere di fare ancora pressione sull’Alleanza del Lavoro perché l’azione non venisse stroncata di fronte all’ultimatum fascista; ma anche questa volta la sua proposta non venne tenuta in nessun calcolo, in modo che i fascisti ebbero agio di scegliere sette od otto località per scatenare su di esse la loro offensiva che, malgrado l’eroismo delle masse, riescì – appunto perché lo sciopero generale era ormai cessato – a raggiungere quasi completamente i suoi scopi.

Non si dica perciò che l’azione generale voluta dai comunisti ha fallito, poiché in realtà chi ha fallito è semplicemente lo sciopero generale proclamato e diretto dai riformisti i quali non riuscirono neppure attraverso di esso a giungere alla collaborazione in un Ministero di sinistra, ma che servirono invece ottimamente la causa della reazione che in tale occasione poté conquistare alcuni grandi centri che fino ad allora avevano saputo resistere alla sua offensiva.

Ad ogni modo, terminata la lotta, è necessario guardare il cammino che dovremo percorrere per l’avvenire, e a questo scopo si deve innanzitutto vedere quale è oggi la situazione del nostro Partito che quella della classe operaia in generale.

Il Partito non ha molto sofferto nell’ultimo sciopero, ed anzi esso, in molte zone, ha acquistato un maggiore ascendente tra le masse che ebbero la possibilità di constatare quanto fosse giusta la sua critica ed ottimi il suo programma e la sua tattica.

Indiscutibilmente però la situazione generale – specialmente nel campo sindacale – è gravissima a causa dell’intensificarsi della reazione ed anche per la nuova prova di viltà e di debolezza che stanno dando i socialdemocratici che, dopo aver proclamato “la disfatta della massa lavoratrice”, sono oggi disposti a togliere ogni carattere classista alle Organizzazioni ed a spezzare completamente il fronte unico proletario attraverso allo scioglimento dell’Alleanza del Lavoro.

Evidentemente noi comunisti ci opporremo a questo programma dei riformisti e, per fortuna, anche altre tendenze sindacali, altri partiti – dall’anarchico alla sinistra repubblicana – sono disposti a far in modo che i collaborazionisti non raggiungano i loro obiettivi e perciò il nostro Partito, come ieri per primo ha lanciato la parola d’ordine del fronte unico, deve oggi essere a capo di questa lotta contro coloro che tendono a snaturare il movimento sindacale facendogli perdere ogni direttiva unitaria e classista.

Il nostro Partito, che ha la fortuna di avere ancora intatto il suo patrimonio morale e politico, il nostro Partito che non ha nulla da rimproverarsi per il passatole e nulla da cambiare del suo programma, è oggi perciò chiamato ad una altissima missione; e noi siamo certi che, forti della nostra fede, centuplicando lo sforzo di ognuno di noi, sapremo essere all’altezza di assolvere questo grave còmpito che la storia ci affida.

Cessati gli applausi suscitati dalle ultime parole dell’oratore, alcuni compagni chiedono degli schiarimenti sulla tattica che dovranno seguire i comunisti nella eventualità di una scissione sindacale; e, quindi, dopo brevi parole di risposta del compagno Bordiga, l’imponente riunione viene sciolta.

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