DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

La lettera aperta del Comitato Sindacale Comunista alle frazioni di sinistre militanti nel movimento proletario italiano ha fatto ovunque un’ottima impressione. Finora hanno aderito i terzinternazionalisti ed i sindacalisti della Unione Sindacale Italiana, ma non mancheranno le adesioni degli altri gruppi invitati.

L’obiettivo della iniziativa comunista è evidentissimo: difesa del carattere classista dei sindacati, difesa del fronte unico proletario.

Non si tratta di costituire un fronte unico di sinistra, più ristretto, né tanto meno di creare le basi di una secessione delle forze di sinistra del movimento sindacale: si tratta di una leale intesa tra tutti quelli che sono senza riserva per la unità degli organi sindacali rossi, per l’integrità del fronte unico come sorse nella Alleanza del Lavoro, riorganizzato in una costituzione meglio conforme ai suoi compiti e che ripari le disastrose deficienze constatate.

I comunisti sono per la più vasta base di organizzazione e di azione delle masse, essi sono per la salvezza di quel movimento economico dei lavoratori che è il naturale terreno di seminagione della idea rivoluzionaria, in quanto comprende quegli strati numerosissimi che nelle lotte sociali fanno i primi passi e devono essere guadagnati alla causa dell’emancipazione dei produttori.

Oggi invece, dopo lo sciopero generale, da più parti si trama per distruggere quella indispensabile base di ogni programma rivoluzionario e classista che è il movimento sindacale rosso. Tutti i rivoluzionari, tutti quelli che sono sia pure con divergenti vedute nei metodi e nei processi dell’emancipazione operaia, per la lotta di classe, devono opporre a questi tentativi una azione risolutamente concorde.

Una simile iniziativa ha bene impressionato i lavoratori, poiché si moltiplicano i sintomi del piano di disfattismo sindacale che vorrebbe attirare le masse nella trappola di una federazione di sindacati controllata dallo Stato e dai partiti padronali, e che boicottasse severamente ogni opera di organizzazione e propaganda rivoluzionaria, sabotando al tempo stesso la azione anche più modesta per le rivendicazioni economiche dei salariati.

Sono di ieri il tentativo abortito dei dannunziani, del Sindacato Ferrovieri, il distacco della Unione Italiana del Lavoro dalla Alleanza del Lavoro, i voti di certe federazioni confederali contro la disciplina negli scioperi politici, le interviste dei segretari della Confederazione in risposta ai vieni meco del fascismo, gli equivoci deliberati della Federazione Lavoratori dei porti.

In seguito si è avuta la costituzione del Comitato Sindacale dannunziano – che razza di programmi si celi sotto questo termine nessun saprebbe dirlo: e di questo tema avremo ad occuparci prossimamente – il tentativo del lestofante Giulietti di vendere al fascismo la Organizzazione della gente di mare, di approcci tra De Ambris ed i capi confederali.

Si parla di una Costituente sindacale. Se questa è una Costituente tra le organizzazioni rosse che facevano parte della Alleanza del Lavoro, i comunisti la vedono con entusiasmo e riconoscono in essa la attuazione di un vecchio loro programma. Ma se si tratta della manovra per asservire alle forze borghesi e padronali la massima organizzazione proletaria, i comunisti, e, ne siamo sicuri, tutti gli altri elementi di sinistra, sapranno sventare il piano, pretendendo in ogni caso che prima si aduni il Congresso confederale ove le sinistre, pur differenziandosi nei loro programmi sindacali in modo ben chiaro, avranno il dovere di difendere il carattere rosso della organizzazione ed ogni tentativo di spezzarne la compagine tentato dalla destra che oggi ne conserva ancora la direzione, e che le masse dovranno finalmente condannare con ignominia per la sua opera di tradimento.

Una chiarificazione si prepara: e tanto meglio se essa condurrà alla stessa unità organizzativa dei sindacati operai italiani che sono dei veri sindacati di tipo classista: non corporazioni esistenti a fianco delle analoghe corporazioni padronali in una specie di “democrazia sindacale” o professionale, che potrebbe (abilmente caldeggiata dai reazionari, ed accettata dalla incoscienza di mille sfumature di pseudo rivoluzionari) in una nuova realizzazione di collaborazione di classe, che vedrà l’amplesso di riformisti e fascisti, consolidare le forme della dittatura borghese e del più negriero sfruttamento.

Il motto di questa battaglia a fondo è stato già trovato. Il programma dei disfattisti si è dato all’uso ed abuso dell’aggettivo nazionale, e vuole le organizzazioni col tricolore. Il nostro motto di battaglia è suggestivo quanto semplice: rosso contro tricolore.

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