DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Lo sciopero generale preparato e condotto dall’Alleanza del Lavoro se dall’una parte ha dato la possibilità di dimostrare quanta forza e capacità di azioni vi sia tuttora nel proletariato nonostante due anni di reazione e di violenza e nonostante l’indecisione, l’insufficienza, i tentennamenti dei dirigenti, ha offerto d’altra parte ai nemici dei lavoratori l’occasione di smascherare i loro piani e di iniziare il nuovo periodo della loro offensiva.

Non erano ancora spenti gli echi delle ultime fucilate che i leaders riformisti lanciavano nei privati conversari le prime voci; fallito, secondo il loro ottuso discernimento, l’esperimento del fronte unico delle organizzazioni proletarie classiste, la salvezza del proletariato doveva ricercarsi in un nuovo fronte unico comprendente indistintamente le multicolori organizzazioni italiane, dalla Confederazione generale del lavoro all’Unione Popolare, dai Sindacati economici fascisti alla Federazione lavoratori del mare: cemento di questa costruzione il patriottismo e l’idea “nazione”; nume tutelare: D’Annunzio.

E tosto da ogni parte i preordinati allori di questa nuova indegna commedia, destinata a trascinare le masse ad un più grave servaggio, raccolsero il segnale ed iniziarono la loro opera. Il C.C. del Sindacato ferrovieri scioglie il suo impegno d’onore con l’Alleanza del Lavoro e pone le prime basi di una futura politica dannunziana; il C.C. della Federazione del libro, pur conservando una formale adesione alla Confederazione Generale del lavoro dichiara la propria indipendenza nei confronti delle prossime agitazioni, e, colmo di ignominia, convoca le sue riunioni e delibera in presenza di un rappresentante inviato da una istituzione non solo estranea all’organizzazione, ma ad essa nemica e contrastante per interessi ed idealità.

Spegnere ogni sentimento classista nei sindacati ed accendervi invece la famigerata “lampa” dell’umiliazione e dell’incoscienza e la dichiarata intenzione di coloro che essendo stati incapaci a dirigere lo slancio rivoluzionario del proletariato si avvedono di essere adattatissimi a guidarne lo sbaraglio.

Queste manifestazioni di fellonia proprie dei momenti di esitazioni e di indebolimento delle masse non hanno ancora trovato da parte dei capi autorizzati di queste alcuna risposta ed alcun ostacolo. Dopo lo sciopero generale ai lavoratori essi non hanno rivolta altra voce all’infuori dello scialbo manifesto della Confederazione Generale del lavoro più indicato ad aumentare la loro incomprensione ed a fiaccare ulteriormente la loro fede che a riportarli rapidamente in una situazione di resistenza e di fiducia. E mentre si pensava da alcuno che il Consiglio Generale del Sindacato ferrovieri, approfittando del fatto che appunto nel suo seno più audacemente avevano operato i nemici, avrebbe saputo durante le sue riunioni trovare la parola ferma e la linea sicura dell’azione, per giorni e giorni esso si è avvolto nelle spire di una discussione equivoca ed inconcludente, senza ardire. Non vi è nulla di più pericoloso per il proletariato italiano di questo prolungarsi di un periodo nel quale gli avversari agiscono oramai anche nell’interno delle sue organizzazioni di classe ed esso invece attende vanamente una decisione ed un ordine.

L’iniziativa presa dal Comitato Esecutivo sindacale comunista e dal Comitato Centrale comunista ferroviario, tende per l’appunto a spezzare questa situazione di cose: la ricostituzione delle organizzazioni del proletariato e la difesa del loro spirito classista devono divenire il programma e la parola d’ordine di tutti i sinceri rivoluzionari i quali, constatando l’inerzia colpevole e complice di coloro cui è stata affidato dalla fiducia proletaria il patrimonio delle idealità sovversive, devono riunire i loro sforzi e le loro energie per renderlo pratico ed attuabile.

Nessuna pregiudiziale può essere da chiunque sollevata contro la iniziativa dei Comitati sindacali comunisti; ma tutte le volontà dei fedeli delle gloriose tradizioni classiste italiane devono farne il centro della loro comune azione, tesa a ricostituire, in contrapposto al miserando espediente degli impauriti, la potenza delle organizzazioni e la loro Alleanza.

Milano, 6 settembre 1922

 

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