DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

(Il Sindacato Rosso, 24 giugno 1922)

Quali sono le ragioni per cui nei primi giorni del luglio prossimo a Genova avrà luogo il Convegno del Consiglio Nazionale della Confederazione del Lavoro?

Queste debbono ricercarsi nella crisi che dilania ed ora minaccia di sfasciare o di tra- scinare tutto nel pantano riformista, il PSI.

Il Convegno confederale è la risposta dei riformisti al Consiglio Nazionale del PSI che con esigua, molto esigua maggioranza, se si pensi come è stato eletto questo organo, ha rivotato solennemente (!) l’intransigenza.

Bisogna riconoscere questo però: ora non è tempo d’intransigenza; gli avvenimenti si succedono con tale ritmo che bisogna pigliare una decisa posizione nella scena politica attuale. O la collaborazione col riformismo, o la lotta generale del proletariato con noi comunisti, o il disfacimento completo senza lotta, senza un qualunque tentativo di uscita dalla situazione con il serratismo.

Se la questione fra le due tendenze del partito socialista non c’impressiona affatto c’interessa però una più alta questione.

Darà il proletariato, con la fiducia nei capi della Confederazione, il suo consenso alla tattica collaborazionista e del caso per caso della Confederazione?

Il Consiglio Nazionale della Confederazione si proporrà precisamente all’ordine del giorno, con il comma della tattica, questo problema.

Noi comunisti non possiamo che ripetere ancora il nostro punto di vista, il quale solo è la valutazione essenzialmente proletaria del presente momento storico: niente col- laborazione; niente tattica del caso per caso; preparazione della lotta di tutte le categorie; sciopero generale; fuori i mandarini dai posti direttivi della Confederazione generale del Lavoro; elezione dei veri rappresentati operai.

L’idea dello sciopero generale è ora così popolare, che i socialisti, i confederalisti stessi, pur non volendo che la tattica del caso per caso, per tenere il mestolo debbono parzialmente far[la] propria.

A Genova, al Convegno metallurgico i socialisti che nei pourparler avevano sostenuto la tattica locale, hanno dovuto presentare un ordine del giorno in senso completamente opposto.

Ogni operaio oggi è convinto che solo un’azione di tutte le categorie può salvare la situazione. Tutti i lavoratori sono colpiti dall’offensiva padronale; la loro piattaforma è identica, la coordinazione del loro sforzo è il problema attuale.

Che il riformismo con la collaborazione non possa dare nulla è intuitivo: che può dare un governo socialista in società borghese se non quello che può dare la borghesia? Oggi si tratta che per far trionfare le rivendicazioni dei lavoratori è necessario colpire al cuore la borghesia: e borghese sarebbe un governo socialista con l’appoggio di elementi borghesi e piccolo-borghesi e che non si propone la distruzione totale della borghesia, a cui è concessa la possibilità del mantenimento dell’attuale situazione dei lavoratori.

È necessario ora non solo votare contro la tattica confederalista sindacale, ma poiché riconfermare i capi della Confederazione darebbe loro la possibilità di sorpassare qua-

lunque deliberazione contraria, per attuare la collaborazione, è necessario votare la completa sfiducia nei capi stessi.

Non bisogna avere sentimentalismi. Bisogna votare contro coloro che profittando della posizione che occupano trascineranno il proletariato in braccio alla borghesia, dando il colpo mortale alla organizzazione rossa come elemento politico della classe lavoratrice.

I comunisti non vedono in questo Convegno che un gioco interno di tendenze, un orribile ricatto che fa la destra del partito al Partito, preparando un’esperienza storica per il proletariato, dalla quale forse sì, forse no potrà riaversi, ed acquistare quell’in- dipendenza necessaria per la propria preparazione rivoluzionaria, con la quale solo può ripromettersi l’emancipazione.

Perciò stesso invitiamo il proletariato a pesare le conseguenze di un voto che non chiarisca bene questa situazione: giacché i riformisti approfitteranno dei posti direttivi per attuare la collaborazione, bisognerà sostituirli.

È tempo di incominciare l’azione di riscossa del proletariato: questo potrebbe essere il primo atto. Ogni compagno, ogni operaio convinto che non bisogna più indietreggiare, convinto che l’azione generale del proletariato sola può mantenere l’opera di lunghi anni di lotta, di sacrifici e dolori e che il riformismo ed i riformisti preparano la rovina del proletariato, è tenuto a fare la più ampia propaganda perché a Genova non si con- sumi ai danni del proletariato un tradimento, la cui portata sarebbe ora di una gravità invalutabile nelle sue dolorose conseguenze.

A.M.

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