DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Una delle armi ideologiche più usate dalla classe dominante nel periodo di tempo che va dalla prima guerra mondiale ad oggi, è consistita nella diffusione tra il proletariato della credenza che la forma di governo democratica potesse garantire un stato «giusto», superiore alle classi, sollecito del bene  «comune»,  non stato della borghesia, ma «di tutti». Che questa posizione sia solo una menzogna interessata è stato ampiamente dimostrato in sede teorica e pratica dal marxismo, giacché ogni forma di Stato, anche la democrazia quindi, non rappresenta e tutela se non gli interessi delle classi dominanti. Di qui, per i proletari, la necessità della lotta rivoluzionaria contro la democrazia ed i suoi sostenitori come contro ogni altro sistema di governo basato sulla divisione della società in classi antagoniste; della lotta per la sua abolizione, per la distruzione dei privilegi ch'essa, sotto una illusoria forma egualitaria, difende.

Il tentativo delle borghesie nazionali di aggiogare i lavoratori al carro democratico, che poca presa aveva su un proletariato diretto da un partito genuinamente marxista rivoluzionario, si sono invece largamente diffusi nel movimento operaio in seguito alla degenerazione opportunistica dei partiti della rivoluzione d'ottobre. Gli opportunisti dipendenti dalla centrale moscovita, in perfetta coordinazione di interessi con i capitalisti di occidente, si sono fatti e si fanno premura, abusando del prestigio loro conferito da una lontana tradizione rivoluzionaria e dal nome di cui essi fanno strame, di diffondere questa tabe debilitante in seno al proletariato internazionale, badando semmai a farla precedere dagli aggettivi «vera» e «socialista», quasi che una semplice operazione di ... chirurgia estetico-linguistica potesse cambiare la sostanza dei fatti.

L'incessante evolvere, in seno al modo di produzione capitalistico, delle contraddizioni che esso stesso col suo sviluppo genera, spinse la borghesia dei vari paesi a risolvere con le armi lotte a cui davano i nomi ormai logori di storici principi, come libertà, democrazia, eguaglianza ecc. e che sorgevano invece dalla necessità di distruggere vite umane e prodotti  dei quali, nella loro miopia bottegaia, non potevano più far commercio, e di trarre nuova linfa da un orribile bagno di sangue.

Nella II guerra mondiale, il panorama dei belligeranti presentò una variante: se, nella prima guerra imperialistica, anch'essa bandita come ultima crociata mondiale della democrazia, si levò possente e nuova la voce del proletariato che, iniziando la rivoluzione mondiale, rifiutò la guerra fra stati, la guerra fra operai  sulle cui carcasse si regalavano ricchi sovraprofitti ai mai satolli capitalisti, e abbracciò con ardore i principi della lotta di classe, della guerra rivoluzionaria contro i nemici comuni dei proletari d'ogni paese, questa voce tacque nella seconda carneficina: il proletariato, seguendo i vessilli dell'opportunismo, si scannò sui campi di battaglia, e vedemmo lo Stato che si definiva socialista accettare le alleanze più bastarde e schierarsi sul fronte dell'imperialismo. A venti anni dalla prima, una nuova cruenta battaglia per la spartizione dei mercati riponeva giganteschi dilemmi, dilemmi che non risiedevano in idee e principi immortali, ma balzavano irresistibili dal seno stesso del modo di produzione vigente e non potevano come non possono essere risolti  con la guerra fra stati: ma l'opportunismo, valendosi della sua influenza sul proletariato, lo imbottì di illusioni democratiche, in nome della democrazia lo schierò sui campi di battaglia e nelle file partigiane, inviò i proletari a immolarsi perché sopravvivesse un modo di produzione che era il loro tiranno: illusi dalla chimera democratica, essi si buttarono anima e corpo nella contesa imperialistica.

Terminò la lotta con il consolidamento della democrazia, delle libertà costituzionali, e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Ma già il capitale delineava un nuovo conflitto fra i due imperialismi vittoriosi: Usa e Urss. La menzogna proseguì. La paura di una rinascita del glorioso proletariato tedesco spinse le democrazie a rinfocolare l'odio per lo sconfitto, a seminare la discordia fra gli sfruttati. Ci mostrino, questi signori, le loro mani, esse sono lorde di sangue; svelino il vero volto della democrazia; dicano con quali metodi ci «difesero» dai metodi nazisti; raccontino, i paladini del parlamentarismo d'oltre  Manica, come il leonino Churchill diresse la sua guerra! Forse, qualche proletario ci troverà qualche sorpresa, qualcosa che «stona».

* * *

E' stato recensito in questo giorni (Gazzetta del Popolo, 7.5.1963) un libro su una poco nota azione di guerra dell'aviazione alleata, voluta direttamente da Churchill: il bombardamento di Dresda del 13 febbraio 1945. Il libro è di un inglese, David Irving, si intitola: The destruction of Dresden e reca, come crisma ufficiale, la prefazione addirittura di un Maresciallo dell'aria britannico.

Queste le parole del libro parafrasate dal giornale: «Nella notte del 13 febbraio 1945 la città di Dresda, nella Germania Orientale, fu distrutta da un terribile bombardamento aereo anglo-americano». Gli inglesi effettuarono una incursione alle 22,10 e un'altra all'1,30 di notte. Era stato calcolato che quest'ultimo sarebbe stato il momento buono per colpire con maggiore efficacia, cogliendo la gente in crisi, mentre usciva dai rifugi dopo la prima incursione, mentre i pompieri erano al lavoro, mentre accorrevano le squadre di soccorso da fuori città...

«I bombardieri erano accompagnati da «Mustang» che scendevano a mitragliare la folla nei parchi e sulle rive dei fiumi. I morti furono complessivamente 132.000, più che a Hiroshima ed a Nagasaki... A Dresda furono abbattuti edifici per undici miglia quadrate, quasi tre volte la quantità abbattuta in Inghilterra in tutto il corso della guerra, e la stessa proporzione si applica ancor più abbondantemente al rapporto fra i morti di Dresda e i morti inglesi per bombardamenti aerei tedeschi. La distruzione di Dresda - secondo alcuni pareri - non aveva scopi militari immediati... Quella dimostrazione di potenza distruttiva non era nemmeno servita ai fini politici che Churchill si proponeva in occasione della conferenza di Yalta, perché le condizioni del tempo avevano costretto a rimandare l'operazione dopo il termine della conferenza. Quella operazione aerea e i suoi disumani effetti, sproporzionati ai risultati bellici, inutili ai fini politici, rimasero per lungo tempo sconosciuti agli inglesi.... Churchill faceva dire che non era vero niente. Sapeva invece che era vero tutto». Questi i metodi del famoso statista: prima l'eccidio di una popolazione inerme, poi la menzogna più spudorata. Un'elegante dimostrazione dei metodi democratici!

Ecco, dunque, 132.000 morti in poche ore e la distruzione di una città priva di scopi militari, il tutto per dare «una lezione»! Migliaia di cadaveri a Nagasaki ed Hiroshima, fosse comuni nella steppa, crematori fumanti nella Germania. Potete scegliere: morire per l'Est o per l'Ovest, morire per la democrazia o per il fascismo; ma, ad Est  od a Ovest, con la democrazia ed il fascismo, morti per il capitale. Siano queste montagne di cadaveri una lezione indimenticabile per il proletariato, affinché si riorganizzi saldamente sotto la guida del suo partito e del suo programma, per la lotta senza quartiere contro il capitalismo internazionale, per restituire all'uomo l'identità con la specie.

[Un'osservazione complementare; le armi «convenzionali» sono altrettanto distruttive quanto le armi  nucleari; i pacifisti che vorrebbero l'eliminazione delle seconde e la conservazione delle prime - quelle «pulite» - trovano qui la risposta].   

 

il programma comunista, n. 11, 1 - 14 giugno 1963

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