DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

 

ESERCITO PROLETARIO E BORGHESE

Nello studio dell'esercito proletario confrontato a quello borghese Engels considera tutti gli elementi che ne determinano la forza, tra i quali la devozione al nuovo potere proletario anche da parte degli elementi non proletari di cui si formerà l'esercito e degli stessi ufficiali subalterni provenienti dall'esercito dello stato borghese distrutto dalla rivolu­zione. A creare questo clima contribuiranno "una direzione energica da parte del ministero della guerra, qualche successo e soprattutto i provvedimenti contro qualche caso di ammutina­mento e diserzione".

Siccome il proletariato era ancora poco sviluppato in Francia al tempo in cui scrive, Engels sostiene: "II proletariato non potrà inviare che un debole contingente all'armata attiva; la sorgente essenziale della leva sarà dunque il sottoproletariato ed i contadini". Questa situazione si verificò effetti­vamente per la Russia del 1917: solo il 15% dei componenti l'esercito rosso erano proletari operai dell'industria; la stra­grande maggioranza degli ufficiali proveniva dall'esercito zarista. Grazie alla funzione dei comunisti nell'esercito questo poté essere organizzato e disciplinato e cementato da un entusiasmo ineguagliabile contro le armate degli imperialisti e die de esempi numerosissimi di sacrifici eroici. Engels ha dimo­strato che le armate borghesi rivoluzionarie "ore supponevano, in ragione della loro stessa tattica, un livello di formazione intellettuale (non scolastica, s'intende) più elevata delle armate feudali, e la possibilità di esercitarle.

Vediamo ora la decadenza della forza militare borghese; va da sé che non cerchiamo di battere qui, sulla carta, il nostro nemico! La lotta dei paesi coloniali, che doveva essere storicamente vittoriosa, non è stata per questo meno aspra e sanguinosa. Il proletariato avrà bisogne di tutte le sue forze, di tutto il suo coraggio e di tutto il suo spirito di sacrifi­cio, per vincere.

Se, nel periodo rivoluzionario della borghesia, massività e mobilità delle forze armate si integrano e si completano a 'vicenda, col procedere dello sviluppo capitalistico questi due elementi entrano in opposizione e contraddizione reciproca. Nessun altro principio nuovo interviene: l'aumento smisurato della massa e della mobilità diventano antagonici. Da un lato, la potenza e massa di fuoco si può spostare a velo­cità inaudite (si pensi agli odierni missili), dall'altro vi sono milioni di uomini da spostare.

A conferma di ciò si ricorda che, nell'ultimo massacro mondiale, gli Americani impiegarono ben Quattro anni per preparare lo sbarco di 400.000 uomini, quando vi erano milioni di uomini in lotta. Per contro, con l'aviazione essi poteva­no trasportare con rapidità potenze di fuoco concentrate (bomba atomica) fra un punto e l'altro della terra, e distruggere intere città.

Non possiamo né vogliamo per ora entrare nel dettaglio, in quanto stiamo trattando solo le grandi linee della questione militare, ma ad ulteriore conferma della contraddizione fra i due elementi della massività e della mobilità dei mezzi di guerra, diamo un altro esempio: l'Algeria, Qui la lotta si svolge, in fondo, fra forze rivoluzionarie borghesi algerine e forze imperialiste e reazionarie-borghesi della Francia. Ebbene, queste ultime, pur essendo formate da più di un milione di uomini sostenuti da un apparato produttivo industriale moderno e disponendo di armi ultraperfezionate (della NATO e degli alleati), conducono faticosamente una guerra disperata contro truppe che non vanno oltre i 25 mila armati ma sono sostenute dall'intera popolazione. Dopo 7 anni la "pacifica­zione" non è stata raggiunta ed il mostro imperialista cerca di negoziare la fine di ostilità che minano le sue stesse posizioni nella metropoli!

E' noto pure come in Indocina queste forze moderne siano state battute in tutte le regole dell'arte della guerra. Ta­le è la differenza fra le armate rivoluzionarie della borghe sia in ascesa e quelle reazionarie della borghesia in decli­no !

Guai a te, borghesia!

Resta l'elemento di terrore di classe che fa regnare l'armamento e la militarizzazione crescente dei rapporti sociali. Vediamo quale deve essere l'atteggiamento del proletariato di fronte alle minacce apocalittiche della borghesia.

Engels, nell'AntiDuhring, così pone il problema: "L'arma­mento è divenuto il principale scopo dello stato; esso è diventato uno scopo in sé; i popoli non fanno più che nutrire e vestire i soldati. Il militarismo domina e divora l'Europa. Ma il militarismo porta in sé anche il germe della sua pro­pria rovina. La concorrenza fra i diversi stati li obbliga da una parte a stanziare più denaro ogni anno per le forze arma tè e quindi ad accelerare sempre più la crisi finanziaria, dall'altra a prendere sempre t)ìù in considerazione il servi­zio militare obbligatorio e, in fin dei conti, a familiarizzare il popolo intero con il maneggio delle armi, dunque a rendersi capace, a un dato momento, di far trionfare la sua volontà di fronte a Sua Maestà il comando militare. E questo momento arriva quando la massa del popolo - i lavoratori delle città e delle campagne - acquista una volontà. A questo punto, l'esercito dinastico si converte in esercito popola­re; la macchina si rifiuta di servire, il militarismo perisce per la dialettica del suo proprio sviluppo".

Lenin ri prende esattamente lo stesso filo quando scrive nel 1916 Sulle parole d'ordine del disarmo : "Oggi la borghe­sia imperialista non militarizza solo i popoli interi ma an­che la gioventù. Domani essa procederà alla militarizzazione delle donne. A tal proposito bisogna che noi diciamo: Tanto meglio! Lo si faccia; più si andrà in fretta, più presto ver remo all'insurrezione armata contro il capitalismo. Come dei socialdemocratici possono sentirsi intimiditi dalla milita­rizzazione della gioventù, eco., se si ricordano l'esempio della Comune?". E, rivolgendosi alle donne dei proletari, ci dice quale sarà il loro atteggiamento di fronte a questa militarizzazione crescente sotto l'imperialismo: "Contro di ciò che faranno le donne dei proletari? Si limiteranno a maledi­re ogni guerra e tutto ciò che ha relazione con la guerra, e a reclamare il disarmo? Mai le donne della classe oppressa, che è realmente rivoluzionaria, si accontenteranno di un ruolo così vergognoso. Esse diranno ai loro figli: "Presto tu sarai grande. Ti daranno un fucile. Prendilo e apprendi bene il mestiere della guerra. E' una scienza indispensabile ai proletari, non per sparare sui loro fratelli, gli operai de­gli altri paesi, come si fa nella guerra attuale e come ti consigliano i traditori del socialismo, ma per lottare con­tro la borghesia del tuo proprio paese, al fine di mettere termine allo sfruttamento, alla miseria ed alle guerre, non con voti inoffensivi, ma riportando la vittoria sulla borghesia e disarmandola".

Engels scriveva a Lassalle (Mehring, t.4, p.185): "Viva la guerra, se i Russi ed i Francesi ci attaccano nello stes­so tempo; quando si sarà con l'acqua alla gola, allora, in questa situazione disperata, tutti i partiti, da quelli che dominano oggi a quelli più meschini, dovranno logorarsi, e la nazione, per salvarsi, dovrà infine rivolgersi al partito più energico". E' la trasformazione della guerra tout court in guerra civile di classe.

Fin dal 1848, Engels, in un articolo sulla rivoluzione di Parigi, insegnava il radicalismo al proletariato: "Se gli in sorti avessero impiegato gli stessi mezzi violenti che usaro no i borghesi ed i loro valletti comandati da Cavaignac, Pa­rigi sarebbe in rovina, ma essi avrebbero trionfato",

Nel suo Indirizzo da Londra (marzo 1890) alla Lega dei Comunisti, Marx scrive: "Lungi dal combattere i pretesi eccessi, gli esempi di vendetta popolare contro odiati individui ed edifici pubblici che evocano dei ricordi penosi, bisogna al contrario non solo tollerarli, ma prenderne in mano la direzione"

Non entriamo qui nelle questioni, pur molto importanti, che potranno essere trattate separatamente, quali la famosa "teoria dell'offensiva" (nei primi congressi della III Internazionale) e nella Questione del "disfattismo militare", di cui bisognerebbe mostrare tanto l'efficacia militare quanto il carattere profondamente rivoluzionario e proletario.

Trotsky, nel capitolo "L'influenza della guerra" (v. Di­fesa del terrorismo"), spiega l'effetto della militarizzazio­ne crescente alla quale assistiamo durante la fase imperialista: "L'imperialismo ha strappato di viva forza la società al suo equilibrio instabile... Ha rotto le chiuse con le quali la socialdemocrazia conteneva il torrente d'energia rivo­luzionaria del proletariato e lo canalizzava nel suo letto. Questa formidabile esperienza storica, che di colpo ha spez­zato le reni all'Internazionale socialista, porta in sé nel­lo stesso tempo un pericolo mortale per la società borghese. Si è ritirato il martello dalle mani dell'operaio per rimpiazzarle con la spada. L'operaio, che era legato all'ingranag­gio dell'economia capitalistica, è improvvisamente strappato dal suo ambiente; gli si insegna a situare gli scopi della  collettività al disopra del benessere domestico e della stessa vita. Tenendo in mano le armi che egli stesso ha forgiato, l'operaio è messo in una situazione tale che il destino politico dello Stato dipende immediatamente da lui. Quelli stes­si che in tempi normali lo opprimevano e lo disprezzavano, ora lo adulano e strisciano ai suoi piedi. Egli impara nello stesso tempo a conoscere i cannoni che, secondo Lassalle, costituiscono una delle parti più importanti della Costituzione. Egli verifica i confini dello Stato, partecipa a requisizioni violente, vede le città passare da una mano all'altra sotto i suoi colpi. Nella sua psicologia si producono cambiamenti che la generazione passata non aveva mai visto. Se gli operai d'avanguardia sapevano in teoria che la forza è la madre del diritto, il loro pensiero politico era nero imbevuto di uno spirito di possibilismo e di adattamento alla legali­tà borghese. Ora la classe operaia impara di fatto a disprezzare e distruggere con la violenza questa legalità. Le fasi statiche della sua psicologia cedono alle fasi dinamiche. I mortai inculcano nella classe operaia l'idea che, quando non si può aggirare l'ostacolo, resta però la possibilità di spezzarlo. Quasi tutta la popolazione maschile adulta passa per questa, terribile scuo1a di realismo che è la guerra, creatrice di un nuovo tino umano.

"Su tutte le norme della società borghese - col suo diritto, la sua morale e la sua religione - è oggi sospeso il pu­gno della necessità di ferro. "Necessita non ha legge", di­chiarava il cancelliere tedesco il 14 agosto 1914. I monarchi scendono in piazza ad accusarsi, in un linguaggio da carrettiere, di perfidia. I governi calpestano gli obblighi che avevano solennemente contrattato; e la chiesa nazionale incatena il suo Dio, come un forzato, ai cannoni nazionali.

"Non è evidente che queste circostanze devono provocare un cambiamento profondo nella psicologia della classe operaia, guarendola radicalmente dall'ipnosi della legalità, in cui si rispecchiava, un'epoca di stagnazione politica? Le classi possidenti dovranno ben presto convincersene con orrore. Il proletariato che è passato ben presto per la scuola della guer­ra pentirà, al primo ostacolo serio nel suo stesso paese, il bisogno imperioso di usare il linguaggio della forza. "Necessità non ha legge", dirà in faccia a coloro che tenteranno di fermarlo in nome degli imperativi della legalità umana. E la miseria, la spaventosa miseria che è regnata nel corso di questa guerra, e dopo la sua fine, spingerà le masse a calpestare molte, molte leggi. Malheur a toi, bourgeoisie! Guai a te, borghesia."

 

 

Partito Comunista Internazionale
(
il programma comunista, n. 01,1962)

 

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