DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il governo della nostra amata Repubblica, quello formato dalla Lega e Cinque Stelle, ha lasciato Palazzo Madama sommerso dalle critiche riguardo alla mancata promessa di tagliare il debito pubblico con le privatizzazioni. L’ex governo gialloverde, infatti, aveva sostenuto che, dalla vendita di beni di Stato, avrebbe guadagnato circa 18 miliardi e addirittura aggiunto un punto percentuale al Pil. Ma di tutto questo non si è visto traccia, anzi, sono stati promessi aiuti ad Alitalia, alle banche (Carige) e al polo nazionale delle costruzioni attorno al gruppo Salini.

Ecco che allora i fanti intellettuali e i cavalleggieri economici sono scesi sul terreno di battaglia al grido di: “Ma quali privatizzazioni? solo salvataggi di Stato!”, e intonano il vecchio motivetto stonato del “libero mercato in libera concorrenza” e decretano, con cori gregoriani, l’assoluta condanna contro la globalizzazione, la finanza (quella piratesca) e il monopolio.

 

Siamo alle solite: a ogni fine governo la stessa litania. Pensiamo al “governo Gentiloni” (2017): solo 6,6 miliardi di privatizzazioni; e al governo Renzi (2014): un obiettivo di 11 miliardi mai portato a termine. Fanti e cavalleggeri, bugiardi e ipocriti: i soldati del capitale sanno bene qual è il vero ruolo dello Stato borghese e gli resta sullo stomaco una cosa indigesta che nemmeno un bicchiere di bicarbonato smuove: la teoria marxista dello Stato.

Una teoria semplice semplice, che dimostra come lo Stato democratico non sia un arbitro che fischia i falli di giuoco tra capitalisti e espelle chi entra duro sulla gamba, e nemmeno il garante del quieto vivere sociale, assicurando il campionato di calcio e la lotteria di Epifania. Esso è sì garante, ma, tramite leggi e polizia, del sistema economico capitalistico: una grande azienda che applica, socialmente, il liberalismo borghese.

E allora via! Saliamo sulla macchina del tempo e andiamo a vedere che cosa bolle in pentola, su quella fiamma che caratterizza il periodo tra il secolo XV-XVI… E troviamo che il Medioevo, ormai, ha concluso la sua recita e sta abbandonando il palcoscenico della storia, lasciandolo alla nuova struttura nascente che prende forma con lo sviluppo del capitale manifatturiero, per lo più sulle coste e nei porti, grazie alla conquista commerciale e coloniale che si sta sviluppando in maniera esplosiva. Tutto questo progresso, tutto questo accrescimento, è anche conseguenza dell’eredità del Medioevo: due capitali, uno usuraio e uno commerciale, che maturano nelle più svariate forme produttive. Ed è da questo che il denaro diventa capitale e proprietà personale di chi ha avuto la fortuna di possederlo e si trasforma in “piede di porco” per scardinare le ultime difese del regime feudale, sia nelle campagne che nelle città: finalmente, il capitale diventa capitale industriale.

Allora, a questo punto del viaggio, apriamo il nostro taccuino e troviano la nota “Stato”; e, con gli occhialoni e il foulard che svolazza, guardiamo in basso e vediamo che lo sviluppo prepotente dell’economia ha consolidato, prepotentemente, anche, la figura dello Stato: è come un doberman a guardia dell’economia e della politica, pronto ad azzannare i polpacci di quanti possono minacciare. Lo Stato è in grado di gestire la società con la legislatura, l’amministrazione, la polizia e il tribunale. Come un sarto, realizza su misura leggi perfette per il capitale.

Pescando nel mare degli esempi, ricordiamo quando Londra diede alla Compagnia inglese delle Indie Orientali il “monopolio” esclusivo del commercio del tè: una nave non della Compagnia, che trasporta tè, viene beatamente bombardata. O ricordiamo Federico di Prussia che costringe gente libera a incatenarsi nelle industrie tessili del governo. Lo Stato è, ormai, anche in grado di iniziare a giocare a Monopoli: tra Vicolo Stretto e Vicolo Corto.

Ora però, facciamo dietro front: una grande virata ed eccoci sulla rotta del ritorno. Sotto di noi scorrono nuvole bianche, verdi campagne, alte montagne, e dal localizzatore di bordo vediamo  che stiamo sorvolando l’inizio del sec. XX.

“Capitano, rallenti… rallenti… C’è una cosa familiare… Scenda ancora un po'… Sì, sì, è lui! Lo Stato ‘Doberman’!”. E con meraviglia notiamo che non è più solo, ora ha molti fratelli: lo sviluppo smisurato dell’industria ha aumentato il bisogno di materie prime, accrescendo la competizione: capitale contro capitale, bandiere contro bandiere, Stati contro Stati. Il “Doberman” ha tanti altri “Cani” che abbaiano e mordono. Il capitale stesso è cambiato, è diventato finanziario, bancario, in poche parole è diventato adulto: imperialista. Anche lo Stato, con sciarpa ultrà dei colori della propria squadra del cuore, continua la sua partita al Monopoli.

E tra Alberghi, Case e Vicolo Corto, conia il suo marchio dell’era capitalista, creando il “Debito Pubblico”. In pratica, trasforma il denaro improduttivo in denaro produttivo dato in prestito, innescando reazioni come le seguenti:

  1. La sua internalizzazione come sistema di credito.
  2. Un sistema tributario sempre più idoneo ai prestiti, visto che le tasse sono il sostegno principale del “Debito Pubblico”.
  3. L’accumularsi di debiti contratti l’uno dopo l’altro costringe il Governo all’aumento delle imposte.
  4. La creazione di espedienti sempre originali nel dar vita a nuovi tributi.
  5. Creare fonti di entrata fisse come l’imposta sulla benzina e l’Iva.
  6. La nascita di un ceto di creditori che non danno niente allo Stato, poiché la somma prestata viene trasformata in obbligazioni facilmente trasferibili e usate, continuamente, come denaro contante.
  7. Un dono, un capitale piovuto dal cielo, che crea finanzieri, appaltatori, commercianti, intermediari: in una parola, ha fatto nascere il gioco in borsa.

Bene, il nostro viaggio è finito, siamo atterrati. Resta solo il rammarico di non aver portato con noi i fanti e i cavalleggeri… Ma, pensandoci bene, non valeva la pena: lasciamoli con lo stomaco sotto sopra! Anzi, lasciamoli a ingoiare un bel panino con burro e strutto, farcito con la seguente riflessione: “Lo Stato è garante della favola dell’equivalenza tra lavoro fornito dall’operaio e il suo salario. E’ il negatore che il plus-valore defrauda il salario”.

Ora si che il loro stomaco s’è riappesantito!

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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