DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

L'Osservatorio interno della Cisl del Friuli Venezia Giulia a luglio 2019 rilevava, tra le aziende sindacalizzate, ben 67 coinvolte da percorsi di crisi, 35 delle quali nella provincia di Udine. Su un totale di oltre 10mila lavoratori impiegati in quelle realtà, quasi 6mila risultavano sotto ammortizzatore sociale o già sottoposti a procedura di licenziamento. Il solo comparto metalmeccanico registrava circa 1.900 addetti in difficoltà, seguito da tutti gli altri (dalle telecomunicazioni all’agroalimentare, al legno-edilizia, bancari,  commercio, ecc.). Udine, con 35 aziende individuate, è la più colpita. Da rilevare che questi dati sono riferiti solo alle aziende in cui la Cisl è presente.

Alla base delle difficoltà, secondo la Cisl, c’è una mancanza di ordinativi, aggravata da scarsa liquidità (evidentemente il credito in tutte le sue forme stringe la borsa), ma questi sono solo gli effetti di un contesto generale in cui si fa sentire il peso della concorrenza estera e delle azioni protezionistiche che si stanno generalizzando. Gli ammortizzatori sociali  (cassa integrazione ordinaria, straordinaria, contratti di solidarietà) sono gli strumenti più utilizzati dalle aziende per far fronte alle difficoltà contingenti, ma alcune sono già ricorse ai licenziamenti e ad  altre misure (ferie forzate, ritardi di pagamento degli stipendi o degli straordinari).

La crisi continua dunque a mordere, senza che per altro si manifestino reazioni significative tra i lavoratori.

Allargando lo sguardo al decennio post crisi, risulta che l'unico settore in crescita è stato il terziario. In tutti gli altri settori si sono perse 8mila imprese (-19%). Reggono le aziende più forti votate all'export come la Fincantieri Monfalcone, impegnata in trattative di fusione con la STX francese, e i gruppi Pittini e Danieli (acciaio e meccanica). La Danieli si colloca ai primissimi posti nel mondo nel settore della produzione di macchinari innovativi per le acciaierie e nella fornitura chiavi in mano di mini impianti siderurgici. Tuttavia anche questo gruppo di punta sta ricorrendo alla cassa integrazione nello stabilimento che produce acciaio (Abs). L'altro grande gruppo siderurgico, la Pittini, reagisce alle difficoltà del mercato internazionale, ai dazi, alla crisi dell'auto tedesca e alla concorrenza cinese con forti investimenti e acquisizioni anche all'estero. Il tessuto industriale regionale tiene ancora grazie a queste grandi società, e a gruppi più piccoli, ma con dotazioni di stabilimenti all'estero, che producono all'insegna dell'innovazione tecnologica.

In altri casi procede la terziarizzazione dell'economia. Lo storico impianto siderurgico della Ferriera di Servola (Ts), già industria pubblica poi passata in varie mani private, sta per essere in parte smantellato, anche in ragione di un impatto inquinante non lontano dai livelli dell'Ilva di Taranto, che ha suscitato in passato molte proteste tra i residenti. L'impianto di altoforno sta per essere chiuso, mentre rimarranno in funzione gli stabilimenti più moderni ed efficienti, tra i quali il nuovissimo laminatoio. Qui fino a oggi lavoravano una ventina di operai, tutti giovani (il più vecchio ha quarant'anni) e con contratti a termine prossimi ad essere trasformati in contratti a tempo indeterminato. Vana speranza: alcuni di loro hanno già ricevuto la lettera di benservito che ai restanti arriverà a febbraio. Il piano prevede che vengano sostituiti nel laminatoio dagli operai più anziani occupati nella vecchia ferriera che sta per cessare l'attività. Al momento la Fiom ha solo ventilato la possibilità di una mobilitazione in difesa di questi giovani operai, molti dei quali con una famiglia da mantenere. D'altra parte non si tratta, tecnicamente, di licenziamenti, ma di contratti in scadenza. In compenso paròn Valduga, in uno slancio paternalistico vecchia maniera, si è impegnato a trovare per loro un'occupazione in una azienda regionale distante una cinquantina di chilometri da Trieste. Le speranze che ormai il capitale può suscitare sono sempre all'insegna del... peggioramento, quando non si rivelano illusorie.

Questi operai hanno potuto parlare delle loro storie personali, senza molti filtri, negli studi di un'emittente locale. Colpiva sentirli raccontare l'iniziale entusiasmo per l'assunzione in una grande azienda, spesso dopo esperienze lavorative all'insegna della precarietà nel terziario, l'energia e l'impegno nel far funzionare il nuovo laminatoio, la speranza –  a un certo punto quasi una certezza – di vedersi confermati, anche in ragione dell'esperienza accumulata. E infine l'incredulità per una soluzione che li getta sulla strada. Ecco il moderno proletario “usa e getta” su cui si regge l'impalcatura fatiscente del capitalismo all'ultimo stadio, alla prese con un declino irreversibile. Sullo sfondo una città dal grande passato internazionalista, oggi indifferente, o forse semplicemente ignara della sorte di questi reparti di una classe operaia sempre più divisa e frammentata, ridotta numericamente nelle sue truppe dislocate nella fabbriche, ma estesa su tutto il territorio in una miriade di occupazioni, spesso senza garanzia di continuità.

Così va in scena un altro dramma, di proporzioni assai ridotte rispetto a quello degli operai dell'Ilva di Taranto, ma ancor più grave per chi vi è coinvolto in quanto si consuma nell'isolamento e senza i riflettori dei media nazionali, come avviene quotidianamente e con sempre maggiore frequenza in una società dominata dalla logica del profitto e arenata nel pantano della sovrapproduzione.  

L'area a caldo della Ferriera dovrebbe lasciare il posto a un ampliamento del porto di Trieste che prevede la costruzione di un grande molo per l'approdo di navi container e di un polo ferroviario di collegamento intermodale. Questa riconversione rientra nella funzione strategica nei traffici internazionali che la città dovrebbe rivestire nel prossimo futuro. In questa prospettiva è in atto la competizione tra grandi società cinesi e mitteleuropee, portatrici di interessi strategici concorrenti, per assicurarsi gli appalti per gli investimenti. Tornando al fronte operaio, in ottobre il porto è stato bloccato per 24 ore da uno sciopero di protesta per la morte di un addetto in un incidente, a conferma del peggioramento delle condizioni di lavoro che continua a dispetto dei proclami e degli impegni solenni di politici e sindacati. La protesta è rientrata dopo la concessione di qualche piccola miglioria nelle dotazioni di sicurezza e soccorso. Anche il fronte padronale ha i suoi problemi, per quanto di natura assai diversa. Se i proletari sono impegnati nella lotta quotidiana per sopravvivere, i padroni lo sono nella lotta per il potere. Nella Confindustria regionale si è verificata una frattura, con le sedi di Trieste e Pordenone strette in un'alleanza che esclude la Confindustria udinese. L'alleanza prelude alla fusione e alla nascita della Confindustria Alto Adriatico e, in prospettiva, di un'unica rappresentanza confindustriale regionale, alla quale per il momento la componente udinese non intende aderire. Sembra di capire che il dissenso nasca fondamentalmente da visioni differenti tra Udine e Pordenone sull'attribuzione delle... poltrone nei futuri organismi.  Ma questo dissidio è solo un intoppo nel processo di adeguamento dell'ente che rappresenta i padroni locali alle prossime sfide della competizione mondiale, che impongono una riorganizzazione per rafforzare le capacità di pressione sulle istituzioni pubbliche e ottenere sempre più ampie agevolazioni e disponibilità di servizi all'impresa.

Immigrazione

I rappresentanti sindacali della Trieste Trasporti, l'azienda impiegata nei servizi straordinari di transito verso le strutture di accoglienza degli immigrati entrati illegalmente dal confine sloveno, hanno inviato una lettera alle autorità locali, avente come oggetto «immigrati clandestini», in cui si dà l'allarme per un “rischio sanitario” legato all'assenza completa di controlli sanitari sui migranti che utilizzano mezzi pubblici. La lettera ha suscitato scalpore perché tra i firmatari c'è anche il rappresentante della Cgil, sindacato che notoriamente sbandiera una grande sensibilità sul tema immigrazione. Imbarazzo nel sindacato e immediato intervento del presidente leghista della Regione che ha colto la palla al balzo per chiedere al governo centrale più pattuglie ai confini e la costruzione di barriere fisiche. In effetti, nonostante i controlli il confine con la Slovenia è tornato ad essere un colabrodo, e la questione immigrazione continua ad alimentare le destre, dalla Lega ai fascisti. Casapound ha aperto una nuova sede a Udine, in un quartiere che era considerato in passato “di sinistra” e dove ancora si tiene una manifestazione “antifascista”  la sera del 24 aprile di ogni anno. Un esponente di una formazione di estrema destra è stato eletto presidente di un quartiere periferico della città, sorto con i piani di edilizia popolare. Tra le iniziative recenti promosse dal presidente, per rallegrare il grigiore dei condomini-alveare, un murales che celebri il “sacrificio degli alpini”. Se questo non è promuovere l'arte e la cultura...

Queste cronache testimoniano degli effetti del problema migratorio sul clima generale che si respira.  L'incapacità politica, o la non volontà, di gestire la questione dei migranti per tutti quegli aspetti che non sono funzionali al loro sfruttamento diretto o al loro utilizzo come fonte di profitto per altre vie, istituzionali o criminali, va a tutto vantaggio del capitale: anche tra i lavoratori autoctoni cresce l'insofferenza verso un fenomeno che incide direttamente su quanti vivono in realtà più popolari e periferiche e rafforza tra questi l'influenza di formazioni che agitano i temi della sicurezza e dell'identità. Per questa via cresce la presenza delle destre e, assieme ad essa, la tolleranza verso forze dichiaratamente fasciste e xenofobe. Di recente da queste parti si è presentato il discutissimo filosofo russo Dughin, un autentico fascista che si definisce nazionalbolscevico, invitato in pompa magna per una conferenza, per altro affollatissima, sul tema del sovranismo.

Tanto per rallegrare ancor di più il clima, la giunta comunale leghista ha deciso di aumentare ulteriormente la dotazione di armi della polizia locale, già munita di pistola, manganello e spray al peperoncino. Ora arrivano il taser e i cani.

Mentre si addensa quest'atmosfera di insicurezza e declino, effetto congiunto di crisi economica, impoverimento, aumento della criminalità, si fa fatica a trovare un segnale di controtendenza che provenga dai proletari, privi di qualunque rappresentanza politica e ingabbiati nelle pratiche sindacali di routine. Poco a poco si diffonde la percezione che identifica il nemico nell'immigrato e l'insofferenza verso quelli che ne prendono le difese richiamando astratti diritti e valori umanitari, ma nulla dicono contro lo sfruttamento generalizzato, indifferente alle etnie ma esperto nel farne un uso strumentale, che marchia questa società. In attesa di una nuova recrudescenza della crisi dell'economia mondiale, niente è più funzionale agli interessi capitalistici che deviare le tensioni dal solco del conflitto di classe e indirizzarle al “nemico” di turno. Un'operazione che qui, purtroppo, per il momento paga.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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