DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Ovunque nel mondo, le nostre condizioni di vita e di lavoro sono sotto attacco e avanzano a grandi passi la militarizzazione e il controllo statale delle nostre vite, con l'accompagnamento ideologico di nazionalismo, sciovinismo, ostilità nei confronti dello “straniero”, sessismo: in altre parole, divisione all'interno della classe proletaria. Tutti i partiti borghesi – di destra come di “sinistra” – elaborano o hanno elaborato riforme del mercato del lavoro, come la Loi Travail in Francia, il Jobs Act in Italia, l'Agenda 2010 in Germania; oppure progettano ulteriori inasprimenti con l'unico obiettivo di rendere flessibili le condizioni di lavoro, aumentare la pressione sulla classe lavoratrice, comprimere i salari. In una parola, aumentare lo sfruttamento dei lavoratori salariati! Ma, in tutto il mondo, quei partiti sono poi concordi e uniti anche in un altro senso: nel potenziare sempre di più l'apparato repressivo con il consolidamento dello stato d'emergenza (per esempio, negli USA, in Francia, in Germania, in Turchia, ecc.), nel dotare l'apparato poliziesco e giuridico di sempre maggiori strumenti speciali di intervento, come l’arresto preventivo, l’uso del Taser, l’inasprimento delle leggi. Là dove la classe proletaria è più combattiva, come ad esempio in Italia tra i lavoratori spesso extracomunitari ultra-sfruttati nel ramo della logistica, là dove le condizioni di lavoro risultano ancor più miserabili – ecco che le lotte vengono contrastate dallo Stato con il ricorso alla violenza poliziesca e alla repressione giudiziaria. Anche diffuse proteste “popolari” come quella dei gilet gialli in Francia, nelle quali si manifesta un indistinto malumore nei confronti dei rapporti capitalistici e a cui hanno partecipato anche lavoratori salariati, servono allo Stato come campo d'esperimento per nuove misure repressive e di esercizio del potere.

Alla base di quest'attacco sempre più acuto alle nostre condizioni di vita e di lavoro c'è la crisi strutturale in cui si trova il capitale a partire dalla fine del ciclo di accumulazione del secondo dopoguerra, fin dagli anni '70 del '900. L'accresciuto sfruttamento della nostra merce forza-lavoro corrisponde al tentativo del capitale di venire a capo di questa crisi, insieme ad altri provvedimenti politico-economici come la crescita del debito pubblico con investimenti in opere pubbliche e nelle spese militari e una sempre più estrema politica finanziaria e degli interessi. Che alcuni paesi godano di una situazione economica migliore di altri (come per esempio la Germania rispetto all'Italia) non cambia il fatto che si sia ancora immersi in questa crisi, a cui il capitale reagisce intensificando gli attacchi alla condizione sociale, fintanto che la classe proletaria lo permetterà. Finora, i tentativi di opporsi al capitale sono rari e per lo più con scarsi risultati: la classe lavoratrice non dispone ancora di strutture sindacali indipendenti, e al contrario è paralizzata dall'azione dei sindacati ufficiali legati allo Stato e dell'ideologia democratica.

Attraverso scioperi senza preavviso, senza limiti di tempo, senza riguardo per gli interessi della nazione, dello stato, della “propria” impresa, che sfocino in scioperi generali, la nostra classe possiede tuttavia la forza necessaria per esercitare una pressione sul capitale e quindi opporsi ai suoi attacchi, colpendo ciò che più gli sta a cuore: il profitto. Per questo la classe proletaria deve organizzarsi collettivamente in organismi di lotta, con cui rompere la pratica del patto sociale e contrapporsi a tutte le istituzioni borghesi, i sindacati e i partiti, perseguendo i propri interessi con forza e indipendentemente dalle “esigenze” del capitale e della nazione. Questa dinamica, però, può svilupparsi soltanto attraverso le lotte e non sedendosi a tavoli di trattative.

Ma, per poter passare al contrattacco, è necessario che, accanto a questi rinati organismi proletari di difesa economica, operi l'organizzazione politica del proletariato, che rappresenta l'esperienza storica di quelle stesse lotte e imprime a esse una prospettiva rivoluzionaria, poichè l'attacco del capitale può essere respinto solo fino a un certo punto sul piano sindacale. L'approfondirsi della crisi capitalistica condurrà inevitabilmente ad attacchi sempre più violenti, a guerre, espulsioni e devastazioni. L'unica prospettiva per mutare qualcosa in tutto ciò è il contrattacco politico generale, la presa del potere politico e la battaglia per istituire una società senza classi. E' per questa prospettiva che sono necessari e urgenti il rafforzamento e il radicamento ovunque nel mondo della guida del processo rivoluzionario: il Partito comunista internazionale.

Respingere l'attacco del capitale! Organizzare la risposta proletaria!

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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