DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

L’annuale incontro a Berlino. I tre giorni passati, a metà giugno, con i compagni della sezione di Berlino sono stati molto intensi e molto proficui. Oltre a un utile aggiornamento sul lavoro in corso da parte della sezione, sulla programmazione del prossimo numero di “Kommunistisches Programm”, sulle traduzioni e gli articoli programmati e sui nuovi interessanti contatti nell’area di lingua tedesca, un’intera giornata è stata dedicata al rapporto centrale già tenuto nei mesi scorsi nelle Riunioni Interregionali in Italia, sul tema della necessaria e netta delimitazione politica dalle altre formazioni che dicono di rifarsi all’esperienza della Sinistra Comunista “Italiana”, ma che in realtà se ne distaccano su molti punti di fondamentale importanza, anche se tali possono non apparire all’esterno: il ruolo del partito in rapporto alla classe proletaria, il senso del centralismo organico, il significato dell’anonimato e il “perché non siamo ‘bordighisti’”. I tre giorni si sono poi conclusi con un incontro pubblico. Il tema scelto dai compagni tedeschi era “L’integrazione del ’68 nello Stato del Capitale. A che cosa serve oggi la ‘critica allo Stato’ di Johannes Agnoli?”: prendendo lo spunto dalle opere di questo sociologo che ebbe (e purtroppo pare che continui ad avere) una rilevante influenza sui movimenti “di sinistra”, specie di matrice e orientamento autonomi, i compagni hanno sottolineato che “anche oggi si ripresenta un problema centrale del ’68: il fatto che le posizioni critiche nei confronti di Stato, democrazia, parlamentarismo vengono condotte in modo astratto, mentre poi nella pratica molti sostenitori si comportano in modo opposto e di fatto divengono sostenitori dello Stato, della nazione, del capitale”. Così, i “sinistri” fanno “fronti popolari con le forze borghesi fino all’aperto sostegno elettorale (Syriza in Grecia, Podemos in Spagna, Potere al Popolo in Italia, la ‘Die Linke’ in Germania)”. Con ampi ricorsi ai testi classici di Marx, Engels, Lenin e della Sinistra Comunista, i compagni hanno ribadito che “criticare da sinistra lo Stato significa, sia in teoria che in pratica, critica fin dalle fondamenta i rapporti sociali: partendo dalla realtà di una società classista, dalla condizione di crisi insita nel capitalismo, dagli attacchi giornalieri alle nostre condizioni di vita e di lavoro e dal crescente pericolo di guerra mondiale, fino a sfatare i miti borghesi del ‘principio democratico’, dell’‘antifascismo democratico’, della ‘democrazia parlamentare’, del ‘legalismo’, ecc. ecc., e così arrivare alla preparazione della lotta di classe aperta contro tutte le istituzioni statali borghesi”. L’incontro ha riscosso un buon successo di pubblico: una ventina di presenze e, al termine, un’ora abbondante di domande e risposte.

Alla manifestazione nazionale dell’USB a Roma. Sabato 16 giugno, si è svolta a Roma una manifestazione nazionale indetta dall’USB (“Contro le disuguaglianze sociali”), cui hanno aderito diverse sigle politiche strettamente connesse con quell’organizzazione: in primo luogo, Potere al Popolo e Rete dei Comunisti. Mancavano gli altri sindacati di base, per esempio il S.I. Cobas. Altre sigle presenti erano il PCL, il PCI, il PRC, l’ANPI, Sinistra anticapitalista, CSA Intifada, Sinistra Classe Rivoluzione, Solidarietà Attiva, Officine Civiche, alcuni esponenti della CGT, Eurostop (che sta nella Rete dei Comunisti e in Potere al Popolo), DA (Democrazia atea)… Scarsa la partecipazione: 3000 persone circa. Il corteo è partito da Piazza della Repubblica e si è concluso a Piazza San Giovanni con comizio finale. Dal palco ha parlato, tra gli altri, l’oramai popolare e molto presente nei media Soumahoro Aboubakar, che fa parte dell’Esecutivo Nazionale Confederale USB. Del tutto insufficienti le parole d’ordine: “Lotta alle disuguaglianze sociali” [sic!], “Redistribuzione del reddito”, “Prima gli sfruttati” [??], e altre amenità simili. Pochi i riferimenti ai criminali fatti di San Ferdinando culminati nell’assassinio del bracciante-schiavo Soumaila Sacko, o all’esigenza sempre più pressante della difesa intransigente delle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori e dell’unità del fronte di lotta. La sezione romana era presente con la distribuzione della nostra stampa e del volantino “Di nuovo Rosarno. Nella fogna del cambiamento” (riprodotto in altra parte di questo giornale). Scarsa possibilità di contatto con i manifestanti quasi tutti inquadrati nell’USB e restii ad aprirsi per uno scambio dialettico: in generale, poco ricettivi e qualcuno addirittura infastidito se si provava a offrirgli il volantino. Niente a che vedere con i lavoratori stranieri, partecipativi e comunicativi delle precedenti manifestazioni, come i lavoratori della logistica e delle manifestazioni indette dal S.I. Cobas.

Lo sappiamo: la nostra classe è debole, dispersa, frammentata, divisa al suo interno tra disoccupati e occupati, tra lavoratori precari e lavoratori “garantiti”, tra immigrati e autoctoni. Ma proprio per questo è urgente più che mai la rinascita di un fronte per l’unificazione delle lotte proletarie, contro le illusioni parlamentaristiche, contro le divisioni etniche e categoriali, contro le parole d’ordine fuorvianti quali la redistribuzione del reddito, il salario minimo garantito, ecc., che servono solo a coprire il meccanismo centrale dello sfruttamento capitalistico e l’offensiva anti-proletaria sempre più pesante. Nella prospettiva, come si diceva anche nel nostro volantino, di “gettare le basi di un sindacato unitario intercategoriale”. Contro l’attacco antiproletario è necessario, lo ripetiamo, il superamento delle logiche corporativistiche che si palesano nell’estrema frammentazione del sindacalismo di base, della divisione tra i proletari, della dispersione del fronte di lotta. E naturalmente nella sempre maggiore consapevolezza “della necessità urgente del radicamento del partito comunista internazionale”.

Un incontro pubblico a Milano. Il 21 giugno, presso lo spazio Ligera di via Padova 133, la sezione di Milano ha organizzato un incontro pubblicodal titolo: “Imperialismo, guerra, risposta proletaria”. Il compagno incaricato della relazione ha esordito richiamando la definizione di imperialismo per noi comunisti: ovvero quella tendenza insita nel capitalismo che, con il suo sviluppo, tenta di contrastare la caduta tendenziale del saggio di profitto – a differenza dell’opportunismo che confonde l’imperialismo sostanzialmente con l’aggressività militare di uno Stato a danno di un altro,  nella migliore delle ipotesi un’analisi riduttiva. Nell’analisi marxista, invece, l’imperialismo si caratterizza soprattutto per la sua capacità di esportare il modo di produzione capitalistico anche attraverso l’investimento finanziario. La relazione ha poi ripercorso le principali fasi storiche che hanno visto l’affermazione su scala planetaria del capitale e del suo modo di produzione, soffermandosi in particolare sul periodo di metà ‘800 in cui l’imperialismo si caratterizza come espansione coloniale con il dominio diretto dei mercati conquistati costituiti da paesi arretrati, non ancora capitalisti. Da qui, ricordando l’analisi che di quel fenomeno fece Rosa Luxemburg, si è passati a ripercorrere la nascita delle borghesie nazionali, il loro sviluppo ed il conseguente crollo delle dominazioni coloniali a seguito delle lotte di liberazione, un ciclo sostanzialmente conclusosi a metà degli anni ’70 del secolo scorso: una storia di espansione sempre più pervasiva e feroce del capitale che ha visto dapprima come potenza dominante l’Inghilterra, poi gli Stati Uniti ed oggi la Cina. Si avvicendano quindi le potenze dominanti, ma rimane invariato il modo di produzione, e la storia ci ripropone lo scontro interno al mondo capitalistico tra liberalismo e protezionismo, frattura incolmabile destinato a sfociare in una nuova guerra inter-imperialistica. Ogni borghesia, attraverso il proprio Stato, svolge la funzione di conservare il proprio potere e difendere il proprio interesse. E lo fa con il monopolio della violenza, che si esercita sia con repressioni vere e proprie, sia con la forza dell’ideologia, grazie all’uso di organismi che non ti reprimono direttamente, ma che ti illudono e ti comprano: per esempio, il populismo, che non è altro che una forma di nazionalismo.

Al termine di questo excursus sono stati ribaditi i compiti dei comunisti: rimanere ancorati alla critica dell’economia politica, innanzitutto; contrastare l’ideologia dell’opportunismo; combattere la “nostalgia della democrazia” che va diffondendosi sempre più; smascherare il volto dittatoriale del sistema democratico borghese che anche nel periodo di cosiddetta pace continua a reprimere attraverso la scuola, con i sindacati corrotti, con la pace sociale garantita grazie a un sempre meno ricco “welfare state”. Al termine dell’incontro , vari interventi hanno sottolineato l’importanza della nostra propaganda all’interno della nostra classe, che è sempre più esposta alle sirene democratiche che la portano a difendere il riformismo “buonista” contro il populismo reazionario, non vedendo che quest’ultimo attua le stesse misure antiproletarie, ma in modo diretto e meno subdolo. Anche se oggi siamo una minoranza, non ci dobbiamo arrendere e dobbiamo riproporre attraverso l’organizzazione una prospettiva di ripresa della lotta rivoluzionaria.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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