DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Dal Belgio: tutto il mondo (capitalista) è paese

Un simpatizzante belga ci ha inviato di recente parecchi materiali sulla situazione sociale in quel paese. Da essi risulta in maniera molto chiara come tutte le borghesie nazionali facciano fronte comune nel reprimere spietatamente il proletariato, partendo dai settori più vulnerabili e operando così in base al « divide et impera ». In particolare, fra i materiali ricevuti, significativa è l'intervista a un militante che da sempre è in prima linea in uno dei numerosi organismi di base nati per contrastare quest'operazione di repressione e di divisione del proletariato fra « garantiti » e disoccupati, uomini e donne, e soprattutto fra lavoratori indigeni e migranti o immigrati – nella fattispecie, la Marche des Migrant-e-s de la Région du Centre (suo, fra i materiali ricevuti, il volantino intitolato “Politica migratoria: un contesto nazionale ed europeo nauseabondo”). Cercheremo di sintetizzare l’intervista, in attesa di ulteriori elementi cui far riferimento.

Si parte dunque da un episodio del maggio scorso, quando alcune volanti della polizia hanno inseguito e fatto fuoco su un camioncino che trasportava alcune famiglie di sans papiers (senza documenti), uccidendo una bimba di due anni. La persecuzione dei sans papiers è continua e spietata: da un lato, si moltiplicano i centres fermés, i “centri-lager” per chiamarli con il loro nome, in cui rinchiudere gli “stranieri illegali” (se ne progettano di nuovi ad Anversa, a Jumet e a Charleroi, cittadina con sindaco socialista, e uno in cui rinchiudere “famiglie con bambini” a Steenokkerzeel); dall’altro, cresce la repressione quotidiana, con continue retate nei luoghi di aggregazione dei sans papiers come il Parc Maximilien e la Gare du Nord a Bruxelles e nei locali delle organizzazioni (anche soltanto di tipo culturale) che cercano di farsi carico delle necessità immediate dei migranti, gran parte dei quali in transito verso l’Inghilterra.

Un progetto di legge in discussione, fortemente spinto dal partito di destra NVA (Nuova Alleanza Vallona), prevede la possibilità per le “forze dell’ordine” di operare autentiche incursioni (pudicamente e ipocritamente chiamate visites domiciliaires!) nelle abitazioni dei sans papiers o nei loro luoghi di aggregazione, per arrestarli, rinchiuderli nei centres fermés e infine espellerli. Si tenga presente che, per una buona metà, si tratta di richiedenti asilo che si sono visti rifiutare lo statuto di rifugiati; oppure di persone entrate nel paese con un visto turistico al fine di ricongiungersi con il/la consorte e scontratesi poi con una legislazione sui ricongiungimenti sempre più punitiva, con il risultato di restare senza statuto ed essere quindi considerati/e illegali. Sempre più, i sans papiers (che sovente lavorano in nero, anche in cantieri pubblici) vengono assimilati ai “delinquenti” e trattati come tali; non solo: la persecuzione e repressione si allarga a colpire anche coloro che prestano aiuto ai migranti (per esempio offrendo loro ospitalità) e che vengono ora criminalizzati facendo ricorso alla legge sulla tratta di esseri umani…! Insomma, s’introduce il “delitto di solidarietà”: lo schifo della politica borghese non ha confini. Le autorità sono arrivate all’estremo di far abbattere gli alberi nelle aree di parcheggio lungo le autostrade per impedire che servano da nascondiglio!... Il commento dell’intervistato è illuminante: “Non viviamo ancora in un vero e proprio regime fascista, ma il rumore degli scarponi chiodati si fa però sentire con regolarità”.

Rispetto agli anni 2005-2009, quando il movimento dei sans papiers era riuscito a ottenere qualche minimo risultato e, grazie anche all’organizzazione che s’erano dati spontaneamente (l’UDEP, Unione per la difesa dei sans papiers), a creare una rete di solidarietà, oggi, sotto la pressione della crisi, la situazione è peggiorata in tutti i sensi, perché lo smantellamento del welfare e l’introduzione di misure legislative penalizzanti a tutti i livelli (dai disoccupati e dai precari ai pensionati e ai malati) pesa su strati considerevoli di proletari e mezze classi “indigeni”, ed è facile operare su questi strati in senso fortemente reazionario e nazionalista, criminalizzando i sans papiers e presentandoli come “i veri responsabili” della crescente asprezza della condizione sociale. Per esempio, ricorda l’intervistato, il governo ha deciso forti tagli ai tempi di concessione dei sussidi di disoccupazione e reinserimento, con il risultato di escludere decine di migliaia di persone che hanno dovuto richiedere l’aiuto dei centri pubblici d’azione sociale (CPAS): molte di queste persone, specie donne, se risultate conviventi, si sono viste rifiutare l’aiuto e si ritrovano ora senza alcuna risorsa economica. La medesima legge, entrata in vigore l’1 gennaio 2015, ha soppresso per i giovani che escono dalla scuola la possibilità di accedere ai sussidi di disoccupazione e reinserimento e ha ristabilito la possibilità delle visite a domicilio ai disoccupati per controllare che non “godano” di altre entrate sul modello di quanto sta avvenendo in Germania (come abbiamo già avuto modo di documentare tempo fa). Il governo ha intenzione poi di far lavorare gratis i disoccupati da lungo tempo (due anni) e ha introdotto percorsi particolarmente complessi e arzigogolati per le richieste di reddito d’integrazione, sotto la minaccia di sanzioni che possono arrivare fino ai tre mesi di sospensione. Inoltre, i lavoratori in malattia da lungo tempo devono entrare in un percorso di reinserimento al lavoro firmando una convenzione, la cui non-osservanza si traduce in decurtazioni tra il 5 e il 10% dei rimborsi erogati dalle mutue. A ciò si può aggiungere il fatto che i prepensionamenti sono stati eliminati e rimpiazzati da un sistema di disoccupazione con integrazione a carico del datore di lavoro (meglio sarebbe chiamarlo: estrattore di plus-lavoro!) che obbliga il disoccupato a restare a totale disposizione del mercato del lavoro, sotto la minaccia di una sanzione finanziaria. A ciò s’aggiungono inoltre l’allungamento dell’età pensionabile dai 65 ai 67 anni e il progressivo smantellamento con privatizzazione dei servizi pubblici. E’ chiaro che, in questa situazione di attacco forsennato al proletariato, la strategia della divisione e della criminalizzazione degli strati più deboli, dei lavoratori che si ribellano (il diritto di sciopero è sotto attacco: nelle ferrovie, è stato imposto il “servizio minimo”, che svuota di efficacia lo sciopero) e di chi cerca di occuparsene ha buon gioco. “Mentre è necessario – dichiara l’intervistato – continuare a organizzarsi, bisogna al tempo stesso sensibilizzare, smontare i pregiudizi e mostrare che una lotta comune di tutti i lavoratori, belgi e stranieri, con o senza posto di lavoro, con o senza documenti, è necessaria e inevitabile”.

Nell’immediato, alcune mobilitazioni sono in programma: per esempio, un comitato ha già organizzato un raduno a Jumet, il 30 settembre, contro il progettato centre fermée e altre manifestazioni sono in programma. Contiamo di avere presto aggiornamenti sugli sviluppi di questa situazione dal nostro simpatizzante belga.

 

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                                                                           (il programma comunista)

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