DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il 24 novembre 2017 è stato proclamato uno sciopero in sei hub Amazon in Germania e in quello di Castel San Giovanni (Piacenza) 1. Quest’ultima sede si trova in un territorio molto vasto che comprende più poli della logistica sull’asse Milano-Piacenza-Bologna, con migliaia di addetti, che in molte aziende hanno mostrato una generosa combattività. Nella regione Emilia Romagna gli addetti del settore trasporto e logistica sono circa 92mila (90 mila in Lombardia): nella provincia di Piacenza, 9.600; nella sola città di Piacenza, circa 5mila, come riportano i dati Istat del 2014. E in 3 anni l'espansione del settore è andata aumentando.

 

L’obiettivo dichiarato di tutti gli scioperi nei magazzini Amazon è unico, anche se non ha una vera coordinazione o piattafroma comune: in tutti si chiedono aumenti di salario e si denunciano condizioni di lavoro con ritmi intensi e ambienti malsani. Il lavoro si svolge su tre turni nell’arco delle ventiquattro ore, con ampio utilizzo dello straordinario. Lo sciopero, che è stato fatto coincidere con il famigerato Black Friday, avrebbe dovuto creare danni all’azienda in un periodo di picco di lavoro; di fatto, è stato solo simbolico e non ha prodotto alcun risultato. In tutti gli impianti, in Germania e in Italia, il lavoro è proseguito; a Piacenza, anche ammesso che abbia scioperato la metà dei 1600 lavoratori a tempo indeterminato, come sostengono i sindacati, i 2000 lavoratori interinali non hanno aderito alla lotta su indicazione degli stessi sindacati che così facendo hanno dimostrato la propria intenzione di non voler arrecare danni al padrone Amazon. Tutti i lavoratori a tempo indeterminato dell’hub di Castel San Giovanni sono entrati come lavoratori somministrati, ossia temporanei, forniti dalle agenzie interinali, i moderni caporali. Nei giorni precedenti lo sciopero, i lavoratori somministrati attuali sono stati avvicinati dai capi di Amazon che hanno suggerito loro di non aderire, con la motivazione ricattatoria che un’adesione allo sciopero avrebbe reso difficile l’assunzione a tempo indeterminato.

Considerando la dimensione internazionale di Amazon è importante notare che la gestione della logistica via software e information technology consente di ridurre gli effetti di uno sciopero in un solo polo, spostando il lavoro e le spedizioni su altri poli. La scala internazionale del capitale rende ancor più evidente e necessaria alla classe proletaria un’analoga strategia, come arma contro il capitale. Ma è evidente che dal riconoscimento di questo fatto a una reale consapevolezza della necessità di una strategia internazionale la strada è lunga e passa attraverso l’esperienza e la lotta all’interno delle stesse organizzazioni del proletariato. Il 24 novembre, davanti alla sede Amazon di Castel San Giovanni, si potevano vedere i lavoratori raccolti sotto le bandiere confederali rivendicare una manifestazione pacifica, sapendo che la produzione sarebbe andata avanti e avrebbero fatto passare i lavoratori interinali e i camion con le merci in uscita!

A quello sciopero, però, si sono aggiunti anche altri lavoratori della logistica, che hanno già combattuto o stanno combattendo in situazioni simili, organizzati dai sindacati di base: con il megafono hanno chiamato a uno sciopero vero, con i picchetti, per bloccare le merci in uscita: è con l’utilizzo degli scioperi che bloccano la produzione, dei picchetti che molte lotte nella stessa logistica nel Nord Italia hanno ottenuto delle conquiste, sia pure parziali e insufficienti. Da queste esperienze, da questa condizione reale, parte oggi il proletariato per il suo lungo e tortuoso cammino di ripresa delle lotte: da una parte, i lavoratori di Amazon ancora imprigionati dalle bandiere dei confederati a favore di una manifestazione pacifica; dall’altra, i sindacati di base che esortavano a uno sciopero vero; in mezzo, la polizia, braccio armato dello Stato. Questo è stato il 24 novembre! Divisione. Fallimento dello sciopero. Polizia. E’ evidente però che la responsabilità non è stata certo di chi, sotto le bandiere dei sindacati di base, portava la propria solidarietà e soprattutto la propria esperienza ai lavoratori in lotta di Amazon.

Il 20 dicembre 2017, nuovo stato di agitazione in Amazon Piacenza. Come sua regola, Amazon diserta l’incontro con confederali e prefetto. I sindacalisti confederali dichiarano che “Amazon disprezza lo Stato2 e si fanno scortare dalla polizia per entrare nello hub a tenere le assemblee! Viene indetto uno sciopero – udite! udite! – di due ore per ogni turno, da protrarsi per più giorni; i sindacati dichiarano l’adesione allo sciopero di 400 lavoratori il primo giorno, ma poi la lotta, nonostante le dichiarazioni, non viene sostenuta nei giorni successivi. Ancora una volta, l'azione di pompieraggio dei sindacati confederali ha dato i suoi frutti: annullare la stessa volontà e necessità di lotta dei lavoratori.

Il lavoro temporaneo è una caratteristica di tutti gli hub Amazon in Europa, e nel mondo. Negli Stati Uniti, Amazon recluta i lavoratori all’interno del cosiddetto programma Camperforce, unità di lavoro composta da lavoratori nomadi, i cosiddetti workampers, che vivono in camper o in auto e lavorano come dipendenti stagionali: come migliaia di altri lavoratori temporanei, vengono assunti per far fronte al picco di richieste di spedizioni. Amazon prevede che, entro il 2020, un lavoratore nomade su quattro negli Stati Uniti avrà lavorato per Amazon. Tutto ciò fa parte del più generale attacco del Capitale al proletariato, insieme all’erosione del salario e al peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro. E’ stato coniato una nuova espressione (“Metodo Amazon”) per indicare il massimo sfruttamento del lavoratore, che una volta logorato viene buttato via: in Amazon, infatti, vi è un ampio turnover e i lavoratori sono incentivati ad andarsene dopo un paio d’anni. Per noi, queste sono solo conferme del solito metodo del capitale. “La Repubblica” del 25/11/2013 ci informava che, in Germania, “Le riforme schröderiane hanno di fatto diviso il mercato del lavoro tedesco, creando una classe lavoratrice spaccata in due: da una parte i garantiti ben pagati, protetti da sindacati forti […]; dall'altra milioni di dipendenti dei servizi (logistica, spedizioni, supermercati e servizi aeroportuali) ingaggiati con salari minimi, spesso con contratti precari, con tagli retributivi su straordinari e giorni di malattia, e ben meno tutelati sia dalle leggi sia dai sindacati”. Da parte sua, “The Guardian” del 25/11/2013, scriveva, sempre a proposito della Germania: “Lo scorso inverno i salariati temporanei di Amazon, per lo più spagnoli e dell’Est Europa, assunti prima delle feste natalizie, oltre a non beneficiare delle normali indennità (per straordinari e lavoro festivo), erano pagati un euro meno di quanto promesso, e maltrattati dalle guardie di una società di sicurezza. Finora i lavoratori hanno ottenuto che Amazon pagasse una tredicesima una tantum fino a 500 euro, ma solo per il personale a tempo indeterminato. Amazon sta aprendo 3 nuovi centri di distribuzione in Polonia, e questo rischia di indebolire le lotte dei suoi salariati in Germania. Amazon Germania ha dichiarato che quest’anno i 14 000 lavoratori stagionali verranno cercati in Germania e non nei paesi confinanti. Amazon è in grado di reclutare in pochi giorni questi stagionali, tra lavoratori non qualificati, grazie al lavoro altamente standardizzato; i lavoratori gli vengono forniti dalle agenzie e dai centri per l’impiego. A Brisenlang ci sono già 12000 addetti, di cui 300 a tempo indeterminato, e 800 a tempo determinato; quasi tutti provengono dalla disoccupazione di lungo termine; nell’area ci sono 10500 percettori di sussidi di disoccupazione. Bastano 4 giorni per imparare il lavoro”.

Qui da noi, i sindacati confederali reclamano a gran voce un’“unione europea dei sindacati” al fine di sviluppare una vertenza europea, ricordando che “A Parigi c’è stata una grande manifestazione dei lavoratori del Gruppo che in Francia denunciano le stesse cose che denunciamo noi3. Ma la strategia che mettono in campo smentisce palesemente i proclami altisonanti: continuano a far finta di lottare localmente per portare Amazon alla trattativa e piagnucolano perché non ci riescono. A noi è chiaro che il confronto tra quanto avviene a Piacenza e quanto avviene nel resto del mondo è emblematico e mostra la necessità di unirsi e lottare per difendersi.

In queste condizioni, qualsiasi lotta pacifica e solo locale è infatti destinata al fallimento. Ecco perché noi diciamo da sempre che è ora di smetterla con le manifestazioni pacifiche e gli scioperi farsa, senza picchetto e senza blocco delle merci. Basta con la ricerca del dialogo! I padroni, i manager, li “convinci” a trattare solo se prima gli fai perdere milioni bloccandogli produzione e distribuzione! A Piacenza, i sindacati confederali vanno a cercarsi i lavoratori a uno a uno, per vincere la loro diffidenza verso il sindacato e convincerli che esso vuole migliorare le loro condizioni: fingono di accettare il terreno delle necessità dei lavoratori per avere un seguito tra essi, ma comunque li tengono dentro i confini di una lotta fasulla, pacifica e legalitaria, dialogante con lo Stato e con l’azienda, che puntualmente gli sbatte la porta in faccia. Solo il picchetto, lo sciopero che blocca le merci, sono il modo per rompere la separazione tra lavoratori temporanei e lavoratori a tempo indeterminato: i lavoratori debbono organizzarsi per difendersi. Certo, i nostri auspici non possono determinare gli eventi. Ma è dall’analisi della struttura del capitale che il proletariato sarà costretto a tornare protagonista. Nell’andamento stesso della propria economia il capitale continua a produrre i propri becchini: uno strato sempre più ampio di proletari resi schiavi del capitale. Ormai, per gran parte del proletariato, non c’è nulla da perdere: è senza riserve. Viste in un’ottica internazionale, queste lotte di oggi, con tutte le loro fragilità e contraddizioni, ci dicono molto sulla presenza di un proletariato ridotto alle condizioni delle origini, che si muove e cerca di reagire alle frustate: purtroppo, è diviso, e perciò fatica moltissimo a organizzarsi e opporsi ai colpi dei padroni e dei loro Stati. E’ ancora intrappolato dagli opportunisti, dagli agenti della borghesia in seno alla classe, che vogliono le manifestazioni pacifiche e il dialogo e così sabotano lo sciopero.

Abbiamo già visto in passato il proletariato riprendere il cammino dopo un periodo di sconfitte e passività: a quel punto, è la forza messa in campo dai proletari a “scortare” dentro le assemblee i propri organizzatori, e non la polizia! E’ la forza degli operai, disposti a mille sacrifici e capaci di grande generosità, a imporre i metodi e gli obiettivi della lotta: lo sciopero e i picchetti, la lotta che si allarga oltre l’ambito locale. Quella combattività è soprattutto un prodotto delle condizioni materiali di vita, e come tale si ripresenterà, animata dalla necessità e dall’urgenza dei proletari di unirsi per difendersi. Ai ricatti dei padroni, alle loro dimostrazioni di forza, bisogna rispondere con altrettanta forza, la forza data dal numero e dall’organizzazione. Ma è possibile solo se i proletari torneranno a riconoscersi come fratelli di classe, internazionalmente. Per questi i comunisti lavorano, nelle lotte immediate e locali del proletariato, pur tra mille difficoltà, e sempre accerchiati da nemici: e soprattutto da falsi amici.

“C’è una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo”, ha proclamato Warren Buffett, il plurimiliardario USA al terzo (o quarto?) posto nell’elenco dei Paperoni del mondo. Bene, tocca ai lavoratori di tutto il mondo ricacciargli in gola questa sprezzante affermazione!

 

1 Lo stato di agitazione alla Amazon in Germania dura da tempo. Leggiamo sul quotidiano inglese “The Guardian”, del 25/11/ 2013: “I magazzini tedeschi di Amazon, con 9.000 dipendenti, sono la maggiore filiale all’estero del gigantesco magazzino internet americano, che negli Usa ha 90.000 salariati. Il maggiore hub in Germania è quello di Bad Hersfeld (Assia), 3500 dipendenti, e di Lipsia. In Germania ci sono altri 8 centri Amazon, dove sono maggiori i lavoratori temporanei, e quindi più ricattabili. I lavoratori Amazon Germania hanno iniziato la lotta ad aprile 2013, sono scesi in sciopero il 19 e 20 settembre, di nuovo il 25 novembre per aumenti salariali”.

2 Vedi Ansa, 20 dicembre 2017.

3 Dichiarazione di una delegata CISL, citata da “La Stampa” del 21 dicembre 2017.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
ARTICOLI GUERRA UCRAINA
RECENT PUBLICATIONS
  • Il proletariato nella seconda guerra mondiale e nella
    Il proletariato nella seconda guerra mondiale e nella "Resistenza" antifascista
      PDF   Quaderno n°4 (nuova edizione 2021)
  • Storia della Sinistra Comunista V
    Storia della Sinistra Comunista V
  • Perchè la Russia non era comunista
    Perchè la Russia non era comunista
      PDF   Quaderno n°10
  • 1917-2017 Ieri Oggi Domani
    1917-2017 Ieri Oggi Domani
      PDF   Quaderno n°9
  • Per la difesa intransigente ...
    Per la difesa intransigente
NOSTRI TESTI SULLA "QUESTIONE ISRAELE-PALESTINA"
  • Israele: In Palestina, il conflitto arabo-ebreo ( Prometeo, n°96,1933)
  • Israele: Note internazionali: Uno sciopero in Palestina, il problema "nazionale" ebreo ( Prometeo, n°105, 1934)
  • I conflitti in Palestina ( Prometeo, n°131,1935)
  • Gli avvenimenti in Palestina (Prometeo, n°132,1935)
  • Israele: Fraternità pelosa ( Il programma comunista, n°21, 1960)
  • Israele: Il conflitto nel Medioriente alla riunione emiliano-romagnola (Il programma comunista, n°17, 1967)
  • Israele: Nel baraccone nazional-comunista: vie nazionali, blocco con la borghesia ( Il programma comunista, n°20, 1967)
  • Israele: Detto in poche righe ( Il programma comunista, n°18, 1968)
  • Israele: Spigolature ( Il programma comunista, n°20, 1968)
  • Israele: Un grosso affare ( Il programma comunista, n°18, 1969)
  • Incrinature nel blocco delle classi in Israele(Il Programma comunista, n°17, 1971)
  • Curdi palestinesi(Il Programma comunista, n°7, 1975 )
  • Dove va la resistenza palestinese? (I)(Il Programma comunista, n°17, 1977)
  • Dove va la resistenza palestinese? (II)(Il Programma comunista, n°18, 1977)
  • Dove va la resistenza palestinese? (III)(Il Programma comunista, n°19, 1977)
  • Il lungo calvario della trasformazione dei contadini palestinesi in proletari(Il Programma comunista, n°20-21-22, 1979).
  • In rivolta le indomabili masse sfruttate palestinesi ( E' nuovamente l'ora di Gaza e della Cisgiordania)(Il Programma comunista, n°8, 1982)
  • Cannibalismo dello Stato colonialmercenario di Israele(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • Le masse oppresse palestinesi e libanesi sole di fronte ai cannibali dell'ordine borghese internazionale(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • La lotta delle masse oppresse palestinesi e libanesi è anche la nostra lotta- volantino(Il Programma comunista, n°13, 1982)
  • Per lo sbocco proletario e classista della lotta delle masse oppresse palestinesi e di tutto il Medioriente(Il Programma comunista, n°14, 1982)
  • La lotta nazionale dei proletari palestinesi(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • Sull'oppressione e la discriminazione dei proletari palestinesi(Il Programma comunista, n°19, 1982)
  • La lotta nazionale delle masse palerstinesi nel quadro del movimento sociale in Medioriente(Il Programma comunista, n°20, 1982)
  • Il ginepraio del Libano e la sorte delle masse palestinesi ( Il programma comunista, n°2, 1984)
  • La questione palestinese al bivio ( Il programma comunista, n°1, 1988)
  • Il nostro messaggio ai proletari palestinesi ( Il programma comunista, n°2, 1989)
  • Una diversa prospettiva per le masse proletarie (Il programma comunista, n°5, 1993)
  • La questione palestinese e il movimento operaio internazionale ( Il programma comunista, n°9, 2000)
  • Gaza, o delle patrie galere (Il programma comunista, n. 2, 2008)
  • Israele e Palestina: terrorismo di Stato e disfattismo proletario ( Il programma comunista, n°1, 2009)
  • A Gaza, macelleria imperialista contro il proletariato ( Il programma comunista, n°1, 2009)
  • Il nemico dei proletari palestinesi è a Gaza City ( Il programma comunista, n°1, 2013)
  • Per uscire dall’insanguinato vicolo cieco mediorientale (Il programma comunista, n° 5, 2014)
  • Guerre e trafficanti d’armi in Medioriente (Il programma comunista, n°5, 2014)
  • Gaza: un ennesimo macello insanguina il Medioriente-Volantino (Il programma comunista, n°5, 2014)
  • L’alleanza delle borghesie israeliana e palestinese contro il proletariato (Il programma comunista, n°6, 2014)
  • Israele e Palestina: terrorismo di Stato e disfattismo proletario  ( Il programma comunista, n°3, 2021)
  • A fianco dei proletari e delle proletarie palestinesi! ( Il programma comunista, n°5-6, 2023)
  • Il proletariato palestinese nella tagliola infame dei nazionalismi ( Il programma comunista, n°2, 2024)
We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.