DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

I comunisti combattono per il raggiungimento degli scopi e interessi immediati della classe operaia, ma nel movimento attuale rappresentano(1), nello stesso tempo, il suo futuro

Dal manifesto del partito comunista, 1848

Non a caso abbiamo intitolato la presente raccolta di tesi fondamentali del Partito dal 1920 ad oggi: “In difesa della continuità del programma comunista”. In realtà, se il marxismo rivendica con fierezza e con tenacia il proprio carattere invariante, oltre cent’anni di travagliata storia del movimento proletario dimostrano che l’opportunismo, il quale si fregia di esser nuovo e innovatore, aggiornato e aggiornatore, inventivo e sempre à la page, possiede a sua volta una formidabile, dannata invarianza, un filo rigorosamente continuo. Le pagine del Che fare? in cui Lenin prese coraggiosamente per le corna la prima variante revisionista che la storia del movimento marxista avesse conosciuta (giacché i “falsi fratelli” proudhoniano e bakuninista appartenevano ad un altro filone), descrivono con chiarezza cristallina i tratti caratteristici e l’inevitabile traiettoria di ogni opportunismo; ed è facile constatare che 70 anni non solo non hanno aggiunto nessuna “nuova” pennellata al grigiore uniforme del quadro, ma hanno ribadito la diagnosi di un male che è sempre quello e solo cresce di virulenza distruttiva col passare degli anni. Si comincia – citiamo testualmente Lenin – col “negare la possibilità di dare un fondamento scientifico al socialismo e di provarne, dal punto di vista della concezione materialistica della storia, la necessità ed inevitabilità”; poi, per logica deduzione, si negano “la miseria crescente, la proletarizzazione, l’aggravarsi degli antagonismi capitalistici” ( teoria del neocapitalismo, pretesa della coesistenza pacifica, ecc, ); un passo ancora e “si respinge categoricamente l’idea della dittatura del proletariato” ( l’opportunismo ultimo grido non dichiara più “ inconsistente la concezione stessa dello scopo finale” ma che cos’è di diverso la proclamazione della “via pacifica al socialismo”, o quella di un “socialismo pluralistico”? Che cos’è di diverso la conclamata “eccezionalità” dell’Ottobre russo, se non la smentita della scientificità della nostra classica prognosi, ed anzi la concessione di una patente di scientificità alla prognosi inversa, dal momento che, lo sa anche l’ultimo della classe, l’eccezione – in questo caso, la rivoluzione e la dittatura – conferma la regola – in questo caso il gradualismo e la democrazia? ); un altro passetto e si rifiuta “l’opposizione di principio fra liberalismo ( oggi persino cattolicesimo ) e socialismo”; ed eccoci approdati al traguardo di “un partito democratico di riforme” aperto a tutte “le idee e gli elementi borghesi”; si precipita – per aver perduto il filo che permetteva di salire la china accidentata della lotta di emancipazione proletaria “tenendosi forte per mano” e resistendo all’assalto “da tutte le parti” del nemico e al suo “fuoco” costantemente puntato su di noi – “nella palude qui di fianco”. 1902, signori delle “nuove”, o 1970 ?

Quanto a coloro che da questa palude pretendono di uscire riscoprendo, un passo dopo l’altro, il tesoro nascosto dello “scopo finale”, ma gridando il vade retro Satana alla dottrina scientifica, al programma fissato una volta per tutte e reso sempre più tagliente nei suoi tratti immutabili dal bilancio dinamico di scontri fisici fra le classi sull’arco di un secolo e sul palcoscenico dell’intero pianeta, al partito che ne è il depositario o non è nulla, giacché - si pretende – dire programma, dottrina e partito è dire orrore di tutti gli orrori, “dogmatismo, dottrinarismo, fossilizzazione” e ( vogliamo concedere almeno questa…novità terminologica ) “talmudismo”, il meno che si possa dire è che essi non si accorgono di ripercorrere a ritroso la stessa inesorabile china genuflettendosi da un lato all’idolo borghese della “libertà di pensiero” e affidandosi dall’altro ai capricci della storia, ai flussi e riflussi di un oceano nel quale ci si è buttati senza bussola e senza nocchiero, attendendo che ci dettino essi una guida – essi che ci ingoiano, sommergono e sbatacchiano come miseri fuscelli: nell’uno e nell’altro caso cedendosi in schiavitù all’0ra che fugge, al paese che capita, al padrone di ieri e di oggi, di qui e di dovunque.

Se “non c’è azione rivoluzionaria senza teoria rivoluzionaria”, se l’opportunismo si definisce come “assenza di princìpi”, ebbene non si ha diritto di parlare di marxismo e di professarsene seguaci e, meno che mai, militanti, se non lo si accetta in blocco. Esso sta o cade con ognuna delle sue pietre: non v’è una dottrina conservata in naftalina in un ipocrita museo, e un programma lanciato alla ventura; non v’è un programma al quale si fa riverenza appena desti, e una tattica libera di correre la sera ( ed anche il giorno ) il marciapiedi; non v’è un marxismo che è dottrina delle leggi che presiedono al sorgere, alla parabola e alla catastrofe del modo di produzione capitalista, è un “marxismo” che sarebbe agnostica attesa di fatti imprevedibili negli schieramenti classi e sottoclassi, negli svolti maggiori e minori della storia; non v’è teoria da un lato e prassi del movimento operaio dall’altro, come non v’è neppure classe finché dal suo seno non si sia enucleato il partito, ma non v’è partito se non v’è teoria, princìpi, programma e direttiva tattica, o v’è un simulacro infame che si chiama partito ed è solo un vaso nel quale è lecito versare qualunque contenuto, a cominciare dall’idealismo in teoria, dal machiavellismo in politica, dal liberismo in economia e, poiché tutti i salmi finiscono in gloria, dal fideismo… in metafisica ( per informazioni rivolgersi allo spettro di Stalin, allo spettro ambulante di Krusciov e al candidato spettro di Breznev ). E il punto è che, perdendo l’intreccio di questi fili diversi ma inscindibili, si perde non solo una “teoria” – che, se tale fosse soltanto, non meriterebbe al suo funerale neppure la lacrima dell’ultimo proletario – ma l’intero “movimento” di cui essa è, se si vuole, il cuore o il cervello ma che, come tutti i cuori e i cervelli, ha senso unicamente se muove in costante e precisa determinazione le membra, e cesserebbe di battere o di funzionare se queste avessero la pretesa di muoversi ciascuna per sé “libera”, “antitalmudica”, non più “fossile”, o se, viceversa, avesse lui l’elegante pretesa di “agire in libertà”.

Sull’arco di più di mezzo secolo, la nostra corrente si è mossa – come il bolscevismo di Lenin prima che il diluvio universale del tatticismo prima e del socialismo in un solo paese poi lo travolgesse – sul filo continuo di posizioni programmatiche e tattiche legate in modo insolubile alla globalità della dottrina. Non l’ha fatto per amore di coerenza astratta o per lusso di consequenzialità logica, ma nella sicura coscienza che solo a questo patto, nel confuso alternarsi delle fasi di avanzata e di rinculo del movimento comunista, il futuro si salva solo salvando nel presente il passato e proiettandolo nell’avvenire, oppure si perde – l’ieri, l’oggi e il domani. Le tesi che qui pubblichiamo come altrettante pietre miliari emananti da una corrente prima e da un partito poi che ha l’orgoglio di ricollegarsi al Manifesto del 1848 anche nel non presentarsi ai proletari col luccichio ingannatore di nomi di persone né celebri né aspiranti a divenirlo ( affinché sia ribadito una volta di più che – nella frase di Marx ed <Engels – “le posizioni teoriche dei comunisti non poggiano affatto sopra idee o principi inventati o scoperti da questo o quel rinnovatore del mondo: esse sono soltanto espressioni generali dei rapporti effettivi di una lotta di classe che già esiste, di un movimento storico che si svolge sotto i nostri occhi” ), non sono nate dal fertile cervello di un genio: sono il condensato di un movimento reale esteso a tutto il mondo, senza etichette nazionali o limiti di tempo; a rigore, si potrebbero leggere a rovescio e ritrovarle sempre le stesse, se non fosse che al termine esse contengono il bilancio di un precipizio nell’opportunismo che non ha precedenti nella storia, e di fronte al quale i “talmudici” e solo essi hanno potuto, invece di recitare il pater peccavi, trarne una ragione di più per affilare l’arma trasmessa dal passato, tenerla salda in pugno, e consegnarla intatta a chi dovrà e potrà usarla per tagliare la testa all’orribile mostro del capitale. Dir questo oggi, lo sappiamo, è andare controcorrente: ma, se il proletariato deve avere nel suo travagliato cammino un punto di riferimento stabile, una stella polare, per non subire il martirio di perdere ad ogni passo la strada e ricominciare ogni volta daccapo, ebbene è solo se un’avanguardia anche piccola, anche “solitaria”, avrà saputo resistere alle suggestioni dell’ultima moda, non seguendo il lacrimevole destino di movimenti che durano l’espace d’un matin, risorgono nell’espace d’un soir, rimuoiono nell’espace d’une nuit, col solo risultato di imbrogliare le carte, confondere le idee, distruggere conquiste faticosamente conseguite.

Chi ha letto il primo volume della nostra Storia della Sinistra capirà, dalle prefazioni che inquadrano storicamente ognuno dei testi, che in queste pagine è già contenuto il filo conduttore dei volumi futuri, e trarrà, ci auguriamo, la grande lezione di battaglie condotte non nella stupida torre d’avorio che i venduti di tutte le specie amano – mentendo – rappresentare come il nostro ideale, ma nel vivo delle lotte ardenti nel corso delle quali – fra il 1920 e il 1926 – si è purtroppo giocato il nuovo Ottobre mondiale, e si è poi discesa fino in fondo la china della degenerazione opportunistica, fra i cinici sghignazzi della classe dominante.


  1. Non si tratta di una “rappresentanza” formale; vertreten è in tedesco rappresentare nell’inseparabile senso di sostenere, propugnare, difendere!
INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
ARTICOLI GUERRA UCRAINA
RECENT PUBLICATIONS
  • Il proletariato nella seconda guerra mondiale e nella
    Il proletariato nella seconda guerra mondiale e nella "Resistenza" antifascista
      PDF   Quaderno n°4 (nuova edizione 2021)
  • Storia della Sinistra Comunista V
    Storia della Sinistra Comunista V
  • Perchè la Russia non era comunista
    Perchè la Russia non era comunista
      PDF   Quaderno n°10
  • 1917-2017 Ieri Oggi Domani
    1917-2017 Ieri Oggi Domani
      PDF   Quaderno n°9
  • Per la difesa intransigente ...
    Per la difesa intransigente
NOSTRI TESTI SULLA "QUESTIONE ISRAELE-PALESTINA"
  • Israele: In Palestina, il conflitto arabo-ebreo ( Prometeo, n°96,1933)
  • Israele: Note internazionali: Uno sciopero in Palestina, il problema "nazionale" ebreo ( Prometeo, n°105, 1934)
  • I conflitti in Palestina ( Prometeo, n°131,1935)
  • Gli avvenimenti in Palestina (Prometeo, n°132,1935)
  • Israele: Fraternità pelosa ( Il programma comunista, n°21, 1960)
  • Israele: Il conflitto nel Medioriente alla riunione emiliano-romagnola (Il programma comunista, n°17, 1967)
  • Israele: Nel baraccone nazional-comunista: vie nazionali, blocco con la borghesia ( Il programma comunista, n°20, 1967)
  • Israele: Detto in poche righe ( Il programma comunista, n°18, 1968)
  • Israele: Spigolature ( Il programma comunista, n°20, 1968)
  • Israele: Un grosso affare ( Il programma comunista, n°18, 1969)
  • Incrinature nel blocco delle classi in Israele(Il Programma comunista, n°17, 1971)
  • Curdi palestinesi(Il Programma comunista, n°7, 1975 )
  • Dove va la resistenza palestinese? (I)(Il Programma comunista, n°17, 1977)
  • Dove va la resistenza palestinese? (II)(Il Programma comunista, n°18, 1977)
  • Dove va la resistenza palestinese? (III)(Il Programma comunista, n°19, 1977)
  • Il lungo calvario della trasformazione dei contadini palestinesi in proletari(Il Programma comunista, n°20-21-22, 1979).
  • In rivolta le indomabili masse sfruttate palestinesi ( E' nuovamente l'ora di Gaza e della Cisgiordania)(Il Programma comunista, n°8, 1982)
  • Cannibalismo dello Stato colonialmercenario di Israele(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • Le masse oppresse palestinesi e libanesi sole di fronte ai cannibali dell'ordine borghese internazionale(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • La lotta delle masse oppresse palestinesi e libanesi è anche la nostra lotta- volantino(Il Programma comunista, n°13, 1982)
  • Per lo sbocco proletario e classista della lotta delle masse oppresse palestinesi e di tutto il Medioriente(Il Programma comunista, n°14, 1982)
  • La lotta nazionale dei proletari palestinesi(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • Sull'oppressione e la discriminazione dei proletari palestinesi(Il Programma comunista, n°19, 1982)
  • La lotta nazionale delle masse palerstinesi nel quadro del movimento sociale in Medioriente(Il Programma comunista, n°20, 1982)
  • Il ginepraio del Libano e la sorte delle masse palestinesi ( Il programma comunista, n°2, 1984)
  • La questione palestinese al bivio ( Il programma comunista, n°1, 1988)
  • Il nostro messaggio ai proletari palestinesi ( Il programma comunista, n°2, 1989)
  • Una diversa prospettiva per le masse proletarie (Il programma comunista, n°5, 1993)
  • La questione palestinese e il movimento operaio internazionale ( Il programma comunista, n°9, 2000)
  • Gaza, o delle patrie galere (Il programma comunista, n. 2, 2008)
  • Israele e Palestina: terrorismo di Stato e disfattismo proletario ( Il programma comunista, n°1, 2009)
  • A Gaza, macelleria imperialista contro il proletariato ( Il programma comunista, n°1, 2009)
  • Il nemico dei proletari palestinesi è a Gaza City ( Il programma comunista, n°1, 2013)
  • Per uscire dall’insanguinato vicolo cieco mediorientale (Il programma comunista, n° 5, 2014)
  • Guerre e trafficanti d’armi in Medioriente (Il programma comunista, n°5, 2014)
  • Gaza: un ennesimo macello insanguina il Medioriente-Volantino (Il programma comunista, n°5, 2014)
  • L’alleanza delle borghesie israeliana e palestinese contro il proletariato (Il programma comunista, n°6, 2014)
  • Israele e Palestina: terrorismo di Stato e disfattismo proletario  ( Il programma comunista, n°3, 2021)
  • A fianco dei proletari e delle proletarie palestinesi! ( Il programma comunista, n°5-6, 2023)
  • Il proletariato palestinese nella tagliola infame dei nazionalismi ( Il programma comunista, n°2, 2024)
We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.