DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Da " Bollettino interno n°1", 10 settembre 1951  

Conviene ricordare quale sia stato l'atteggiamento della Sinistra comunista italiana a proposito delle questioni sindacali, passando quindi ad esaminare quanto vi è di mutato nel campo sindacale dopo le guerre e i totalitarismi. 

1. Allorché il partito italiano non era stato ancora costituito, al Secondo Congresso dell'Internazionale del 1920, furono dibattute due grandi questioni di tattica: azione parlamentare e azione sindacale. Ora, i rappresentanti della corrente antielezionista si schierarono contro la cosiddetta sinistra che propugnava la scissione sindacale e la rinunzia a conquistare i sindacati diretti da opportunisti. Queste correnti in fondo ponevano nel sindacato e non nel partito il centro dell'azione rivoluzionaria e lo volevano puro da influenze borghesi (Tribunisti olandesi, KAPD tedesco, Sindacalisti americani, scozzesi, ecc.). 

2. La Sinistra da allora combatté aspramente quei movimenti analoghi a quello torinese de L'Ordine Nuovo, che facevano consistere il compito rivoluzionario nello svuotare i sindacati a vantaggio del movimento dei consigli di fabbrica, intendendoli come trama degli organi economici e statali della rivoluzione proletaria iniziata in pieno capitalismo, confondendo gravemente fra i momenti e gli strumenti del processo rivoluzionario. 

3. Stanno su ben diverso piano le questioni parlamentare e sindacale. È pacifico che il parlamento è l'organo dello Stato borghese in cui si pretende siano rappresentate tutte le classi della società, e tutti i marxisti rivoluzionari convengono che su di esso non si possa fondare altro potere che quello della borghesia. La questione è se la utilizzazione dei mandati parlamentari possa servire ai fini della propaganda e dell'agitazione per l'insurrezione e la dittatura. Gli oppositori sostenevano che anche a questo solo fine è producente di opposto effetto la partecipazione di nostri rappresentanti in un organismo comune a quelli borghesi. 

4. I sindacati, da chiunque diretti, essendo associazioni economiche di professione, raccolgono sempre elementi di una medesima classe. È ben possibile che gli organizzati proletari eleggano rappresentanti di tendenze non solo moderate ma addirittura borghesi, e che la direzione del sindacato cada sotto l'influenza capitalista. Resta tuttavia il fatto che i sindacati sono composti esclusivamente di lavoratori e quindi non sarà mai possibile dire di essi quello che si dice del parlamento, ossia che sono suscettibili solo di una direzione borghese. 

5. In Italia, prima della formazione del Partito Comunista, i socialisti escludevano di lavorare nei sindacati bianchi dei cattolici e in quelli gialli dei repubblicani. I comunisti poi, in presenza della grande Confederazione diretta prevalentemente da riformisti e dell'Unione Sindacale, diretta da anarchici, senza alcuna esitazione e unanimi stabilirono di non fondare nuovi sindacati e lavorare per conquistare dall'interno quelli ora detti, tendendo anzi alla loro unificazione. Nel campo internazionale, il partito italiano unanime sostenne non solo il lavoro in tutti i sindacati nazionali socialdemocratici, ma anche l'esistenza della Internazionale Sindacale Rossa (Profintern), la quale riteneva ente non conquistabile la Centrale di Amsterdam perché collegata alla borghese Società della Nazioni attraverso l'Ufficio Internazionale del Lavoro. La Sinistra italiana si oppose violentemente alla proposta di liquidare il Profintern per costituire una Internazionale Sindacale unica, sostenendo sempre il principio dell'unità e della conquista interna per i sindacati e le confederazioni nazionali. 

6 a) L'attività sindacale proletaria ha determinato una molto diversa politica dei poteri borghesi nelle successive fasi storiche. Poiché le prime borghesie rivoluzionarie vietarono ogni associazione economica come tentativo di ricostituire le corporazioni illiberali del Medioevo, e poiché ogni sciopero fu violentemente represso, tutti i primi moti sindacali presero aspetti rivoluzionari. Fin da allora il Manifesto avvertiva che ogni movimento economico e sociale conduce a un movimento politico e ha importanza grandissima in quanto estende l'associazione e la coalizione proletaria, mentre le sue conquiste puramente economiche sono precarie e non intaccano lo sfruttamento di classe. 

b) Nella successiva epoca, la borghesia avendo compreso che le era indispensabile accettare che si ponesse la questione sociale, appunto per scongiurare la soluzione rivoluzionaria tollerò e legalizzò i sindacati riconoscendo la loro azione e le loro rivendicazioni; ciò in tutto il periodo privo di guerre e relativamente di progressivo benessere che si svolse sino al 1914.Durante tutto questo periodo, il lavoro nei sindacati fu elemento principalissimo per la formazione dei forti partiti socialisti operai e fu palese che questi potevano determinare grandi movimenti soprattutto col maneggio delle leve sindacali.Il crollo della Seconda Internazionale dimostrò che la borghesia si era procurata influenze decisive su una gran parte della classe operaia attraverso i suoi rapporti e compromessi con i capi sindacali e parlamentari, i quali quasi dappertutto dominavano l'apparato dei partiti. 

c) Nella ripresa del movimento dopo la Rivoluzione Russa e la fine della guerra imperialista, si trattò appunto di fare il bilancio del disastroso fallimento dell'inquadratura sindacale e politica, e si tentò di portare il proletariato mondiale sul terreno rivoluzionario eliminando con le scissioni dei partiti i capi politici e parlamentari traditori, e procurando che i nuovi partiti comunisti nelle file delle più larghe organizzazioni proletarie pervenissero a buttare fuori gli agenti della borghesia. Dinanzi ai primi vigorosi successi in molti paesi, il capitalismo si trovò nella necessità, per impedire l'avanzata rivoluzionaria, di colpire con la violenza e porre fuori legge non solo i partiti ma anche i sindacati in cui questi lavoravano. Tuttavia, nelle complesse vicende di questi totalitarismi borghesi, non fu mai adottata l'abolizione del movimento sindacale. All'opposto, fu propugnata e realizzata la costituzione di una nuova rete sindacale pienamente controllata dal partito controrivoluzionario, e, nell'una o nell'altra forma, affermata unica e unitaria, e resa strettamente aderente all'ingranaggio amministrativo e statale.
Anche dove, dopo la Seconda Guerra, per la formulazione politica corrente, il totalitarismo capitalista sembra essere stato rimpiazzato dal liberalismo democratico, la dinamica sindacale seguita ininterrottamente a svolgersi nel pieno senso del controllo statale e della inserzione negli organismi amministrativi ufficiali. Il fascismo, realizzatore dialettico delle vecchie istanze riformiste, ha svolto quella del riconoscimento giuridico del sindacato in modo che potesse essere titolare di contratti collettivi col padronato fino all'effettivo imprigionamento di tutto l'inquadramento sindacale nelle articolazioni del potere borghese di classe.Questo risultato è fondamentale per la difesa e la conservazione del regime capitalista appunto perché l'influenza e l'impiego di inquadrature associazioniste sindacali è stadio indispensabile per ogni movimento rivoluzionario diretto dal partito comunista. 

7. Queste radicali modificazioni del rapporto sindacale ovviamente non risalgono solo alla strategia politica delle classi in contrasto e dei loro partiti e governi, ma sono anche in rapporto profondo al mutato carattere della relazione economica che passa fra datore di lavoro e operaio salariato. Nelle prime lotte sindacali, con cui i lavoratori cercavano di opporre al monopolio dei mezzi di produzione quello della forza di lavoro, l'asprezza del contrasto derivava dal fatto che il proletariato, spogliato da tempo di ogni riserva di consumo, non aveva assolutamente altra risorsa che il quotidiano salario, ed ogni lotta contingente lo conduceva ad un conflitto per la vita e per la morte.È indubitabile che - mentre la teoria marxista della crescente miseria si conferma per il continuo aumento numerico dei puri proletari e per l'incalzante espropriazione delle ultime riserve di strati sociali proletari e medi, centuplicata da guerre, distruzioni, inflazione monetaria, ecc., e mentre in molti paesi raggiunge cifre enormi la disoccupazione e lo stesso massacro dei proletari - laddove la produzione industriale fiorisce, per gli operai occupati tutta la gamma della misure riformiste di assistenza e previdenza per il salariato crea un nuovo tipo di riserva economica che rappresenta una piccola garanzia patrimoniale da perdere, in certo senso analoga a quella dell'artigiano e del piccolo contadino; il salariato ha dunque qualche cosa da rischiare, e questo (fenomeno d'altra parte già visto da Marx, Engels, e Lenin per le cosiddette aristocrazie operaie) lo rende esitante ed anche opportunista al momento della lotta sindacale e peggio dello sciopero e della rivolta. 

8. Al di sopra del problema contingente in questo o quel paese di partecipare al lavoro in dati tipi di sindacato ovvero di tenersene fuori da parte del partito comunista rivoluzionario, gli elementi della questione fin qui riassunta conducono alla conclusione che in ogni prospettiva di ogni movimento rivoluzionario generale non possono non essere presenti questi fondamenta li fattori: 1) un ampio e numeroso proletario di puri salariati; 2) un grande movimento di associazioni a contenuto economico che comprenda una imponente parte del proletariato; 3) un forte partito di classe, rivoluzionario, nel quale militi una minoranza dei lavoratori, ma al quale lo svolgimento della lotta abbia consentito di contrapporre validamente ed estesamente la propria influenza nel movimento sindacale a quella della classe e del potere borghese.I fattori che hanno condotto a stabilire la necessità di ciascuna e di tutte queste tre condizioni, dalla utile combinazione delle quali dipenderà l'esito della lotta, sono stati dati: dalla giusta impostazione della teoria del materialismo storico che collega il primitivo bisogno economico del singolo alla dinamica delle grandi rivoluzioni sociali; dalla giusta prospettiva della rivoluzione proletaria in rapporto ai problemi dell'economia e della politica e dello Stato; dagli insegnamenti della storia di tutti i movimenti associativi della classe operaia così nel loro grandeggiare e nelle loro vittorie che nei corrompimenti e nelle disfatte.Le linee generali della svolta prospettiva non escludono che si possano avere le congiunture più svariate nel modificarsi, dissolversi, ricostituirsi di associazioni a tipo sindacale; di tutte quelle associazioni che ci si presentano nei vari paesi sia collegate alle organizzazioni tradizionali che dichiaravano fondarsi sul metodo della lotta di classe, sia più o meno collegate ai più diversi metodi e indirizzi sociali anche conservatori.  

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
ARTICOLI GUERRA UCRAINA
RECENT PUBLICATIONS
  • Il proletariato nella seconda guerra mondiale e nella
    Il proletariato nella seconda guerra mondiale e nella "Resistenza" antifascista
      PDF   Quaderno n°4 (nuova edizione 2021)
  • Storia della Sinistra Comunista V
    Storia della Sinistra Comunista V
  • Perchè la Russia non era comunista
    Perchè la Russia non era comunista
      PDF   Quaderno n°10
  • 1917-2017 Ieri Oggi Domani
    1917-2017 Ieri Oggi Domani
      PDF   Quaderno n°9
  • Per la difesa intransigente ...
    Per la difesa intransigente
NOSTRI TESTI SULLA "QUESTIONE ISRAELE-PALESTINA"
  • Israele: In Palestina, il conflitto arabo-ebreo ( Prometeo, n°96,1933)
  • Israele: Note internazionali: Uno sciopero in Palestina, il problema "nazionale" ebreo ( Prometeo, n°105, 1934)
  • I conflitti in Palestina ( Prometeo, n°131,1935)
  • Gli avvenimenti in Palestina (Prometeo, n°132,1935)
  • Israele: Fraternità pelosa ( Il programma comunista, n°21, 1960)
  • Israele: Il conflitto nel Medioriente alla riunione emiliano-romagnola (Il programma comunista, n°17, 1967)
  • Israele: Nel baraccone nazional-comunista: vie nazionali, blocco con la borghesia ( Il programma comunista, n°20, 1967)
  • Israele: Detto in poche righe ( Il programma comunista, n°18, 1968)
  • Israele: Spigolature ( Il programma comunista, n°20, 1968)
  • Israele: Un grosso affare ( Il programma comunista, n°18, 1969)
  • Incrinature nel blocco delle classi in Israele(Il Programma comunista, n°17, 1971)
  • Curdi palestinesi(Il Programma comunista, n°7, 1975 )
  • Dove va la resistenza palestinese? (I)(Il Programma comunista, n°17, 1977)
  • Dove va la resistenza palestinese? (II)(Il Programma comunista, n°18, 1977)
  • Dove va la resistenza palestinese? (III)(Il Programma comunista, n°19, 1977)
  • Il lungo calvario della trasformazione dei contadini palestinesi in proletari(Il Programma comunista, n°20-21-22, 1979).
  • In rivolta le indomabili masse sfruttate palestinesi ( E' nuovamente l'ora di Gaza e della Cisgiordania)(Il Programma comunista, n°8, 1982)
  • Cannibalismo dello Stato colonialmercenario di Israele(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • Le masse oppresse palestinesi e libanesi sole di fronte ai cannibali dell'ordine borghese internazionale(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • La lotta delle masse oppresse palestinesi e libanesi è anche la nostra lotta- volantino(Il Programma comunista, n°13, 1982)
  • Per lo sbocco proletario e classista della lotta delle masse oppresse palestinesi e di tutto il Medioriente(Il Programma comunista, n°14, 1982)
  • La lotta nazionale dei proletari palestinesi(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • Sull'oppressione e la discriminazione dei proletari palestinesi(Il Programma comunista, n°19, 1982)
  • La lotta nazionale delle masse palerstinesi nel quadro del movimento sociale in Medioriente(Il Programma comunista, n°20, 1982)
  • Il ginepraio del Libano e la sorte delle masse palestinesi ( Il programma comunista, n°2, 1984)
  • La questione palestinese al bivio ( Il programma comunista, n°1, 1988)
  • Il nostro messaggio ai proletari palestinesi ( Il programma comunista, n°2, 1989)
  • Una diversa prospettiva per le masse proletarie (Il programma comunista, n°5, 1993)
  • La questione palestinese e il movimento operaio internazionale ( Il programma comunista, n°9, 2000)
  • Gaza, o delle patrie galere (Il programma comunista, n. 2, 2008)
  • Israele e Palestina: terrorismo di Stato e disfattismo proletario ( Il programma comunista, n°1, 2009)
  • A Gaza, macelleria imperialista contro il proletariato ( Il programma comunista, n°1, 2009)
  • Il nemico dei proletari palestinesi è a Gaza City ( Il programma comunista, n°1, 2013)
  • Per uscire dall’insanguinato vicolo cieco mediorientale (Il programma comunista, n° 5, 2014)
  • Guerre e trafficanti d’armi in Medioriente (Il programma comunista, n°5, 2014)
  • Gaza: un ennesimo macello insanguina il Medioriente-Volantino (Il programma comunista, n°5, 2014)
  • L’alleanza delle borghesie israeliana e palestinese contro il proletariato (Il programma comunista, n°6, 2014)
  • Israele e Palestina: terrorismo di Stato e disfattismo proletario  ( Il programma comunista, n°3, 2021)
  • A fianco dei proletari e delle proletarie palestinesi! ( Il programma comunista, n°5-6, 2023)
  • Il proletariato palestinese nella tagliola infame dei nazionalismi ( Il programma comunista, n°2, 2024)
We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.