DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

L’elezione di Jeremy Corbyn, il 12 settembre 2015, a leader di quel carrozzone ultra-opportunista che è il Partito Laburista britannico ha dato prevedibilmente la stura a una nuova ondata di stolidi entusiasmi, soprattutto da parte di quella “sinistra” piccolo-borghese europea 1che, nel tentativo di tener la testa fuor d’acqua mentre lo tsunami della crisi economica la travolge insieme ai suoi miserabili privilegi, cerca disperatamente di aggrapparsi a questo o quel salvagente, pur di non scivolare giù giù nell’abisso sociale: il Papa “socialista”, i podemos spagnoli, la “sinistra democratica” USA, e naturalmente “ora e sempre Tsipras” (a proposito: non si sente più parlare della Grecia, dopo la massiccia dose di tranquillanti e oppiacei parlamentar-democratici distribuiti a piene mani alcuni mesi fa; intanto, però, il proletariato greco continua a sputar sangue!).

Per esempio, Alberto Burgio, in un articolo sul Manifesto del 20 settembre, nel rammaricarsi che “qui da noi” non esistano personaggi di quel calibro, invoca il “modello Corbyn”: “Tutti [???] abbiamo letto della vittoria di Jeremy Corbyn e ne abbiamo gioito [!!!], augurandoci che essa sia il primo passo di un cammino che non solo porti i laburisti a sfrattare la destra da Downing street alle prossime politiche ma restituisca altresì la sinistra britannica, dopo mezzo secolo, a una tradizione di lotte in difesa del proletariato, dei diritti sociali e della pace. A una storia gloriosa di battaglie a fianco delle Unions e dei movimenti sociali più avanzati ripudiata sin dai tempi del ventennio thatcheriano”. “Bum!”, vien da dire. Il Labour Party come punta di diamante del movimento proletario britannico? Ma su quale libro di barzellette s’è formato l’ineffabile Burgio?

Da sempre, il Labour Party è stato il Gran Pompiere di Sua Maestà, con il ruolo preciso di smorzare, contenere, deviare la combattività di minatori e ferrovieri, portuali e metalmeccanici, insegnanti, uomini e donne delle pulizie, autisti d’autobus e metropolitane, e via di seguito, in abile alternanza (il bastone e la carota) con i tories e i loro governi. Ci si dimentica del grande sciopero generale del 1926? delle lotte dei disoccupati degli anni ’30? degli scioperi dei minatori che hanno punteggiato tutto il secondo dopoguerra, fino a quello – lungo e aspro – del 1984-85? dello straordinario braccio di ferro delle lavoratrici alla Ford di Dagenham nel 1968 o dei lavoratori della Grunwick di Willesden (North London), molti dei quali di origine asiatica e afro-caraibica, durato due anni, fra il 1976 e il 1978? delle continue turbolenze legate alle condizioni di vita e di lavoro della grande massa di proletari immigrati da ogni parte dell’ex impero? Tutti episodi (fra i tanti) in cui il Labour Party ha svolto, in scienza e coscienza, il proprio ruolo di pompiere e di sabotatore, affidandosi di volta in volta alla sua base sindacale, il Trades’ Union Congress (TUC).

E così, dopo le “delusioni” (di segno fra loro diverso) di nome Blair e Milliband, ecco che spunta Corbyn il populista, una sorta di pallido massimalista alla Serrati (in… trentaseiesimo), espressione del progressivo parassitismo della borghesia e dunque anche della sua ala sinistra, di coloro che Lenin chiamava i “luogotenenti operai del capitale”. D’altra parte, lo sappiamo bene. La classe al potere domina anche grazie alla propria memoria storica, alla propria esperienza plurisecolare. E memoria ed esperienza le ricordano da dove viene il grande pericolo per il suo potere: dal proletariato, sia pure prostrato da sconfitte su sconfitte e apparentemente incapace di reagire. Il bastone e la carota, ecco l’unica alternanza che la borghesia conosca: e la carota è abbondantemente intrisa di sonnifero. “W dunque Corbyn!”, sibila la classe dominante fra sé e sé, “se saprà tener a freno le impennate di quel cavallo che, nonostante le bastonate, è pur sempre un animale di razza”. Fuor della metafora: “Ci aspettano tempi duri! Chiamiamo il pompiere!”. E che i tempi si prospettino duri… anzi, che sian già oggi duri… è fuor di dubbio.

Alcuni dati

Bastava dare una scorsa ai giornali britannici nei giorni intorno all’elezione di Corbyn per farsi un’idea dell’esplosiva situazione sociale regnante in Gran Bretagna. Proviamo a sintetizzare, senza pretesa di completezza 2:

- Il Bilancio di Luglio (July Budget) licenziato dal governo rappresenta un passo ulteriore nello smantellamento di quel welfare che era in passato l’orgoglio nazionale. L’Institute for Fiscal Studies di Londra (un organismo istituzionale d’analisi e ricerca) 3 calcola che il 10% più povero della popolazione in età lavorativa perderà una media di 800 sterline l’anno di reddito netto (quasi il 7%); il secondo 10% ne perderà 1300 (più del 7%); il terzo, 1100 (più del 5%); il quarto, più di 600 (più del 3%). A fronte di ciò, basti dire che il 30% più ricco perderà tutt’al più una frazione dell’1%: la forbice si allarga sempre più. A partire dall’aprile 2016 (con congelamento per quattro anni), ci saranno tagli ai sussidi e alle indennità per la popolazione in età lavorativa per ciò che riguarda la casa, la disoccupazione e i crediti d’imposta per lavoratori e lavoratrici e rispettivi bambini e si abbasserà la soglia al di sopra della quale sussidi e agevolazioni verranno ridotti progressivamente (da 6420 sterline l’anno a 3850).

- Intanto, il numero di lavoratori con contratti a zero ore è cresciuto di un quinto in un anno, con 744.000 persone che oggi non hanno alcuna garanzia di orario o salario all’interno del loro impiego principale. Il 2,4% della manodopera si trova in queste condizioni all’interno del proprio impiego principale (ma, a sentire gli imprenditori, la cifra potrebbe essere più alta: 1,5 milioni l’anno scorso, vale a dire il 6%; di questi, più donne che uomini e il 20% fra gli studenti). Quanto ai livelli salariali, possono fluttuare in maniera selvaggia, con una tendenza comunque al ribasso (300 sterline la settimana in meno rispetto ai lavoratori che godono di un impiego sicuro): se si prede a base quello che è il living wage (in pratica, il salario minimo orario) di 7,20 sterline, qualcosa come 3,2 milioni di lavoratori riceve di meno 4.

- A causa dei tagli ai crediti d’imposta, 2,7 milioni di famiglie operaie (con 5 milioni di bambini fra i più poveri del paese) disporranno in media di 750 sterline in meno pro capite all’anno. Che questo si rifletta sulle condizioni di vita dei bambini è un’ovvietà: ma il National Children’s Bureau sembra scoprire l’acqua calda, quando sottolinea che, in ampie zone del paese (il nord, l’ovest e certi quartieri di Londra), i bambini sotto i cinque anni sono maggiormente predisposti di altri a carie e obesità… Nelle parole scandalizzate di Carol Ewing, vice-presidente alle politiche sanitarie del Royal College of Paediatric and Child Health: “In un paese che dichiara di avere uno dei migliori servizi sanitari al mondo, questo tipo di diseguaglianze in campo sanitario non può e non dovrebbe sussistere”. Già! Non dovrebbe… Inoltre, il taglio del 6,2% (pari a 200 milioni di sterline) nei finanziamenti pro salute pubblica da versare alle autorità locali, con conseguente riduzione dei servizi e del personale addetto (gli health visitors), non farà che aggravare la situazione.

- Sempre per la serie “scoperta dell’acqua calda”: l’aspettativa di vita cresce rapidamente… per i ricchi. Secondo l’organizzazione Public Health England, citata dalla rivista Lancet, il 40% dei casi di mala salute è causata da “stili di vita, dieta, ecc.”, con variazioni regionali molto grandi che però rimandano non alla geografia ma al reddito. Il commento illuminato e illuminante del prof. John Ashton, della Faculty of Public Health: “Una sana aspettativa di vita rispecchia in maniera prepotente il nostro ambiente sociale: vuol dire avere un salario sufficiente, un’abitazione decente e una dieta sana”! E bravo il nostro Ashton!

- Il numero di nuclei familiari con problemi di debiti s’è impennato del 28% negli ultimi tre anni, con una cifra di 3,2 milioni di persone in crisi acuta (soprattutto giovani, lavoratori in proprio, famiglie a basso reddito). Altri 700mila nuclei familiari si ritrovano in questa situazione a partire dal 2012, costretti a spendere un quarto del loro reddito lordo mensile per ripagare carte di credito, prestiti e scoperti di conto. Nei prossimi cinque anni, genitori single a basso reddito si ritroveranno con standard di vita sempre più in calo, anche se lavoreranno a tempo pieno.

Bastano questi pochi dati per disegnare un quadro impressionante. La legge della miseria crescente colpisce in maniera spietata: eppure, c’è ancora qualcuno che s’azzarda a negarla!

La “questione delle abitazioni”

Se poi ciò non bastasse, ecco un’altra “questione”, altrettanto drammatica. Londra e altre città medio-grandi possono anche apparire, soprattutto nei loro quartieri centrali, come altrettanti cantieri a cielo aperto (scavi, gru, impalcature per orribili costruzioni nate dagli incubi notturni di qualche archi-star profumatamente pagato: cantieri sottoposti comunque agli alti e bassi del mercato, con lunghi arresti e improvvise accelerazioni). Ma la realtà che vi si cela dietro (o sotto?) è ben altra. Si ripropone cioè, come succede da un buon secolo e mezzo a questa parte, in Gran Bretagna come altrove, la questione delle abitazioni: l’altra faccia della rendita fondiaria, della speculazione edilizia, di un capitale in affannosa e perenne ricerca d’ossigeno… Anche qui, alcuni dati ci aiutano a disegnare la situazione 5:

- I prezzi delle case non cessano di salire: oggi risultano all’incirca sette volte il reddito medio delle famiglie; a essi, si aggiungono poi, per chi fa il passo azzardato di comprare una casa, mutui e ipoteche da ripagare mensilmente. Nel solo 2013, ammontavano a 28.900 le case repossessed: tornate al proprietario originario (individuo, banca, ente, istituzione, ecc.) per mancato pagamento del mutuo. Il famigerato “diritto all’acquisto” di thatcheriana memoria (“Tutti proprietari!” era lo slogan) mostra qui il suo vero volto. Inoltre, il progetto – che in alcuni casi è già realtà – di estendere il “diritto all’acquisto” anche alle tenants’ associations (qualcosa di simile alle nostre cooperative edilizie: e ne sappiamo di belle!) renderà la situazione ancor più difficile.

- Cresce il numero delle famiglie che, all’acquisto, preferiscono l’affitto privato: sono oggi più di nove milioni, di cui 1,3 milioni famiglie con bambini. Ma crescono anche gli affitti, l’incidenza degli oneri nascosti, le minacce di sfratto per mancato pagamento. Inoltre, le condizioni di vita in molti di questi appartamenti sono spesso pessime: un terzo delle case oggi affittate privatamente non raggiunge il Decent Homes Standard, lo “standard di decenza abitativa”…

- Cresce di conseguenza il numero dei senzatetto: più di cinquantamila nuclei familiari all’anno si ritrovano in queste condizioni, con più di 2000 persone costrette a vivere letteralmente nelle strade. Il rough sleeping, il “dormire all’addiaccio” 6, è aumentato del 55% negli ultimi cinque anni: a Londra, il numero dei senzatetto è cresciuto di un terzo fra l’autunno 2013 e l’autunno 2014, mentre nel dicembre 2014 erano circa 62mila i nuclei familiari in tutta Inghilterra collocati in sistemazioni temporanee, con altri 280mila nuclei familiari a rischio e un numero più che triplicato di famiglie che sopravvivono precariamente in bed & breakfast (da 630 nel 2010 a 2040 l’anno scorso). Gli sgomberi con ampio ricorso alle “forze dell’ordine” sono anche qui una scena familiare: tutto il mondo (capitalista) è paese! In particolare, si diffonde il fenomeno delle revenge evictions, gli “sfratti di ritorsione” contro inquilini che osano lamentarsi con i proprietari per le condizioni in cui sono costretti a vivere: 200mila nel 2013! (Inoltre, come conseguenza del Bilancio di Luglio, i giovani senza lavoro al di sotto dei 21 anni saranno esclusi automaticamente da sussidi e agevolazioni per la casa).

- Si stima che sarebbero necessarie 250mila nuove case all’anno, per provvedere ai bisogni della popolazione britannica, mentre se ne costruiscono meno di metà. A fronte di questa pura e semplice constatazione, svettano i grattacieli-modello e i borghesi e piccolo-borghesi gonfiano il petto d’orgoglio nazionale…

Naturalmente, ora in molti fanno a gara per proporre soluzioni al problema. Ma scriveva Friedrich Engels nel 1872, in La questione delle abitazioni (“Parte seconda: Come la borghesia risolve la questione delle abitazioni”): “In realtà la borghesia non ha che un solo metodo per risolvere a suo modo la questione delle abitazioni; cioè risolverla in modo tale che la soluzione riproduca continuamente di nuovo la questione stessa. Questo metodo si chiama Haussmann. Con questo nome non intendo semplicemente la maniera specificamente bonapartistica che il parigino Haussmann ha di aprire strade lunghe, diritte e larghe attraverso i fitti quartieri operai scaglionandovi in ambo i lati edifici di lusso: una maniera con cui, oltre che allo scopo strategico di rendere difficile la lotta di barricate, si mirava alla formazione di un proletariato edilizio specificamente bonapartista, dipendente dal governo, e alla trasformazione di Parigi in una vera e propria città di lusso. Col nome di Haussmann, intendo la prassi generalizzata di aprire delle brecce nei quartieri operai, in particolare in quelli centrali delle nostre grandi città, poco importa se a ciò si sia indotti da considerazioni attinenti all'igiene pubblica o all'abbellimento della città, ovvero dal bisogno di grandi locali per negozi siti in posizione centrale o da esigenze di traffico, quali sono costruzioni ferroviarie, strade e via dicendo. Il risultato è ovunque lo stesso per diversa che sia l'occasione: i vicoli e i vicoletti più scandalosi spariscono dietro la gran glorificazione che la borghesia fa di se stessa in ragione di questo gigantesco successo, ma rinascono ben presto altrove e spesso nelle immediate vicinanze”. Sintetico e chiaro, e soprattutto attuale.

Repressione antiproletaria

In questo scenario, già di per sé drammatico, l’attacco al proletariato si completa con un’opera preventiva di repressione nei confronti di qualsiasi possibile, futura reazione organizzata. La proposta di legge sul sindacato (Trade Union Bill) in discussione a settembre prevede infatti una serie di disposizioni e normative, non molto diverse da quelle che sono state o verranno prese dai governi (di destra, di centro-sinistra o di “sinistra”) di altri paesi 7: tutte miranti a ingabbiare le lotte e a colpire i tentativi di organizzarsi alla base.

Così, dal The Guardian del 15/9, apprendiamo che la proposta di legge prevede una soglia del 50% di voti a favore per dare inizio a un’azione di lotta (con una del 40% di tutti gli aventi i requisiti necessari per “i servizi importanti nel settore pubblico”) e l’abolizione del divieto di ricorrere a lavoratori interinali (agency workers) per sostituire il personale in sciopero (in pratica, la legittimazione del crumiraggio); inoltre, i sindacati dovranno informare polizia e padronato con due settimane di anticipo di ogni piano di sciopero, includendo nella comunicazione i dettagli sul progettato uso di cartelli e di altoparlanti, di blogs e di altri social media, mentre il “responsabile” di ogni picchetto (che sarà composto da non più di sei scioperanti) dovrà indossare una fascia al braccio e fornire ogni informazione sui partecipanti a polizia e padronato (in pratica, l’obbligo della delazione). Multe salatissime (fino a 20mila sterline) saranno comminate alle organizzazioni sindacali per l’inosservanza di queste regole (in pratica, la legittimazione dei sindacati ufficiali in grado di pagare penalità così elevate, a sfavore di qualunque organizzazione di base).

Di fronte a questa prospettiva, è rivelatore il commento di Angela Eagle, la neo-segretaria agli affari nominata da Corbyn per il suo “governo ombra”: “Con un numero di giornate di lavoro perdute per azioni di sciopero in calo del 90% negli ultimi 20 anni, non c’è assolutamente alcun bisogno di applicare la legge in maniera così draconiana” 8. Sono necessari ulteriori commenti? Con “sostenitori” di questa pasta, il proletariato britannico è bell’e fritto!

***

Sì, c’è del marcio, in Gran Bretagna, e solo un’ampia e decisa ripresa classista potrà spazzarlo via. Il proletariato britannico (intendendo, sia ben chiaro, tanto le sue componenti indigene quanto quelle immigrate in passato e di recente) hanno una grande tradizione di lotte, spesso spontanee e condotte con grande decisione e generosità: e siamo sicuri che darà presto prova di voler continuare quella tradizione. Ma ciò non basta. In Gran Bretagna come altrove, si pone con drammatica urgenza la questione della direzione politica delle lotte che immancabilmente scoppieranno: la questione del partito rivoluzionario, per troppo tempo assente dallo scenario britannico e mondiale.

 

1 Sulla base di un rapido conto approssimativo, i gruppi stalinisti, trotzkisti e socialdemocratici di sinistra inneggianti in Gran Bretagna alla vittoria di Corbyn ammontano a 57!...

2 I dati che seguono sono tratti da The Times del 3/9, The Independent dell’8/9, The Guardian del 7/9, del 9/9, del 12/9 e del 15/9.

4 Si tenga poi presente che la forbice fra i salari dei lavoratori e quello delle lavoratrici è attualmente del 19%. Nei progetti del governo, il living wage di 7,20 sterline (a partire da gennaio 2016) dovrebbe giungere a 9 sterline nel 2020: intanto, campa cavallo! In ogni caso, i giovani al di sotto dei 25 anni non saranno inclusi nel novero di coloro che hanno “diritto” al nuovo National Living Wage. Con una disoccupazione giovanile ovunque in crescita…

5 Li ricaviamo dal sito di Shelter England (http://england.shelter.org.uk) e da The Guardian del 28/4/2015 e del 12/9/2015 (oltre che da varie pagine del suo sito www.theguardian.com).

6 Centodieci anni fa, nel suo Popolo dell’abisso, Jack London diede un ritratto impressionante di questa popolazione notturna di senza tetto, incalzati da un capo all’altro di Londra dalle “forze dell’ordine”. Allora, il rough sleeping era detto carrying the banner, “portar la bandiera”: cambia la terminologia, la condizione rimane.

7 Si veda ad esempio, in Spagna, la cosiddetta “Legge Bavaglio”. Cfr. “Il mondo-lager del capitalismo”, Il programma comunista, n.3/2015. D’altra parte, in Italia…

8 Sempre il Guardian (stessa data) c’informa che, nei 12 mesi precedenti l’aprile 2015, il numero delle giornate lavorative perdute per scioperi ammontava a 704mila, a fronte dei quasi 13 milioni perduti in media ogni anno durante gli anni ’70. C’è da chiedersi: dov’era il Labour Party in tutti questi anni?

 

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