DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

“Proletari di tutto il mondo, unitevi!” non è (non è mai stato) uno slogan retorico. E' il riconoscimento di una necessità storica: la lotta contro il modo di produzione capitalistico può solo essere una lotta unitaria e internazionale. Ma è anche il riconoscimento di una condizione oggettiva: i proletari possono e devono unirsi perché comune è la loro condizione, al di là delle barriere geografiche, etniche, culturali, religiose, e via dicendo. E' lo stesso modo di produzione capitalistico che, suo malgrado, proprio per le sue stesse leggi di funzionamento, accomuna i proletari di tutto il mondo sul piano oggettivo: lo dimostra lo stesso furore con cui l'ideologia dominante cerca poi di dividerli, contrapponendo settori a settori del proletariato internazionale, sul piano delle idee, delle religioni, dei comportamenti.

Proprio di fronte alla crisi economica (che – ripetiamolo ancora fino alla nausea – è crisi sistemica del modo di produzione capitalistico, crisi di sovrapproduzione di merci e capitali e dunque crisi del meccanismo di accumulazione: cioè, del motore stesso che fa funzionare il capitalismo), proprio di fronte alla crisi economica, quest'unità oggettiva dei proletari, dettata dalle necessità stesse del capitalismo, risulta ancor più evidente a chi sappia guardare dentro la realtà senza i paraocchi dell'ideologia dominante.

Lo sforzo di quest'ultima (che è lavoro quotidiano e ben pagato di politici e opinionisti, giornalisti e professori, preti e poliziotti – insomma, di tutto l'apparato statale) è di approfondire le divisioni. Ma il capitale, nelle sue dinamiche profonde, unisce oggettivamente. Lo fa, per esempio, attraverso le armi del controllo e della repressione.

Senza stare ad analizzare tutte queste dinamiche profonde, limitiamoci a considerare brevemente questi due aspetti: il controllo e la repressione. Da tempo, in tutti i paesi, un gran lavorio si sta compiendo (montando in tutti i modi l'opinione pubblica, grazie a ogni forma di retorica sensazionalistica e terroristica) al fine di “controllare l'immigrazione”: e questo controllo significa inevitabilmente “repressione”. Controllo dei flussi, controllo delle frontiere, controllo dei movimenti, controllo dei singoli e dei gruppi: l'oscenità della repressione aperta nei confronti di migranti senza terra, senza lavoro, senza speranze, con l'obiettivo di farne sempre e comunque una merce il più a buon mercato possibile, giornalmente ricattabile e indifesa. Sappiamo bene di che si tratta: ne abbiamo parlato più volte.

Da tempo e allo stesso tempo, il capitale, nelle sue diverse sezioni nazionali (diverse, ma unite nell'obbiettivo), opera per controllare e reprimere la classe lavoratrice. In Spagna come in Gran Bretagna, in Germania come – ora – in Italia, ulteriori misure di controllo e repressione delle lotte operaie vengono introdotte o rafforzate, precisate in maniera più netta ed esplicita, seguendo una dinamica che è in atto da sempre, ma che si acuisce inevitabilmente nei periodi di crisi, durante i quali la classe dominante sa per esperienza plurisecolare che i “dominati” prima o poi si faranno sentire. Nella pratica e nella legislazione (che in fondo non fa che sanzionare la pratica già in atto), si controlla e si reprime sempre di più lo sciopero, in quanto arma propria dei proletari; si limita pesantemente la possibilità di organizzarsi e di lottare al di fuori del controllo delle istituzioni e degli organismi (politici e sindacali) che le sostengono; si criminalizza (facendo naturalmente ampio ricorso a quell'“opinione pubblica”, che è una vera mantenuta della classe dominante) ogni comportamento non riconducibile alle “regole del vivere civile”, che sono poi le “regole di funzionamento del capitale”. Le misure introdotte di recente dal governo Cameron in Gran Bretagna e quelle analoghe che sta cucinando il governo Renzi, tanto per fare due esempi, vanno in questa direzione. Ampliare e approfondire il controllo e la repressione.

Controllo e repressione: ecco che cosa unisce, oggettivamente, i proletari immigrati e non. Si tratta, è ovvio, di rapporti di forza. E solo mettendo in campo una forza unitaria, un vero, reale fronte unito della classe proletaria, sarà possibile rovesciare quei rapporti, e rispondere colpo su colpo al controllo e alla repressione.

 

NO A OGNI CONTROLLO E REPRESSIONE DEL PROLETARIATO IMMIGRATO!

NO A OGNI CONTROLLO E REPRESSIONE DELLE LOTTE E DELL’ORGANIZZAZIONE PROLETARIA!

 

  Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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