DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Si dice che le medaglie sfoggiate dai pubblicisti dei più vari mezzi di comunicazione di massa sono “l’esperienza sul campo”, la presentazione “documentata” dei “dati oggettivi”, gli incontri e i dialoghi “filmati”, con le parole e il pensiero dei protagonisti “fedelmente” riportati.

Parliamo dei pubblicisti (cosiddetti neutrali) che blaterano a sproposito dell’Ucraina e delle nubi di guerra che vi si addensano sopra minacciose. Essi si vantano di stare sugli spalti a osservare dall’alto gli avvenimenti “in presa diretta”; in realtà, sguazzano con grande soddisfazione dentro la palude o nel caos degli stessi fatti, schizzando dappertutto (e alimentando pagina dopo pagina) elementi di confusione su quanto avviene, sull’intera realtà, sulla vita stessa. D’altronde, la loro conoscenza si limita alle “cose” del presente, perché per loro solo il presente esiste: i percorsi devastati della storia, il peso della tragedia che grava ancora sulle spalle del proletariato, la cecità trasmessa come malattia alle nuove generazioni, tutto questo giace sepolto nell’oblio. Di contro, ad aumentare la confusione, ecco gli “impegnati”, gli engagés, i miliziani “di sinistra” senza arte né parte. Delle loro verità si sa tutto prima ancora che siano esposte e allineate… alla rinfusa: sono gli stalinisti di lungo corso, i figli di quei partiti opportunisti dell’epoca della ricostruzione del secondo dopoguerra, nazionalisti allora e nazionalisti oggi, “senza se e senza ma”.

Succede in Ucraina, dove le reciproche accuse di sottomissione all’imperialismo russo o a quello americano sono all’ordine del giorno, nel corso di questa guerra reale che ha già causato la morte di migliaia di giovani mobilitati “alla bell’e meglio”, di lavoratori e di civili, in nome del patriottismo e del nazionalismo rapidamente resuscitati.

Così, gli incontri e le interviste con personaggi nei ruoli di comando nei paesi devastati, tra i rifugiati e tra gli scampati, avrebbero tutti la benedizione di… Santa Oggettività. Il lettore rincretinito viene preventivamente avvertito e rassicurato: qui si inalbera la resistenza eroica, il desiderio profondo di autonomia e di indipendenza, la nostalgia del passato, l’antifascismo a 24 carati; là pulsano la voglia di libertà, il progresso civile riscaldato dal colore partigiano (arancione), resistenzial-democratico, anti-barbaro e antimperiale… Da una parte, si denuncia la presenza di settori di destra estrema, di nazisti già presenti nei ruoli governativi a Kiev, di cecchini appostati sui palazzi, di sprangatori di professione; dall’altra, si lamenta la pressione dei carri armati russi ai confini, il sostegno militare e soprattutto quello finanziario da parte del “neo-zar Putin”. Tutti i personaggi di diversa estrazione sociale o etnica, appassionati politicanti, gerarchi, faccendieri, oligarchi, si son già scordati, passati pochi mesi, le masse di lavoratori, di civili e di combattenti uccisi, cui hanno fatto indossare in fretta la casacca militare, i giubbotti e gli elmetti. Di armi sono pieni gli arsenali e le fabbriche della zona interessata, sfornate a migliaia; e le strade sono piene di combattenti che passano da un fronte patriottico all’altro, oppressi da avvenimenti di cui non comprendono il senso e la portata. I pacificatori, i neutrali, figli all’occasione dei Convegni di Minsk 1 e Minsk 2, dell’illusione pacifista, degli accordi di tregue temporanee fra gli Stati capibranco, capaci solo di annacquare anche gli eventi più dolorosi e più tragici, ci rimanderanno la loro opinione “quando tutto sarà chiarito”.

Chiarito da chi? Chi ha creato la dinamica di terrore che ha portato alla morte le decine di persone bruciate nell’incendio della Casa dei sindacati a Odessa? Chi ha preso a bersaglio l’aereo malese mirando a estendere il conflitto con la morte di centinaia di civili? Chi ha sparato sui quartieri, sulle case e sui civili in fuga? Nessuno è responsabile, ovviamente, perché nessuno si presenta con il grugno porcino imperialista! Gli imperialisti sono tutti “amanti della pace”, della democrazia, dell’indipendenza dei popoli, del benessere collettivo! I pacifisti, i neutrali, si domandano trepidanti: qual è la natura della Resistenza nell’Ucraina sud orientale (la Novorossiya), della nostalgia per l’Urss, della dura accusa di fascismo rivolta ai paesi occidentali? perché tanto odio e tanta ferocia nei confronti dell’Urss e della Russia attuale? e perché questa grande spinta liberista delle forze politiche nazionali ucraine verso l’Occidente non trova il suo giusto corso? da dove nasce questa volontà di voler cancellare anche l’uso della lingua russa? Domande retoriche, ovviamente, perché esistono le “indiscutibili risposte”: l’iper-nazionalismo dell’estrema destra, il collaborazionismo ucraino con i nazisti nell’ultima guerra, il colpo di Stato effettuato contro Janucovich “legittimo presidente votato democraticamente” (certo non esente dalla corruzione negli affari del petrolio e del gas!) negli scontri di piazza Maidan con il sostegno “indiretto” degli Usa, dell’Inghilterra e dei Paesi baltici… E, per non farci sbilanciare, i pubblicisti ci imbeccano con la forte spinta entusiasta verso l’indipendenza delle repubbliche nel Donbass, del Donetz, di Lugansk, avvalorata dai comandanti e dai soldati resistenti, nostalgici del passato stalinista, e dallo schieramento dei carri amati russi al confine.

Sfugge loro il semplice fatto che la grassa borghesia locale, e con essa i responsabili sindacali, i gestori delle centrali di smistamento del gas, i piccoli padroncini e amministratori comunali della zona e gli impiegati nelle forze dell’ordine, teme di trovarsi improvvisamente cacciata fuori da un tessuto economico, intrecciato da più di un secolo nelle due zone di confine. Sfugge cioè la possibilità che, con l’ingresso dell’Ucraina nell’orbita economica occidentale, venga a crearsi una frattura irreparabile nel mercato sud-orientale dell’Ucraina entro cui da sempre si svolgono gli affari 1. Sfugge, perché la parola “popolo”, per questa massa di destri e di “sinistri”, di neutrali e di ingaggiati, unisce proletari, borghesi, classi medie – i “subalterni”, come li chiamano. Le differenze di classe? Nient’altro che “contraddizioni in seno al popolo”… Mobilitandosi, questa ricca schiera di indipendenti propaganda a gran voce la favola che i lavoratori, i minatori, i metalmeccanici, ritornando alla Russia, avrebbero stipendi doppi, pensioni doppie, servizi migliori agganciati alla rendita petrolifera, e soprattutto lavoro. Ci par di vederli mentre difendono la statua di Lenin dall’assalto dei picconatori e ne invocano la paterna protezione. Povero Lenin! I pacifisti, i neutrali, chiedono che si faccia chiarezza: occorre spazzare via “i fraintendimenti” che alimentano lo scontro. I dilemmi sono tanti, certo, ma “il popolo sovrano” vuole vivere in una regione indipendente, vuole in parte ritrovare la vecchia Madrepatria… Ma anche, al giusto prezzo, rimanere in Ucraina.

Torniamo ai contingenti di miliziani italiani, andati a Mosca a fine 2014, alla testa di una Carovana antifascista promossa dal gruppo musicale Banda Bassotti (!!!), cui però, alla fine, non è stato consentito di tenere un concerto a Lugansk. La “natura di classe” di questo movimento d’indipendenza nel Donbass, dichiara uno di essi, è indubbia: il processo è “già spontaneamente socialista”. O giovinezza, giovinezza! “Basta guardare la struttura produttiva e i suoi riflessi sulla composizione di classe per accorgersene”. Lo spettacolo che ci viene offerto è sublime: “il lavoratore esce dal fondo della miniera, indossa la tuta mimetica, combatte e poi torna in miniera”. Ogni pretesto è buono per rinnovare il partigianesimo nazionalista e patriottico, a favore di questo o quel fronte. C’è da meravigliarsi se, alla domanda degli stessi estensori della pubblicazione da cui abbiamo tratto queste sublimi citazioni (Ucraina: Golpe Guerra Resistenza, Red Star Press, Roma 2015), sulla natura antifascista di questo movimento di indipendenza, uno dei baldi miliziani candidamente affermi: “Con riferimento al contesto, è vero, i fascisti europei si sono spaccati in due filoni di pensiero (e di alleanze) rispetto alla questione Ucraina. Un filone antiatlantista, quindi pro Novorossiya (il territorio di indipendenza) e un filone antirusso, quindi pro Kiev. In Italia, Casa Pound ha assunto una posizione pro-Kiev (anche se si dichiara anti-Ue in patria) e Forza Nuova insieme al piccolo microcosmo delle realtà rosso-brune a favore di Putin” (no comment!). Aggiunge ancora che, in un convegno organizzato in Crimea dalla Russia sulla situazione in Ucraina, ha partecipato “il meglio” del fronte fascista europeo anti-atlantista. “Io ho condiviso in parte la critica che puntava il dito verso quelle componenti nazionaliste e conservatrici della Resistenza nel Donbass che parteciparono a quel convegno”.

Non può mancare, per condire la zuppa, il ritornello dei “popoli oppressi”: “Il fronte esterno della lotta tra borghesia e proletariato mondiale ruota intorno alla contraddizione imperialismo/popoli oppressi […] ogni rivoluzionario dovrebbe sempre trovarsi dalla parte dei popoli oppressi e del proletariato”. Ma dov’è il proletariato in questa miserabile faccenda? Dove sono il suo programma, la sua finalità, la sua organizzazione tesa ad abbattere la borghesia? E soprattutto dov’è il “popolo oppresso”, in questo affare di privilegi, di giochi elettorali, di mazzette, di carriere? Le cosiddette repubbliche indipendentiste oscillano spesso, ci dicono, tra stalinismo e fascismo. La giovanile esuberanza che un tempo le estasiava, che alzava in aria il Libretto Rosso, che dava l’anima alle feste dell’Unità, oggi si ritrova (storcendo un po’ il naso: ma, ovviamente, si tratta di… contraddizioni in seno al popolo) con il clero ortodosso, con i veterani dell’esercito, con i filomonarchici, con il deputato comunista cosacco, il miliziano monarchico, il comandante fascistoide. Una gratificazione (non ridete!): “La Russia in quei giorni [degli accordi di Minsk] era impegnata a mostrarsi una controparte affidabile e la possibilità che cinquanta internazionalisti provenienti dal sud Europa passassero indisturbati il confine russo consegnando aiuti umanitari, materiale logistico e denaro alle milizie delle repubbliche era un’eventualità che non poteva e voleva rendere concreta”. Nella fase iniziale, c’è stata molta confusione, dice un altro. Non si capiva chi fosse lo Stato imperialista oppressore (la Russia, gli Stati Uniti, o entrambi?) e chi fosse il popolo oppresso. Il popolo ucraino chiedeva, raccontano, la fine del sistema degli oligarchi e della corruzione generale anche di matrice russa, ma poi la borghesia ucraina filoccidentale, appoggiata dall’imperialismo americano e dai neonazisti sguinzagliati, ha cavalcato la protesta e deposto il governo “democraticamente eletto”. Le “spinte progressiste del popolo” – ovvero delle classi medie, della piccola e media borghesia – sono state rovesciate dal movimento reazionario e filo-occidentale a Maidan, dal golpe anti Janucovich… Ma (esultate!) la legittima rivolta del popolo del Donbass ha ripreso il sopravvento, contenendo lo sviluppo reazionario.

E poi, naturalmente, questi miliziani guardiani della democrazia, queste oche capitoline starnazzanti, per metterti a tacere non mancano mai di ricordarti la grande Resistenza antinazista della Patria Russa nel secondo conflitto mondiale, i 20-30 milioni di proletari russi morti per salvare l’Europa dal giogo nazista… Il grande fascio di Stati assassini di ieri, appropriatisi dei morti proletari, approntano ogni anno in Normandia e a Mosca parate militari da Colossal cinematografici, in perpetua memoria dell’anniversario del Grande Massacro perpetrato nel nome della Santa Alleanza tra Russia e Mondo Libero. Tutt’insieme, ferocemente e appassionatamente, hanno prodotto un Genocidio: un’immensa massa di proletari, contadini, lavoratori, civili inermi, utilizzata come carne da cannone (75 milioni di morti d’ogni nazione, d’ogni religione, d’ogni cultura – non solo sei milioni di ebrei!). Fanno fatica, queste giovani brigate nazionaliste “di sinistra” di oggi, a ricordare quel che furono la devastazione della guerra di Spagna, la fucilazione dell’avanguardia rivoluzionaria bolscevica, la liquidazione del Comintern ormai ridotto a un’organizzazione controrivoluzionaria, il Patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop che vide alleati Germania e Russia dal 1939 al 1941 e che annientò programma, finalità, tattica, strategia del comunismo rivoluzionario – e che decretò la spartizione della Polonia. E non gli si parli dell’Alleanza imperialista Usa-Russia, altro corpo mortale inferto alla nostra classe!

Ma tanto basti. Sul piano teorico, grazie al suo partito rivoluzionario, il proletariato ha già fatto i conti con la marmaglia borghese di destra e di “sinistra”: la critica delle armi sarà il compito delle generazioni proletarie future.

1 A questo proposito, si vedano invece i molti articoli da noi dedicati ai “fatti di Ucraina”, in particolare sui numeri 2/2015 e 3-4/2014.

 

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