DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

L’industria bellica è la più grande impresa moderna sempre in funzione, la più vasta organizzazione produttiva a ciclo continuo, quella che non subisce mai crisi e che così permette l’accumulazione del capitale. La deterrenza, lo stato di terrore, la potenziale minaccia sono il principio motore dell’esistenza stessa degli Stati borghesi: e le guerre reali sono la realizzazione dinamica di quello stato. L’industria bellica è il mezzo più potente che permette alla borghesia di estendere nel tempo e nello spazio la sottomissione reale del proletariato e di rintuzzare i concorrenti internazionali. Non altre sono le sue finalità: perciò il militarismo è la condizione d’esistenza stessa del dominio della borghesia, in pace e in guerra.

Mentre da un lato continuano senza posa, da una zona critica all'altra (in Ucraina, in Siria, in Libia, nei territori palestinesi), i massacri di proletari e masse proletarizzate e dall'altro non cessano di levarsi al cielo i belati buonisti di mezze classi stordite e infinocchiate da papi, papesse e papponi della politica borghese, chi ben sa ciò che si prepara... si prepara. Leggiamo anche solo tre titoli dal Corriere della Sera delle ultime settimane: “Il Giappone mostra i muscoli. Budget record per la Difesa contro le provocazioni cinesi” (15 gennaio), “La Germania si riarma (pensando a Mosca). Sale la spesa per la Difesa” (3 marzo), “Cina, corsa al riarmo. La spesa militare cresce del 10 per cento” (5 marzo).

Così, veniamo a sapere (oh, mirabolante scoperta!) che

  • i 36 miliardi di euro del capitolo per la spesa militare nel bilancio giapponese per il 2015 costituiscono “il record nella storia del Giappone dopo la fine della Seconda guerra mondiale”, con un aumento del 2% rispetto al 2014 (terzo aumento consecutivo);

  • queste “noccioline” serviranno a comprare “20 aerei da pattugliamento antisommergibile P-1, tre droni Global Hawk prodotti dalla Northrup Grumman, cinque V-22 Osprey e sei caccia F-35 stealth. […] due cacciatorpediniere con sistema radar Aegis e 30 mezzi per operazioni anfibie che equipaggeranno una nuova unità modellata sul corpo dei Marines americani”. Il tutto, naturalmente, “per tenere testa alla Cina”: ciò che il premier Shinzo Abe chiama (udite, udite, pacifisti buonisti!) “Pacifismo attivo”, spiegando che “il nuovo Giappone dev'essere in grado di combattere al fianco degli alleati in caso di una crisi”;

  • la Germania “s'è impegnata – come gli altri membri dell'Alleanza atlantica – a portare gli investimenti [nel settore] al 2% del Prodotto interno lordo” nel 2017 (nel 2016 “l'industria non sarebbe pronta per maggiori investimenti”... ): il primo aumento dal 1981 (a esclusione del 2009);

  • la decisione deriva dalla presa di coscienza (!) da parte del governo e del mondo politico tedesco di “un dovere di maggiore presenza negli affari internazionali” – nelle parole del Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble: “Di fronte alle crisi e all'instabilità del mondo, dobbiamo sopportare [!] una spesa per la Difesa più alta”: altro esempio di “pacifismo attivo”;

  • “nel prossimo anno e mezzo, più di duecento esperti militari e di relazioni internazionali, politici, esperti dell'industria e dei media ridisegneranno la strategia delle forze armate tedesche – Bundeswehr – nell'era Putin”;

  • mentre rallenta l'economia della Cina (la previsione è di un “misero” +7%... ), la spesa militare si attesta su un solido +10% – unico settore, dunque, in cui si conserva un valore a due cifre, orgoglio fino a pochi anni fa della Cina;

  • tale aumento corrisponde a un bilancio di 148 miliardi di dollari (ma: “Molti analisti occidentali sostengono che in realtà la Cina spende circa il doppio rispetto al dato ufficiale... );

  • tutto ciò deriva dal fatto che (nelle parole della portavoce del Congresso nazionale del popolo) “Siccome è un grande Paese, la Cina ha bisogno di una forza militare capace di proteggere la sua sicurezza nazionale e il suo popolo [=”pacifismo attivo”]; la storia ci ha insegnato che quando siamo rimasti indietro siamo stati attaccati, non lo dimenticheremo”;

  • comunque tutte queste cifre sono ancora ben lontane dai 585 miliardi di dollari stanziati dal Premio Nobel per la Pace Barack Obama per la difesa degli Stati Uniti... Ma la rincorsa è iniziata.

Naturalmente, tutti hanno le loro buone ragioni... di vicinato. I gonzi non capiscono che la vera “buona ragione” sta nella crisi economica mondiale, nelle sue dinamiche e nelle sue prospettive. Quando lo capiranno (se mai lo capiranno), staranno già partendo per il fronte: “pacifismo attivo”!

PS: Sull'industria degli armamenti che continua a tirare, si veda il nostro articolo più recente: “Armamenti: la crisi e le prospettive di guerra”, il programma comunista, n.3-4/2014.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista)

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