DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Nel territorio dell'ex-miracolo economico, le situazioni di conflitto aziendale sono in via di assorbimento senza aver ottenuto risultati significativi sul piano rivendicativo né tanto meno aver prodotto forme di organizzazione e di solidarietà operaia stabili. Si tira avanti con la cassa integrazione e con la prospettiva di aleatori "piani industriali" (Electrolux di Porcia, in provincia di Pordenone), buoni per coltivare negli operai l'illusione di un'occupazione futura.

La gestione sindacale e politica delle crisi ha trovato la sua espressione massima (si fa per dire!) nel caso della Ideal Standard di Orcenigo (sempre nel pordenonese), di proprietà di un fondo di investimento. Gli operai sono stati spinti a costituire una cooperativa, la Idealscala, che avrebbe dovuto prendere possesso degli impianti e del sito, ceduti a condizioni di favore dalla proprietà. A questo fine, si erano aperte le solite trattative tra governo, regione, sindacati e impresa che ora, guarda un po', sono giunte a un punto morto. L’impresa non ha accettato il "piano industriale" della cooperativa e ha abbandonato le trattative, tanto che il vicepresidente della Regione tuona indignato: "Credo che la proprietà di Ideal Standard abbia preso in giro tutti, dal Ministero alla Regione FVG, dagli Enti territoriali alle rappresentanze sindacali e ai lavoratori della cooperativa: non trovo veramente parole per spiegare tutto questo". La dichiarazione suona a ulteriore presa in giro nei confronti degli unici gabbati: gli operai. Tanto più che il sicuro fallimento della neonata cooperativa si colloca nel contesto della crisi di altre cooperative ragionali di ben più lontana origine.

Fa notizia in questi giorni (dicembre 2014) la crisi delle storiche cooperative carniche (Coopca), la cui rete commerciale è estesa, oltre che in Carnia e nell'Alto Friuli, anche in Veneto. Qui non si tratta solo di licenziamenti, ma del coinvolgimento nel probabile fallimento di un gran numero di piccoli risparmiatori che vedono a rischio i loro depositi (spesso l'unica riserva disponibile). Una possibile soluzione potrebbe venire dalla ventilata acquisizione dei punti vendita da parte della Despar, che segnerebbe tra l'altro il procedere della concentrazione capitalistica nel settore distributivo. Anche le antiche cooperative (di matrice operaia e cattolica) si sono adeguate ai metodi della finanza più spregiudicata.

Poche settimane prima che trapelassero sulla stampa le voci sul dissesto finanziario, la Coopca aveva inviato una lettera ai risparmiatori in cui li rassicurava sul fatto che i loro soldi fossero in buone mani. Lehman Brothers insegna...

Per i grandi istituti finanziari come per le piccole casse "sociali", alle voci di dissesto finanziario fa seguito la corsa agli sportelli, e ai più rimane solo carta straccia (in questo caso una carta di credito cooperativo senza copertura). E' uno dei tanti aspetti di una crisi che procede e coinvolge via via tutti gli aspetti della vita sociale.

La crisi Coopca fa seguito al probabile fallimento delle Cooperative operaie triestine (un “buco” di 103 milioni di euro, 600 dipendenti in bilico) che fa tremare i 17.000 soci, impossibilitati a riscuotere i prestiti sottoscritti. Anche in questo caso l'alta finanza fa scuola: per legge, l'esposizione finanziaria delle cooperative non può superare di oltre cinque volte l'ammontare dei prestiti, ma la dirigenza era andata ben oltre e per fare quadrare i bilanci aveva truccato le carte con cessioni fittizie di immobili a società collegate.

I dati economici della Regione, lembo estremo del fantastico Nordest, sono deprimenti. Nel 2014, è continuato l'andamento negativo del Pil, con un -0,3% previsto. La recessione rallenta rispetto agli anni precedenti (2012: -2,1%; 2013: -1,7%), ma continua a mordere. L'aumento dell'export (+0,9%) è indicatore della competitività del sistema delle imprese, ma non è in grado di compensare la diminuzione della produzione domestica, trascinata al ribasso dal calo dei consumi e dalla crisi del mercato interno. La disoccupazione rimane intorno all'8%, ma la cassa integrazione aumenta del 16% rispetto al 2013, dato molto peggiore di quello nazionale (-8,5%) e del restante Nordest (-22,6%). L'alta percentuale della quota di Cig straordinaria o in deroga (84%) è la riprova delle difficoltà di uscita dalla crisi che ora coinvolge anche la grande distribuzione, i centri commerciali spuntati come funghi negli ultimi 10-15 anni (sovraproduzione di... mezzi di distribuzione). Insomma, tira una brutta aria.

Va anche ricordato che la crisi delle imprese comporta minori introiti per le casse degli enti locali, già strangolati dall'obbligo costituzionale del pareggio di bilancio, e ciò si tradurrà in minori sevizi e assistenza.
Il proletariato locale per ora subisce passivamente i licenziamenti, la Cig, la crisi del welfare... Ma fino a quando?

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista)

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