DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Per motivi di spazio, siamo costretti a rinviare al prossimo numero il previsto articolo sugli episodi di disfattismo istintivo verificatisi negli eserciti di vari paesi durante la Prima guerra mondiale, che doveva seguire quello pubblicato nel numero scorso di questo giornale e intitolato “Disfattismo, rivolte e repressione nella prima guerra imperialistica (appunti per una memoria di classe)”. Lo sostituiamo con questo episodio rievocato nella Storia della rivoluzione russa di Lev Trotsky (Vol. II, Capitolo “Le masse sotto i colpi”, Oscar Mondadori, pp.818-820), che ci pare, oltre che poco noto, alquanto significativo. Esso vede protagonisti i soldati russi, venduti alla Francia all’inizio del 1917 come compensazione delle armi e delle munizioni che i francesi avevano fornito alle truppe dello Zar. Il “campo militare di La Courtine”, creato nel 1901 nel cuore della Francia, sul Massiccio Centrale, contava nel 1917 diecimila soldati russi, che alla notizia degli avvenimenti in Russia, s’ammutinarono creando una sorta di piccola repubblica sovietica. Ricordiamo che Kornilov era il generale russo che, dopo la rivoluzione di febbraio 1917, resse con spietato pugno di ferro il fronte occidentale e fu nominato da Kerenski Comandante in capo delle forze russe. Caduto in disgrazia presso lo stesso governo Kerenski, raccolse un esercito volontario e alla sua testa marciò su Pietrogrado, con l’intento di soffocare i moti rivoluzionari diretti dai bolscevichi. Fu fermato, ma nei mesi successivi continuò a condurre azioni militari anti-proletarie, prima di essere sconfitto e ucciso, nel febbraio 1918.

Nel frattempo [mentre si moltiplicavano gli episodi di disfattismo rivoluzionario in tutta la Russia – NdR], assai lontano dai confini della Russia, in territorio francese, al di fuori dell’influenza dei bolscevichi e quindi in condizioni tanto più significative, veniva compiuto un esperimento da laboratorio per far “risorgere” le truppe russe. Durante l’estate e durante l’autunno filtrarono nella stampa russa, passando però quasi inosservate nel vortice degli avvenimenti, notizie sulla rivolta armata che era scoppiata tra le truppe russe in Francia. Secondo l’ufficiale Lissovsky, i soldati delle due brigate russe che si trovavano in quel paese, sin dal gennaio 1917 e quindi già prima della rivoluzione, erano “fermamente convinti di essere stati venduti tutti alla Francia in cambio di munizioni”. I soldati non si sbagliavano di molto. Per i padroni alleati non nutrivano la “minima simpatia” e non avevano la minima fiducia negli ufficiali”.

La notizia della rivoluzione trovò le brigate di esportazione, per dir cosi, politicamente preparate, e tuttavia le colse alla sprovvista. Non era il caso di attendersi una spiegazione sull’insurrezione da parte degli ufficiali: quanto più erano elevati in grado, tanto più avevano perduto la testa. Nei campi comparvero patrioti democratici, provenienti dagli ambienti dell’emigrazione. “Più di una volta si potevano vedere certi diplomatici e certi ufficiali dei reggimenti della guardia… offrire amichevolmente una sedia a vecchi emigrati”, scrive Lissovsky. Nei reggimenti sorgevano organismi elettivi e alla testa del Comitato fu designato un soldato lettone che ben presto si distinse. […] Il 1° reggimento che era stato formato a Mosca ed era composto quasi esclusivamente di operai, di commessi e di impiegati di negozio, in genere di elementi proletari e semiproletari, era giunto per primo in terra di Francia un anno prima e durante l’inverno aveva combattuto sul fronte della Champagne. Ma “il morbo della disgregazione cominciò col colpire proprio questo reggimento”. Il 2° reggimento, che aveva nelle sue file una forte percentuale di contadini, rimase tranquillo per un periodo più lungo. La 2a brigata, composta quasi interamente da contadini siberiani, sembrava del tutto sicura. Poco dopo l’insurrezione di febbraio, la 2a brigata era in stato di insubordinazione. Non voleva combattere né per la l’Alsazia né per la Lorena. Non voleva morire per la bella Francia. Voleva cercare di vivere nella nuova Russia. La brigata fu ricondotta nelle retrovie e accantonata al centro della Francia, nel campo di La Courtine.

Tra pacifici villaggi borghesi, in un immenso campo”, racconta Lissovsky, “cominciarono a vivere in condizioni del tutto particolari, inconsuete, circa diecimila soldati russi ammutinati e armati, che non avevano con sé gli ufficiali e si rifiutavano decisamente di sottomettersi a chicchessia”. Kornilov aveva un’occasione straordinaria per applicare i suoi metodi di risanamento con il concorso di Poincaré e di Ribot, che aveva tanta simpatia per lui. Il generalissimo russo ordinò telegraficamente di ridurre “alla ragione gli uomini di La Courtine” e di spedirli a Salonicco. Ma gli ammutinati non cedevano. Verso il 1° settembre si fece avanzare l’artiglieria pesante e si affissero all’interno del campo degli avvisi con il minaccioso telegramma di Korlinov. Ma proprio in quel momento sopraggiunse una nuova complicazione nel corso degli avvenimenti: i giornali francesi pubblicavano la notizia che lo stesso Kornilov era stato dichiarato traditore e controrivoluzionario. I soldati ammutinati si convinsero definitivamente che non c’era nessuna ragione di andare morire a Salonicco, per di più per ordine di un generale traditore. Venduti in cambio di munizioni, gli operai e i contadini decisero di resistere. Si rifiutarono di negoziare con qualsiasi persona proveniente dall’esterno. Nessun soldato usciva più dal campo.

La 2a brigata fu fatta avanzare contro la 1a. L’artiglieria prese posizione sulle pendici delle colline vicine: secondo tutte le regole d’arte del genio, la fanteria scavò trincee e camminamenti in direzione di La Courtine. I dintorni furono completamente circondati dai cacciatori delle Alpi perché nessun francese penetrasse nel teatro di una guerra tra due brigate russe. Cosi le autorità militari francesi mettevano in scena sul loro territorio una guerra civile tra i russi, dopo aver avuto la precauzione di circondarla con una barriera di baionette. Era una prova generale. Più tardi, le classi dirigenti francesi organizzarono la guerra civile sul territorio della Russia stessa, circondandola con i fili spinati del blocco.

Contro il campo venne iniziato un cannoneggiamento in piena regola, in modo sistematico”. Dal campo usci qualche centinaio di soldati, disposti ad arrendersi. Furono accolti e l’artiglieria ricominciò subito il fuoco. Tutto ciò durò quattro giorni e quattro notti. Gli uomini di La Courtine si arrendevano a piccoli gruppi. Il 6 settembre non restavano che circa duecento uomini che avevano deciso di non consegnarsi vivi. Avevano alla testa un ucraino di nome Globa, un battista fanatico: in Russia, lo avrebbero chiamato bolscevico. Sotto il fuoco di sbarramento dei cannoni, delle mitragliatrici e dei fucili, che si confondeva in un solo tuono, fu sferrato un vero e proprio assalto. Alla fine, gli ammutinati furono schiacciati. Non si seppe il numero delle vittime: l’ordine fu, comunque, ristabilito. Ma, già alcune settimane dopo, la 2a brigata, che aveva sparato sulla 1a, veniva colpita dallo stesso morbo…

I soldati russi avevano portato un terribile contagio al di la dei mari, nei loro sacchi di tela, nelle pieghe dei loro pastrani e nel segreto delle loro anime. Per questo è notevole questo drammatico episodio di La Courtine che costituisce, in un certo modo, un esperimento ideale deliberatamente preparato, sotto una campana di vetro, per studiare i processi interni preparati nel esercito russo da tutto il passato del paese.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°05 - 2014)

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