DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Torniamo a occuparci spesso di Cina di questi tempi. Non è un caso o una coincidenza: le dinamiche dello sviluppo capitalistico in quel paese fanno sentire i propri effetti con sempre maggior frequenza e intensità (cfr. l'articolo comparso sul numero scorso di questo giornale e intitolato “Cina. La crisi e la fuga della sovrappopolazione proletaria”).

A metà aprile, sono giunte notizie del dilagare anche in altri settori di un grosso sciopero (40mila lavoratori) scoppiato ai primi del mese in una delle più grandi fabbriche di scarpe del paese (la Yu Yuen di Dongguan, nel sud del paese, che, per metà di proprietà taiwanese, produce per le grandi firme internazionali: Nike, Crocs, Adidas, Reebok, Asics, New Balance, Puma, Timberland). I lavoratori richiedono aumenti salariali del 30% e il pagamento delle assicurazioni e dei contributi per la previdenza sociale, oltre che dell'indennità di alloggio: sono infatti, per la maggior parte, “immigrati da altre province e in base alla legge cinese non possono portare nell'altra provincia la loro assicurazione sociale statale co-pagata dai lavoratori e dall'azienda, a meno che non sia pagata una supplementare” (“La Stampa”, 15/4).

Altre proteste e altre agitazioni si sono poi aggiunte a quelle dei lavoratori del settore calzaturiero, per questioni legate a contratti e condizioni di lavoro. A marzo 2014, a Shenzen, avevano scioperato i mille operai dello stabilimento IBM, chiedendo un'indennità in previsione del trasferimento della fabbrica al produttore cinese di computer, Lenovo. Sempre a marzo, alla chiusura di un supermercato Walmart nella provincia dello Yunan, più della metà dei 135 dipendenti è scesa in sciopero per strappare migliori condizioni di fine rapporto: la direzione ha rifiutato la richiesta di negoziati collettivi e la polizia è intervenuta arrestando alcuni degli scioperanti. Lo scorso anno, era stata la volta dei lavoratori del gruppo americano Cooper Tire (pneumatici e gomma), nella provincia dello Shandong, in procinto d'essere rilevato da un gruppo indiano. Molte di queste agitazioni sono la risposta immediata, di base, a ristrutturazioni, fusioni e acquisizioni in corso e, a quanto pare, hanno avuto l'effetto di provocare spaccature all'interno dell'unico sindacato di regime riconosciuto ufficialmente, la Federazione Cinese dei Sindacati.

La risposta padronale e governativa è sempre dura: minaccia di carcere fino a 5 anni per aver “turbato l'ordine sociale”, cariche della polizia, arresti. Nonostante ciò, le proteste operaie si moltiplicano, stimolate anche dal fatto che aumenta la carenza di manodopera qualificata, come documentavamo anche nell'articolo su ricordato.

Se è vero che il capitale cinese è sempre più il protagonista sul mercato mondiale, è anche vero che un nuovo contingente di proletari combattivi va ad aggiungersi all'esercito proletario mondiale!

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°03-04 - 2014)

 
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