DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il documento che qui si riporta parzialmente (sempre relativo al 1922, anno del quale si occuperà questo V Volume) è interessante per tre diversi ordini di ragioni. Il primo aspetto riguarda l’attività di una delle principali sezioni del Partito, quella di Napoli, e dimostra quanto fosse vivace ancora l’azione organizzativa nel Sud, nonostante l’infuriare della reazione borghese, gli arresti, le incursioni notturne in piccoli paesi e villaggi, le persecuzioni, gli omicidi. Il secondo aspetto viene una volta di più a smentire quanto i mal consigliati vertici dell’Internazionale ripetevano contro il PCd'I nella loro spesso pretestuosa polemica, iniziata dopo il III Congresso, secondo cui le nostre “Tesi di Roma” non sarebbero mai state discusse a fondo nel Partito: quando invece un enorme lavoro preparatorio fu fatto a livello di sezioni periferiche, proprio perché tutti i militanti potessero prendere adeguata visione dei problemi in discussione. Il terzo aspetto fondamentale riguarda la ferma posizione assunta nei confronti delle acrobazie tattiche suggerite da Radek al partito tedesco e che verranno ribadite in occasione della conferenza di Berlino (quella delle tre Internazionali) che si terrà di lì a poco, dal 2 al 5 aprile. Dopo il successivo Esecutivo Allargato di giugno, nel corso del quale la delegazione italiana accetterà per disciplina i dettami dell’Internazionale sul fronte unico, le basi del dissenso diventeranno più chiare e porteranno infine al primo serio contrasto tra la Sinistra e l’Internazionale, nel corso del IV Congresso, tenuto a Mosca nel novembre 1922.

 

Il nostro Congresso provinciale comunista

Il Soviet, 4 febbraio 1922

 

Il nostro Congresso, benché l’anno trascorso sia stato gravido di avvenimenti reazionari contro noialtri comunisti, è riuscito veramente imponente e per numero di sezioni rappresentate e per la qualità dei rappresentanti, i quali hanno dimostrato, mercè il loro interessamento su tutti gli argomenti messi all’ordine del giorno, di essere all’altezza del compito ad essi affidato. […] Ecco intanto il resoconto dei lavori così come sono proceduti:

La discussione sulla tattica

Incomincia a parlare Amadeo Bordiga, rappresentante del Comitato esecutivo e relatore dell'argomento del Congresso Nazionale. Della complessa relazione del Bordiga, che è stata di una grande importanza, specialmente laddove ha messo in evidenza il valore internazionale delle tesi del Partito Comunista d'Italia, noi per ragioni ovvie non potremo se non dare qualche rapido accenno. L'oratore sorvola sulla Relazione del Comitato centrale comunista anche perché pensa che è nota a tutti i militanti del partito – attraverso la stampa, i comunicati, gli episodi – l’azione svolta dall’Esecutivo Nazionale. Nondimeno apre la discussione su questa attività.

[…] Quindi inizia a trattare l’argomento sulla “Tattica”. Dice come le risoluzioni concretate dal 3° Congresso Internazionale nelle tesi di Radek, siano state quelle che corrispondono alle vedute del nostro Partito. Infatti le parole d’ordine del 3° Congresso al riguardo sono state: “Andare verso le masse!”.

In realtà, in questa decisione, non vi è contraddizione con l’opera di scissione fatta dall’Internazionale Comunista nei partiti politici del proletariato, ma logica coerenza ai principi comunisti.

È indispensabile, sì, per una decisiva vittoria proletaria, l’azione delle grandi masse ma è anche indispensabile la funzione della minoranza strettamente organizzata, perché essa deve dare i quadri per la lotta rivoluzionaria, deve dare gli ufficiali dell’esercito rivoluzionario, deve imprimere agli uomini un severo allenamento nel senso militare, deve cioè formare un partito attrezzato anche illegalmente per essere pronto ad ogni evenienza.

Di qui la evidente necessità che in questa minoranza di partiti vi sia una selezione. Siccome i vecchi partiti socialdemocratici avevano svisato del tutto la visione della illegalità, l’Internazionale ha dovuto eliminare dalle sue fila quegli uomini che non accettavano i capisaldi dello sviluppo attraverso cui deve passare l’azione del partito. Ma in egual tempo, è dovere di noi comunisti fare in modo che le masse si distacchino da questi vecchi capi e vengano con noi.

E qual è la formula più adatta per stabilire i rapporti tra i partito e le masse? È senza dubbio quella di mettersi sul terreno degli interessi immediati di queste masse. Al riguardo è caratteristica la situazione dell’Italia: per noi è ottima condizione rivoluzionaria se riusciamo a far sì che tutto il proletariato si ribelli contro il piano di conservazione e di offensiva della borghesia. Infatti, il capitalismo, per allungare la sua resistenza, non ha altra via innanzi a sé che la lotta al salario, alle 8 ore, e a tutte le più importanti conquiste del proletariato: il fatto stesso che si effettui una resistenza unitaria della classe lavoratrice per la conservazione di queste conquiste, è condizione squisitamente rivoluzionaria.

Bordiga nota come la tattica del fronte unico proletario, suggerita dalle tesi del 3° Congresso, sia stata applicata dal Partito Comunista d’Italia anche prima di quel Congresso, e come veramente il Partito Comunista abbia trovato la formula migliore per questa unità, non compromettendo per niente la sua indipendenza di partito ma col far dirigere il suo comitato sindacale alle organizzazioni sindacali che sono in Italia.

E qui Bordiga si dilunga a parlare dello spirito delle tesi approvate in una ultima riunione dell’Esecutivo e che saranno aggiunte a quelle già pubblicate e note ai compagni. Esse riguardano quello che pensa il Partito Comunista d’Italia rispetto quanto è suggerito da Radek nella questione del fronte unico.

La situazione in Germania è la seguente: non c’è disoccupazione, ma in effetti un intenso lavoro perché il capitalismo tedesco possa con lo smercio dei suoi prodotti pagare le riparazioni di guerra. Epperò il salario è disceso a un livello che non ha riscontro in alcuna parte del mondo: il proletariato tedesco è in tal modo sfruttato dalla sua borghesia e da quella mondiale: se si riuscisse a impedire questo doppio sfruttamento si avrebbe il crollo di tutta l’economia borghese.

Radek suggerisce allora un accordo su base parlamentare del partito comunista tedesco con quello indipendente e quello maggioritario, che porterebbe alla costituzione di un governo di questi partiti e ragiona in tal modo: se gli indipendenti e i maggioritari rifiutano l’accordo, allora li smaschereremo di fronte alle masse che potremo con la nostra propaganda strappare loro; se invece accettano questo accordo, allora il nuovo governo creato su base parlamentare dovrebbe emanare i primi gravi provvedimenti, quali ad esempio quello che il peso del pagamento delle riparazioni debba gravare sui grandi industriali e proprietari, oppure una legge sulle ore di lavoro e sul controllo operaio. Questi primi atti, determinerebbero lo scatto disperato della borghesia tedesca, la lotta tra il movimento proletario e il meccanismo statale borghese si inasprirebbe e del fallimento del pacifico esperimento parlamentare i comunisti profitterebbero allo scopo di provocare la lotta di tutto il proletariato sul terreno della conquista della dittatura.

Bordiga critica esaurientemente questo piano del partito comunista tedesco e di Radek. Dimostra come esso comprometterebbe la indipendenza, l’allenamento, i legami interni, tutto l’apparecchio illegale del partito. Afferma che le rivendicazioni del proletariato debbono essere poste come un risultato dell’azione diretta delle masse. Dice come e perché sia da scartarsi anche un passo verso le altre Internazionali, anche quando l’iniziativa sia presa da esse.

Poi Bordiga passa a trattare la questione sindacale nei suoi più importanti problemi: quello della unità di organizzazione del proletariato italiano, quello dei rapporti internazionali, quello della tattica e dell’azione contro la reazione capitalistica.

Ricorda la posizione preminente in cui si trovano nel campo sindacale di fronte ai socialisti e ai sindacalisti anarchici, i comunisti, liberi come sono d’ogni pregiudiziale in materia. Parla della fitta rete di gruppi comunisti infiltratisi nei sindacati. Si trattiene esaurientemente sul problema della cooperazione, esponendo tutte le riserve che dobbiamo fare specialmente nei riguardi delle cooperative di lavoro e dell’assunzione delle grandi aziende.

Dopo la relazione di Bordiga, alcuni compagni chiedono schiarimenti, che l'oratore dà in ampia misura.

Ha poi la parola il compagno Giovanni Sanna relatore sulla questione agraria […].

 

Partito Comunista Internazionale

(il programma comunista n°05 - 2013)

 

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