DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il 6 aprile u. s., a Grottaminarda (AV), organizzata dal Comitato di resistenza operaia della Irisbus e dal Comitato No Debt, si è tenuta un'assemblea alla quale hanno partecipato alcune centinaia di lavoratori provenienti da tutta la penisola a rappresentare le varie situazioni di crisi e di lotta. Il tema era la riapertura delle fabbriche in crisi chiuse e la resistenza alla chiusura di altre. La proposta propagandata da parte degli organizzatori era l'autogestione; a qualche lunghezza di distacco, veniva la proposta delle nazionalizzazioni, e infine la ricerca di nuova proprietà: il tutto al fine di creare (“udite! udite!”) nuova occupazione.

Ovviamente, non ci sono stati risparmiati gli interventi di una sequela di “tecnici”, per lo più membri dell'aristocrazia operaia, che mostravano la loro valentia nel fare proposte tecniche e organizzative per rilanciare la produzione: divenuti improvvisamente “esperti”, costoro propagandavano rinnovamenti in direzione del risparmio energetico, auto ecologiche, etc. e relativi contributi statali. Insomma, una lunga serie di “si dovrebbe…, si potrebbe...”. E con questo, mostrate bravura e competenza, si potevano rimandare i lavoratori a dormire tranquilli e a sognare una fabbrica virtuosa e certamente statale.

Ma dal sonno ci sveglia bruscamente la corrente crisi di sovrapproduzione.

Sono intervenuti inoltre un bel po' di stalinisti sparsi, di sindacalisti “ribelli” della CGIL, di sindacalisti di base:

e, se si fosse potuta misurare la forza dalla foga dal volume della voce e dalla proclamazione di “lotta dura”, saremmo in piena rivoluzione (ahi loro!). Nei loro interventi, non mancava poi il sostegno all'autogestione, alla nazionalizzazione, a un governo e controllo operai per rilanciare il ciclo produttivo e accumulativo capitalistico, allo sciovinismo nazionalistico. Non è mancata neppure una nota di stupore quando un neoeletto senatore (pardon! “cittadino”) grillino ha preso la parola tra molte contestazioni, immediatamente stigmatizzate dalla presidenza a difesa di un “rappresentante istituzionale” (che tanto potrebbe fare per i finanziamenti!). Qualcuno ha anche esternato il timore che questo “poco accorto” (?) senatore potesse essere espulso dal Movimento 5 Stelle se non provvisto del permesso scritto di Grillo in persona a partecipare all'assemblea.

Gli interventi degli operai sono stati ben altra cosa e volentieri andavano fuori tema. Infatti, più e più volte la presidenza ha dovuto ammonire di restare in tema, invitando tutti a esprimere consenso e solidarietà al progetto (o meglio, all'intento) di autogestione (o meglio, di una nuova formazione interclassista di “opposizione di sinistra” con mire parlamentari). La preoccupazione dei lavoratori, nei loro interventi, era tutta per la mancanza di salario, per l'impossibilità di campare e per la rabbia di vedere loro compagni suicidarsi a causa di difficoltà economiche. In realtà, chi chiedeva lavoro intendeva dire “vogliamo il salario “ e molti dicevano direttamente e senza mezzi termini “pretendiamo un salario e non di fame ”, così come alcuni invitavano alla costruzione di organizzazioni realmente rivoluzionarie.

E' ovvio che si sarebbe potuto intervenire organicamente e dare una risposta più completa e lungimirante alle esigenze esposte. Ma, al compagno del Comitato di lotta per migliori condizioni di vita e di lavoro di Benevento che aveva chiesto di intervenire fin dall'inizio dell'assemblea, la presidenza, riconoscendolo e sapendolo non dalla sua parte, ha impedito di prender la parola, rinviandone a più riprese l'intervento.

Ugualmente, però, i compagni presenti hanno avuto modo di dire ai lavoratori che qualsiasi cosa si voglia ottenere, qualsiasi lotta si voglia mettere in campo, essa non può che mirare a colpire il capitale nei punti deboli: l'organizzazione, il denaro.

Il dilemma era ed è: continuare a far girare le fabbriche chiuse od organizzarsi per fermare quelle aperte, magari con duri picchetti? Siamo, ovviamente, per la seconda risposta.

Non si tratta infatti di dimostrare quanto siamo bravi noi operai a produrre, ma di riappropriarci dell'arma dello sciopero generale senza limiti di tempo e spazio, cioè internazionale (altro tema soppresso in quest'assemblea). Con la forza dell'organizzazione sganciata dai sindacati patriottici, bisogna tornare a far sentire la forza operaia, che si esprime con i picchetti anti-crumiraggio e con il blocco della produzione e del trasporto di merci.

 

 

Partito Comunista Internazionale

(il programma comunista n°04 - 2013) 

 

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