DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Si possono ormai con tutta tranquillità guardare dall’alto verso il basso quei tromboni di economisti (borghesi e “post-marxisti”) che per anni hanno suonato le loro grancasse, producendo solo un rumore assordante e stonato, per elogiare il “miracolo cinese”.

Da anni, su queste pagine e con dati presi dai loro stessi giornali, abbiamo sottolineato le stecche musicali di lor signori. Ma, da buoni servitori del Capitale, essi continuano il loro lavoro di “badanti” di un sistema economico colpito da “ictus di sovrapproduzione”.

Il tasso di crescita cinese è rallentato inesorabilmente dal 2010 e negli ultimi due anni ha registrato una flessione di circa il 20%, scendendo dal 10 all’8% annuo. Rallentamento che continua, come dimostra il tasso di crescita del 7,9% nel quarto trimestre del 2012, sceso poi al 7,7% nel primo trimestre del 2013.

Borghesi e “post-marxisti” sottolineano che il 7,7% è un risultato da far invidia a tutti i paesi del pianeta: ragione per cui (!), la Cina è sempre in crescita; ma dimenticano di proposito che per la Cina tale dato è sintomo di crisi interna; ma anche di crisi internazionale, perché il dragone esporta poco, proprio per la lenta ripresa dell’economia mondiale, e, se si tiene conto del fatto che la crescita cinese dipende al 25% dalle esportazioni, si capisce il calo. E lo si capisce ancor meglio, quando si apprende che, fra il 1979 e il 2008, le esportazioni cinesi sono cresciute a un ritmo del 20% l’anno, mentre oggi crescono a un ritmo inferiore al 10%.

A render la zoppicata ancor più vistosa, c’è inoltre il problema dell’indebitamento, vecchio problema che il governo ha dovuto affrontare negli anni passati spendendo centinaia di miliardi di dollari per ricapitalizzare le proprie banche. Ma l’esposizione delle banche continua a essere una mina vagante pronta ad esplodere.

Noi comunisti sappiamo che Pechino non è più in grado di trovare una via d’uscita. Le “badanti”, invece, si ostinano a vedere (e a far vedere) in quel 7,7% di crescita lo sbuffare della locomotiva cinese, che dovrebbe guidare l’economia mondiale verso la ripresa...

(I dati sono tratti dall’Espresso del 16 maggio 2013)

 

Partito Comunista Internazionale

(il programma comunista n°04 - 2013) 

 

 

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