DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

E’ uscito il Quaderno n.6, intitolato IL TERRORISMO E IL TORMENTATO CAMMINO DELLA RIPRESA GENERALE DELLA LOTTA DI CLASSE, che riunisce il testo dal medesimo titolo uscito nei nn. 7-8-9-10-11/1978 de “Il programma comunista” e, in Appendice, il testo “Forza, violenza, dittatura nella lotta di classe”, uscito nei nn. 2-4-5-8-9-10/ 1946-48, di quella che allora era la nostra rivista teorica, Prometeo. Il volumetto, di 104 pagine, è in vendita a euro 6 e può essere richiesto scrivendo a: Edizioni Il programma comunista, Casella postale 962, 20101 Milano.

Ecco il suo indice:

Premessa

I criteri fondamentali di una valutazione marxista del fenomeno

Una serie di risposte insufficienti

Da Lenin, alcune formulazioni di principio

Una lunga lotta su due fronti

La rottura, prima

Il superamento, su un piano infinitamente più alto, del terrorismo individualistico, poi

La “prova generale” del 1905

Punti conclusivi

Origini e forme specifiche del terrorismo individualistico

Incompatibilità fra marxismo e terrorismo individualista

“Legame con le masse” e “partito combattente”

Nella luce dell’Ottobre

Appendice

“Forza, violenza, dittatura nella lotta di classe” (1946-48)

 Violenza effettuale e virtuale

 Rivoluzione borghese

 Regime borghese come dominazione

 Lotta proletaria e violenza

 Degenerazione russa e dittatura

Postilla

A mo’ di presentazione di questa importante pubblicazione, riproduciamo qui di seguito la “Premessa” al volumetto:

L’atteggiamento di fronte a quello che genericamente si chiama “il terrorismo” è uno dei banchi di prova della serietà politica dei rivoluzionari marxisti. Lo è non solo perché questi non possono in nessun caso solidarizzare con il coro di deplorazioni che di fronte a esso si leva da tutti i settori dell’opportunismo e il cui vero senso è di condannare, con una manifestazione specifica della violenza e del terrore, ogni forma di violenza e di terrore nelle lotte di classe; non solo perché non possono opporre genericamente la violenza collettiva alla violenza individuale senza negare la stessa possibilità della violenza collettiva di classe, né cavarsi d’impaccio con l’argomento in sé indiscutibile che il terrorismo di tipo individualistico è, per origini sociali e per basi ideologiche, piccolo borghese. Lo è, un banco di prova, perché la critica più radicale e, in date circostanze, la più ferma condanna di quel terrorismo sono possibili – come sono doverose – alla sola condizione di non mettersi sul terreno della neutralità e dell’equidistanza di fronte a fenomeni che mettono faccia a faccia lo Stato borghese, le sue istituzioni, le sue leggi, e chi vi si ribella; alla sola condizione, dunque, di respingere tutte le scappatoie attraverso le quali le false “estreme sinistre” hanno cercato, in Italia come in Germania e dovunque, di “tenere le distanze” da un fenomeno di cui il marxismo conosce le radici materiali e la collocazione storica, di cui sa quindi valutare il peso, fosse pure soltanto marginale, e il valore di sintomo, fosse pure soltanto negativo -  che è poi, tra l’altro, un comodo espediente per eludere i compiti elementari di un’organizzazione rivoluzionaria, guadagnandosi (o illudendosi di guadagnare) una patente di onorabilità al cospetto dell’opinione pubblica e della… polizia, e privandosi con ciò stesso della possibilità di “educare” il proletariato in uno spirito di opposizione permanente allo Stato della classe avversa e di preparazione programmatica e pratica al suo abbattimento.

 

Le pagine che riproduciamo sono state scritte – in un’ottica opposta a quella più sopra indicata e del tutto coerente, come esse non si stancano di dimostrare testi alla mano, con la tradizione del marxismo rivoluzionario - mentre il “caso Moro” (era il 1978, sequestro e uccisione) concentrava su di sé l’attenzione delle grandi masse e dava il via al battage pubblicitario, ad opera di tutte le varianti dell’opportunismo, a favore della merce più “preziosa” – e più ignobile – che la società borghese possa lanciare sul mercato: la democrazia. Non esauriscono quindi la documentazione dell’atteggiamento tenuto dal nostro piccolo ma solido Partito fin dalle prime, clamorose manifestazioni del fenomeno. Non è questo, d’altronde, il loro obiettivo, che consiste invece nello sforzo, in questa come in ogni possibile occasione, di “reimportare nella classe” i principi elementari del marxismo, non come esangue “teoria filosofica”, ma come arma di emancipazione del proletariato, e di costruire in tal modo le premesse della riconquista da parte del movimento operaio, nelle sue punte di avanguardia, dei suoi basilari strumenti di lotta; riconquista che è possibile solo a condizione di rompere nei fatti oltre che nelle proclamazioni con l’ammorbante retaggio del gradualismo, del riformismo, del legalitarismo democratici.

Al terrorismo romantico e individualista si dà una risposta critica ma in “positivo”, o non la si dà affatto: peggio, ci si schiera sul fronte della conservazione dello status quo. È questa la lezione – non voluta, certo, dai “terroristi” – che i proletari e i comunisti degni di questo nome devono trarre dalle loro gesta.

 

 Partito Comunista Internazionale

(il programma comunista n°04 - 2013)
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