DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Ascoltando con annoiata distrazione l'ennesima geremiade a proposito del risultato della più recente tornata elettorale durante un notiziario di Radio Popolare (“storica” emittente di quel che rimane della “sinistra milanese”, i cui programmi sono diffusi da un network nazionale di radio affini), all'improvviso si viene colpiti dall’inattesa dichiarazione del vincitore di quest'ultimo tour, l'outsider Beppe Grillo: “Senza di noi, violenza nelle strade!”

Naturalmente, presso quegli ultrademocraticoni di giornalisti, questa candida dichiarazione scatena il solito rosario di invettive... Come si sa, i “sinceri democratici”, gli “antifascisti conseguenti”, mal sopportano che un movimento che spariglia le regole del gioco abbia raggiunto quel 29% dei voti espressi, a cui solo la vigente legge elettorale impedisce di esprimere appieno una nuova compagine di teatranti governativi: “Democrazia sì, ma solo se vince chi dico io!”

Il giorno dopo (8 marzo 2013), leggiamo su un quotidiano qualsiasi (in questo caso, il gratuito Metronews) la dichiarazione virgolettata del simpatico istrione: “Se falliamo, sarà la violenza nelle strade. Vogliamo essere il 100% del Parlamento. Quando i cittadini saranno divenuti lo Stato, il movimento non avrà più ragion d'essere.”

A questo punto, proprio non capiamo lo sconcerto dei nostri amici radiofonici: il povero Grillo non fa che parafrasare uno dei dogmi imposti ai proletari italici dal P.C.I. (quello di Gramsci-Togliatti-Longo-e-Berlinguer, per noi vecchi militanti dalla memoria non ancora divorata dal dottor Alzheimer), quando fremeva l'insofferenza operaia, per “raffreddarne” ogni potenzialità, se non proprio rivoluzionaria, almeno socialisteggiante: di fronte alla rovina e all'insipienza della parte più retriva della borghesia, “la classe operaia si fa Stato”! E alè, a ricostruire prima, a conservare poi l'economia nazionale e infine, a ciclo concluso e manifesta crisi, a inneggiare ai “sacrifici”.

Anzi, a parafrasarne due, di dogmi. Il secondo, quello del “100% del Parlamento”, che altro è se non la realizzazione della consegna staliniana del rispetto di una “via nazionale al socialismo”? E, proprio come quella, che altro è se non il pieno rispetto delle regole-base del contemporaneo stato imperialista: democrazia schedaiola, per coprire con l'ideologia del nulla la sostanza del capitale che centralizza le proprie funzioni.

Eppure, il povero Grillo Sbraitante, con quel suo “se falliamo, sarà la violenza nelle strade!”,  qualcosa di vero l’intuisce: la crisi economica non si arresta, si sta facendo sociale e potrebbe diventare politica, per ora il malcontento si riesce a contenere e la nostra classe si fa ancora abbindolare dalle vecchie sirene democratiche... ma prima o poi si accorgerà del “fallimento” e, scrollandosi di dosso tutta la fuffa demagogica parlamentaristica, sarà costretta a sollevarsi contro tutte le istituzioni che esercitano la dittatura del capitale.

Allora non ci saranno né GrilliIndignadosWallStreet occupate a contenerla, e la “violenza nelle strade” sarà lotta per il potere, esclusivo, incontrastato, di classe!


Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°03 - 2013)

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