DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Premessa

Abbiamo più volte insistito sul fatto che, se l’esito dell’evoluzione dei sindacati nell'ambito della moderna fase imperialista ha trasformato la tradizionale struttura sindacale in un vero e proprio organo di controllo economico e sociale del proletariato, con ciò non è certo scomparsa la necessità della difesa economica, come non è scomparso l'antagonismo radicale e potenziale del proletariato nei confronti del capitale. Il procedere stesso della crisi economica, le contraddizioni che essa apre, le conseguenti derive sociali risospingono inesorabilmente i lavoratori di ogni stato imperialista su quel terreno di lotta e li costringeranno a darsi nuovamente strutture stabili di difesa. E queste saranno anche uno dei terreni di scontro tra i comunisti e il fronte variegato del nemico riformista borghese (cfr. il nostro opuscolo di agitazione, Per la difesa intransigente delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari-forme di organizzazione, metodi e obiettivi di lotta). Questo, in estrema sintesi, il percorso che coinvolgerà la nostra classe nella ripresa di lotte sul piano squisitamente sindacale e sociale: un percorso che non solo non è e non sarà lineare, ma che si nutre e si nutrirà sempre più di esperienze organizzative transitorie – un po' come l'energia potenziale che si va accumulando prima di esplodere.

Una di queste esperienze organizzative è la formazione di “organismi” o “comitati” di lavoratori che si raggruppano al di là dei confini aziendali, di fabbrica e – come nel caso di elementi provenienti dal frantumatissimo pubblico impiego – di categoria e che cercano di aggregare anche quei proletari che vivono nell' isolamento di micro-aziende o nella prigione della “partita Iva”.

Sono esperienze importanti, che spesso indicano la via di una riorganizzazione possibile: ma non sono (e non possono essere) l'embrione di un sindacato di classe. Spesso si affiancano ad altre esperienze di lotta, importanti ma organizzativamente diverse, e anch'esse, per noi comunisti, transitorie.

Quel che è importante per noi è che questi organismi siano aperti a tutti i lavoratori, anche a quelli che subiscono ed esprimono posizioni appartenenti al mondo variegato del riformismo massimalista. E tuttavia, per evitare che si trasformino in sterili e inutili centri di discussione tra militanti o che diventino gruppi di volonterosi attivisti al servizio delle più diverse cause, noi comunisti abbiamo il dovere di porre contenuti e limiti precisi che ne favoriscano la vitalità, la durata e il perseguimento di obiettivi atti a rompere con il tradimento e l'inerzia di tutte le corporazioni sindacali nazionali, grandi e piccine.

Si tratta dunque di precisare le linee-guida secondo le quali orientare la volontà di lotta di questi organismi e di precisarne gli obiettivi per organizzare la spontanea ribellione e ripulsa alla “corrotta prassi dei sindacati”.

Il terreno di lotta di questi organismi è quello della difesa degli interessi immediati della nostra classe: salario, salute e in generale le condizioni di vita e lavoro, a partire da situazioni aziendali specifiche ma generalizzate e riferibili a tutti i lavoratori salariati.

Si deve essere consci del fatto che ben difficilmente questi organismi possono, nell'ambito delle attuali leggi vigenti e con gli attuali rapporti di forza, diventare un soggetto contrattuale e avere l’autorità di “chiudere una vertenza”. Ma proprio per questo possono organizzare una combattività che rappresenti gli interessi di tutti i lavoratori, oltre i limiti della contrattazione stessa: promuovere e organizzare la lotta (e la sua difesa), coordinarla e sostenerla con casse di resistenza, individuando sempre un nucleo di lavoratori affidabili e combattivi che controllino i sindacalisti di professione, standogli alle costole in ogni momento della vertenza.

Con il sindacalismo di regime e i suoi rappresentanti è evidente la rotta di collisione ed è per questo che deve essere sempre chiara la differenza tra gli “organismi territoriali di lotta proletaria”, di cui auspichiamo la formazione, e le RSU e le sezioni sindacali aziendali: il che significa che, mentre si può tollerare che per ragioni pratiche lavoratori aderenti all'“organismo” abbiano in tasca una tessera sindacale, diventa necessario che esso propagandi e pratichi tutte le forme possibili di sindacalismo classista.

Vediamo dunque di seguito quali sono i punti attorno ai quali si devono organizzare queste esperienze di lotta proletaria.


 

Quattro ambiti di azione

Nell’attuale situazione storica, risultato di una profonda trasformazione delle forme di difesa del proletariato nell’epoca dell’imperialismo, l’organizzazione dei lavoratori si manifesta in due modi: in strutture sindacali del tutto integrate negli apparati politici ed economici dello Stato (per così dire, “nazionalizzate”, anche se formalmente “libere”), animate da un’aristocrazia operaia ancora ampia e diffusa sul territorio, definitivamente e rigidamente attestate sul fronte nemico, e in un insieme di strutture sindacali minute.

Prima di delineare una bozza organizzativa, definiamo gli ambiti in cui vengono a convergere la lotta di difesa economica nel suo aspetto più generale, la lotta dentro alle grandi corporazioni come alle piccole, e infine il contesto in cui, al loro interno, devono agire le forze politiche classiste e rivoluzionarie.

  • L’ambito della lotta economica è quello della difesa degli interessi immediati della classe, con l’obiettivo della difesa del salario e della salute fisica dei lavoratori (orario, ritmi, straordinari, produttività, intensità), e in generale delle condizioni di vita e di lavoro di tutti i proletari. Poiché non si muove entro un rapporto contrattuale come accade in un sindacato (ma non perché ideologicamente lo rifiuti), l’organismo territoriale di lotta si esprime in concreto sull’insieme dei bisogni e degli interessi di classe in ogni ambito di lavoro e con tutti i mezzi di lotta, in relazione a un dato rapporto di forze e alle vicende che il capitalismo attraversa. Per farlo, lo stato di organizzazione e di attività è quello della “quasi legalità”: promuove dunque e sostiene attività di difesa, di coordinamento e di lotta (delega ai proletari più combattivi e casse di resistenza).
  • L’ambito sindacale di regime rimane escluso a tale organismo territoriale di lotta proletaria, in quanto già da molto tempo non è più possibile conquistare, all’interno dei sindacati attuali, spazi di lotta e posizioni che permettano un’attività di classe: la condizione attuale è quella di essere cacciati e denunciati, a meno che non si sia creato un rapporto di forza esterno capace di contrastarne l’azione. All'ordine del giorno, va posta perciò l’attività di denuncia del tradimento e del crumiraggio aperto, della concertazione e dei patti di pacificazione, degli scioperi farsa, degli obiettivi interclassisti e della regolamentazione degli scioperi, riproposti continuamente come un macabro mantra dai sindacati di regime. In particolare, deve essere messa in evidenza la denuncia della delega sindacale tramite la quale la nostra classe viene consegnata nelle mani della borghesia (cioè il meccanismo attraverso il quale le organizzazione sindacali legalmente riconosciute, in accordo con il padronato e lo Stato, prelevano automaticamente la quota d’iscrizione dalla busta-paga dei lavoratori). Al posto dell’attuale organizzazione di regime, va propagandata una forma di organizzazione sindacale indipendente e di classe.
  • L’ambito sindacale dei “comitati di base” può essere utilizzato nei modi e nella misura in cui essi anticipino un’attività sindacale di classe presso i lavoratori. Considerato che, nella maggior parte dei casi, tali “comitati” poco differiscono dai sindacati di regime, se non come entità più minute e polverizzate in singoli settori e categorie, occorre criticare la loro attività quando risulta di supporto alle grandi corporazioni. In essi spesso convergono interessi che sfuggono di mano alle grandi corporazioni e quindi il livello di conservazione corporativa (la nicchia nata per soddisfare specifici interessi) è molto resistente, pur essendo accompagnata da una certa vivacità conflittuale. Occorre spingere questi “comitati” a uscire da un ambito categoriale, professionale, e ad allacciare rapporti più ampi con altre identiche associazioni, nell’obiettivo per lo meno di un sindacato unitario intercategoriale.
  • L’ambito politico più generale ha il compito di alimentare la stessa lotta di difesa proletaria con metodi e contenuti, obiettivi e capacità organizzativa. In questi “comitati” è infatti sempre in agguato un orientamento economicista che spesso s’accompagna e trasforma in orientamento “politicista” (l’aspirazione velleitaria a farne la “cellula” di un partito politico o un “parlamentino operaio”). Bisogna quindi coltivare la memoria e l’esperienza delle lotte internazionali del proletariato, per allenarsi al superamento dell’attuale modo di produzione capitalistico.

Possibile bozza organizzativa

  • Un organismo territoriale di lotta per la difesa delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari dev’essere aperto a tutti i lavoratori, ma chiuso agli interessi della borghesia e quindi agli agenti delle corporazioni sindacali di regime.
  • Dev’essere un luogo di confronto decisionale per tutti i lavoratori (occupati in ogni settore, ma anche disoccupati, pensionati, precari delle più diverse forme, e comunque di ogni sesso, età, provenienza ecc.) che con la loro partecipazione attiva fondano l'unica unità proletaria possibile e necessaria, quella che parte dall’identificazione degli interessi sostanziali della nostra classe.
  • Dev’essere uno strumento che, organizzando le forze che nascono nei luoghi di lavoro (e trasportandole fuori dalla prigione dei luoghi di lavoro), tende a superare le angustie degli interessi di categoria con il contributo della forza di tutti gli altri lavoratori.
  • Dev’essere un mezzo di agitazione, cioè uno strumento attivo di sostegno e raccordo delle lotte che si aprono sul territorio, soprattutto quando la loro qualità esprime una tendenza allo scavalcamento delle compatibilità imposte ed espresse dagli apparati sindacali di regime.
  • Deve esprimere e rafforzare la pratica delle lotte dei lavoratori e quindi proporre e utilizzare tutti quei metodi che, distorti e monopolizzati dalle organizzazioni di regime, ne esprimono la forza, affinché tornino a essere vere e proprie linee d’intervento di classe.
  • Deve esprimere un’organizzazione funzionale, con una struttura che tenda a garantire stabilità e continuità.
  • Il suo meccanismo decisionale non può essere quello di un’astratta democrazia proletaria o, peggio ancora, di un altrettanto idealistico unanimismo assembleare, ma deve essere espressione della qualità operativa di una maggioranza di lotta.
  • Un tale organismo non può chiudersi alle esperienze di lotta sociale che si aprono sul territorio, lotte alle quali partecipano anche altri settori della popolazione (casa, servizi, ambiente, ecc.), ma vi deve introdurre in maniera intransigente non solo il punto di vista ma anche e soprattutto gli interessi dei proletari.
  • Un tale organismo, proprio perché non è di natura politica ma economica e sociale, non è chiuso al confronto tra le diverse posizioni politiche dei lavoratori che lo animano: anzi, ne favorisce la maturazione verso posizioni rivoluzionarie, internazionaliste e radicalmente anticapitaliste; ma rifiuta di essere il terreno di un “dibattito fra gruppi politici”, terreno per sua natura sterile e dannoso.

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°03 - 2013)

 


 

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
ARTICOLI GUERRA UCRAINA
RECENT PUBLICATIONS
  • Il proletariato nella seconda guerra mondiale e nella
    Il proletariato nella seconda guerra mondiale e nella "Resistenza" antifascista
      PDF   Quaderno n°4 (nuova edizione 2021)
  • Storia della Sinistra Comunista V
    Storia della Sinistra Comunista V
  • Perchè la Russia non era comunista
    Perchè la Russia non era comunista
      PDF   Quaderno n°10
  • 1917-2017 Ieri Oggi Domani
    1917-2017 Ieri Oggi Domani
      PDF   Quaderno n°9
  • Per la difesa intransigente ...
    Per la difesa intransigente
NOSTRI TESTI SULLA "QUESTIONE ISRAELE-PALESTINA"
  • Israele: In Palestina, il conflitto arabo-ebreo ( Prometeo, n°96,1933)
  • Israele: Note internazionali: Uno sciopero in Palestina, il problema "nazionale" ebreo ( Prometeo, n°105, 1934)
  • I conflitti in Palestina ( Prometeo, n°131,1935)
  • Gli avvenimenti in Palestina (Prometeo, n°132,1935)
  • Israele: Fraternità pelosa ( Il programma comunista, n°21, 1960)
  • Israele: Il conflitto nel Medioriente alla riunione emiliano-romagnola (Il programma comunista, n°17, 1967)
  • Israele: Nel baraccone nazional-comunista: vie nazionali, blocco con la borghesia ( Il programma comunista, n°20, 1967)
  • Israele: Detto in poche righe ( Il programma comunista, n°18, 1968)
  • Israele: Spigolature ( Il programma comunista, n°20, 1968)
  • Israele: Un grosso affare ( Il programma comunista, n°18, 1969)
  • Incrinature nel blocco delle classi in Israele(Il Programma comunista, n°17, 1971)
  • Curdi palestinesi(Il Programma comunista, n°7, 1975 )
  • Dove va la resistenza palestinese? (I)(Il Programma comunista, n°17, 1977)
  • Dove va la resistenza palestinese? (II)(Il Programma comunista, n°18, 1977)
  • Dove va la resistenza palestinese? (III)(Il Programma comunista, n°19, 1977)
  • Il lungo calvario della trasformazione dei contadini palestinesi in proletari(Il Programma comunista, n°20-21-22, 1979).
  • In rivolta le indomabili masse sfruttate palestinesi ( E' nuovamente l'ora di Gaza e della Cisgiordania)(Il Programma comunista, n°8, 1982)
  • Cannibalismo dello Stato colonialmercenario di Israele(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • Le masse oppresse palestinesi e libanesi sole di fronte ai cannibali dell'ordine borghese internazionale(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • La lotta delle masse oppresse palestinesi e libanesi è anche la nostra lotta- volantino(Il Programma comunista, n°13, 1982)
  • Per lo sbocco proletario e classista della lotta delle masse oppresse palestinesi e di tutto il Medioriente(Il Programma comunista, n°14, 1982)
  • La lotta nazionale dei proletari palestinesi(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • Sull'oppressione e la discriminazione dei proletari palestinesi(Il Programma comunista, n°19, 1982)
  • La lotta nazionale delle masse palerstinesi nel quadro del movimento sociale in Medioriente(Il Programma comunista, n°20, 1982)
  • Il ginepraio del Libano e la sorte delle masse palestinesi ( Il programma comunista, n°2, 1984)
  • La questione palestinese al bivio ( Il programma comunista, n°1, 1988)
  • Il nostro messaggio ai proletari palestinesi ( Il programma comunista, n°2, 1989)
  • Una diversa prospettiva per le masse proletarie (Il programma comunista, n°5, 1993)
  • La questione palestinese e il movimento operaio internazionale ( Il programma comunista, n°9, 2000)
  • Gaza, o delle patrie galere (Il programma comunista, n. 2, 2008)
  • Israele e Palestina: terrorismo di Stato e disfattismo proletario ( Il programma comunista, n°1, 2009)
  • A Gaza, macelleria imperialista contro il proletariato ( Il programma comunista, n°1, 2009)
  • Il nemico dei proletari palestinesi è a Gaza City ( Il programma comunista, n°1, 2013)
  • Per uscire dall’insanguinato vicolo cieco mediorientale (Il programma comunista, n° 5, 2014)
  • Guerre e trafficanti d’armi in Medioriente (Il programma comunista, n°5, 2014)
  • Gaza: un ennesimo macello insanguina il Medioriente-Volantino (Il programma comunista, n°5, 2014)
  • L’alleanza delle borghesie israeliana e palestinese contro il proletariato (Il programma comunista, n°6, 2014)
  • Israele e Palestina: terrorismo di Stato e disfattismo proletario  ( Il programma comunista, n°3, 2021)
  • A fianco dei proletari e delle proletarie palestinesi! ( Il programma comunista, n°5-6, 2023)
  • Il proletariato palestinese nella tagliola infame dei nazionalismi ( Il programma comunista, n°2, 2024)
We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.