DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

E’ in corso (metà novembre) la lotta dei facchini della Centrale Adriatica Coop di Anzola, in provincia di Bologna, appoggiata da uno sciopero indetto dal Si Cobas. Alcuni nostri compagni hanno portato la propria solidarietà e il proprio contributo al picchetto: le informazioni sono dunque di prima mano.


I motivi che hanno scatenato la protesta sono presto detti. 180 lavoratori (tutti immigrati) della cooperativa della Centrale Coop, polo logistico fondamentale nella distribuzione delle merci alla rete di punti vendita del gigante della grande distribuzione, hanno saputo poche settimane prima che vi sarebbe stato un ulteriore cambio di appalto fra la Coop e le cooperative di facchinaggio: dal primo di dicembre sarebbero stati “ceduti” alla Aster Coop. Così, sono scesi in lotta.


Questo passaggio (il sesto in 4 anni) non è indolore: i lavoratori passano dal contratto nazionale del commercio a quello (peggiorativo) del trasporto e della logistica; perdono il livello di inquadramento, passando tutti indistintamente al 6°, cioè il più basso, a prescindere dal loro livello attuale; di conseguenza, la loro già misera retribuzione subirà una contrazione di circa il 10%, scendendo sotto la soglia dei 1000 euro al mese.


Ma, più di ogni altra cosa, sulla decisione di incrociare le braccia e bloccare il transito delle merci in entrata e in uscita ha pesato la clausola capestro, inserita da Aster Coop, la nuova cooperativa: se applicata, farebbe perdere la condizione di sicurezza di un contratto a tempo indeterminato, imponendo a tutti, prima dell’assunzione definitiva, un periodo di prova della durata di tre mesi, durante il quale i lavoratori sarebbero in ogni momento licenziabili, senza preavviso e senza indennità di alcun tipo. Ciliegina sulla torta, i lavoratori dovranno anche versare una quota associativa (una vera e propria “tangente”) pari a 2.600 euro.  

 

 

 

 

 


La lotta si è ampliata per il sostegno solidale espresso da molti altri lavoratori richiamati dal tam tam della lotta stessa, ma anche sollecitato da organismi operai presenti sul territorio, che hanno ovviato all’impossibilità dei sindacalisti del Si Cobas, impegnanti su più fronti, di sostenere da soli, notte e giorno, la vertenza. La presenza costante davanti all’uscita-ingresso dei camion notte e giorno, la divisione per turni di sorveglianza, l’organizzazione coordinata contro i tentativi di penetrazione forzata dei camion, hanno permesso di attestare la tenuta dei picchetti. Al centro dell’azione, la determinazione instancabile dei lavoratori, che con grande coraggio hanno resistito, fra mille difficoltà, alla pressione esercitata dalla polizia e dai carabinieri per smantellare i picchetti.

 

 

 

 


La lotta si è poi accesa quando la direzione ha attaccato gli scioperanti intimando un ultimatum, con la minaccia di passare ai licenziamenti, e il sindacalista della Fit-Cisl Turrini, parlando del Si Cobas, ha dichiarato che “sarebbe meglio che qualcuno insegnasse loro come si sta al mondo, anche intervenendo democraticamente sulle loro schiene”; e quando, con un colpo di mano e con il sostegno della Cgil, della Uil, della Cisl Trasporti e della Ugl (sempre presenti al tavolo delle trattative e mai accanto agli operai), la direzione ha fatto votare in assemblea l’accordo contrattuale a una piccolissima minoranza di lavoratori, sbarrando alla maggioranza l’ingresso al luogo della votazione. La direzione, impotente di fronte a una situazione sempre più seria per l’assenza di merci alla distribuzione (con cartelli diffusi nei negozi, ha accusato gli scioperanti di Anzola di essere responsabili della mancanza delle merci), reclamava l’intervento della polizia per permettere, in un modo o nell’altro, l’accesso ai camion fermi nel piazzale antistante per quattro giorni e tre notti, ed evitare che i danni già procurati dallo sciopero diventassero non più sostenibili.

 

 

 

 


La migliore prova dell’importanza di questa lotta è fornita dalla resistenza e dalla determinazione mostrate dai lavoratori di fronte alle forze dell’ordine accorse in gran numero – al punto di distendersi sotto i camion quando la polizia ha sollecitato i camionisti a entrare (gli stessi camionisti che già avevano mostrato solidarietà con i lavoratori e mai prima d’allora avevano tentato di forzare il blocco).

 

 

 

 

 

 

 

 

Se teniamo conto del fatto che il polo logistico Coop di Anzola Emilia distribuisce le merci ai supermercati della regione e di buona parte del Nord Italia, si comprende che una massiccia solidarietà massiccia dei lavoratori di altri comparti avrebbe potuto cambiare le sorti della trattativa. In questa prima fase della lotta, i risultati concreti non si sono materializzati: ma siam certi che il coraggio di questi proletari non è passato inosservato nelle alte sfere Coop e che la capacità di lotta e il legame di solidarietà fra chi scioperava si sono rafforzati e resteranno come memoria per le prossime vertenze. I lavoratori, comunque, resistendo alle cariche, hanno costretto la Coop a incontrare la delegazione del Si Cobas; come previsto, dall'incontro esce solo la garanzia, a parole, che nessuno sarà licenziato, se non per... giusta causa.

 

 

 

 

 


La partita rimane aperta e i lavoratori hanno compreso di avere la forza per mandare in crisi l'intero apparato Coop. Hanno anche compreso che il padrone non si sconfigge in pochi giorni. Come dire: la lotta continuerà!

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2013)


 

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