DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Continuiamo, dal numero scorso, la rassegna delle castronerie uscite sulla stampa nazionale negli ultimi mesi. Eravamo rimasti all’inserto “TuttoLibri” della Stampa del 23 gennaio 2010. Andiamo avanti: ci aspettano delle vere chicche!

 

Il tempo passa e il Fatto Quotidiano (15 ottobre 2010) irrompe con il seguente titolo: “Karl Marx, un contemporaneo”. Leggiamo: “A giugno sono uscite due biografie, la traduzione del testo di Francis Wheen, Karl Marx. Una vita e il volume di Nicolao Merker Karl Marx. Vita e opere. Se il primo testo è avvincente, il secondo riesce a fare il miracolo – osserva il giornalista – ossia a darci una panoramica completa della vita di Marx e delle linee di fondo del suo pensiero”. Il giornalista, illustrando il libro, ricorda che Merker, anche se parla della teoria del valore e del plusvalore rilevandone l’importanza, ammonisce: “Il marxismo attende risposte…”. Ma perché dobbiamo leggere autori vari e non l’interessato stesso? Marx ci ha lasciato pagine, pagine, pagine, pagine scritte di suo pugno; ma molto meglio prendere la parola per fargli dire… ciò che ci aggrada!

 

Dalle pagine del Manifesto del 21 ottobre 2010 (“quotidiano comunista”, non dimentichiamolo!), in un articolo dal titolo: “Intrecci tra teoria marxiana e la decrescita ipotizzata da Latouche”, apprendiamo che Marx è un mediocre economista e non tanto brillante: perfetto! Già l’inizio è chiaro: “E’ possibile, ma soprattutto è utile coniugare le teorie legate alla decrescita con il pensiero di Marx?”. Ma come?… E la teoria della sovrapproduzione? in che cosa si differenzia dalla decrescita? Il quotidiano, sordo a queste domande, continua: “Solo dall’incontro fra il pensiero di Marx e la decrescita può nascere un anticapitalismo che sia capace di confrontarsi sul piano teorico e politico con la realtà del capitalismo attuale […] Marx e la decrescita sembrano però aprire più problemi di quanti ne risolvano”. Con questa prospettiva, la borghesia può dormire tranquilla… e per conciliare il sonno, leggere anche il suddetto quotidiano, per il quale il comunismo è uno spettro... che non fa paura!

 

Il nostro cammino continua e troviamo nel Corriere della Sera (17 gennaio 2011) l’intervento di Eric Hobsbawm, studioso marxista (?) inglese scomparso di recente, che riconosce l’importanza del pensiero teorico di Marx, ma anche la... povertà delle sue proposte politiche: “Merito per aver preveduto la globalizzazione ma scarse le indicazioni su come governarla […] Marx può tuttora servire per comprendere come funziona il mondo, ma non certo per trovare il modo di cambiarlo”. Ritorna la divisione tra il buon economista e il cattivo politico… da evitare. Notare che su l’Espresso (9 giugno 2011), nella recensione dell’ultimo libro di Hosbawm (Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l’eredità del marxismo), si legge: “Il testo raccoglie i saggi più importanti e significativi dedicati alle opere e alla diffusione delle idee di Marx e Engels. Scritti in un arco di tempo che va dalla metà degli anni cinquanta fino a oggi, sono la testimonianza di una fedeltà ininterrotta a un metodo di analisi della società […]”. Marx, Engels, non dovete temere: siete in buone mani per... essere liberamente interpretati. Diamine: siamo o no in democrazia?!

 

Ancora sul Corriere della Sera (3 giugno 2011), in un articolo dal titolo: “Aveva ragione Karl Marx. I veri rivoluzionari sono i borghesi”, l’autore apre con pomposità: “In effetti, a rileggere oggi le pagine marxiane, non si può non rimanere colpiti dal fatto che il pensatore di Treviri aveva colto con una lucidità impressionante (e con un secolo e mezzo di anticipo) le linee fondamentali di quel processo economico-sociale e culturale che noi oggi chiamiamo ‘globalizzazione’. In questo senso le stesse pagine del Manifesto sono estremamente preveggenti e più che mai valide oggi. Vale la pena di soffermarsi un poco su di esse”. Quale onore!! Seguono alcune citazioni dal capitolo “Borghesi e proletari”, dove Marx ed Engels descrivono una borghesia giovane, spavalda, piena d’energia, alla conquista del mondo. Il giornalista ci parla poi dei marxisti successivi che, teorizzando la stagnazione produttiva del capitalismo, manifestano “Una costante ostilità verso la ‘globalizzazione’, che è vista come l’origine di tutti i mali. In questi ambienti si vorrebbe ritornare al passato [si vorrebbe cioè, per parafrasare Marx, “far girare all’indietro la ruota della storia”, diciamo noi!]. Certo, la globalizzazione ci pone di fronte ad un mare di problemi e di difficoltà, ci richiede infiniti cambiamenti e trasformazioni (anche nella mentalità), che non potremo fare senza sacrifici e senza sforzi; ma essa ci offre anche opportunità nuove, scenari nuovi, realtà assai più complesse e più ricche”. Ci risiamo! L’autore del pezzo (ma sono in molti, moltissimi, a farlo), crede nella giovinezza eterna della borghesia… Buon per lui!

 

E’ la volta di Repubblica (11 ottobre 2011), con un articolo dal titolo: “Marx a Wall Street”. Che inizia così: “C’è un nuovo guru i cui testi sono diventati un’ispirazione per Wall Street: è un tedesco barbuto, si chiama Karl Marx: a riscoprire l’autore del Capitale e del Manifesto del Partito Comunista non sono solo i giovani che da tre settimane protestano contro i soprusi dei banchieri. Il movimento 'Occupy Wall Street' è arrivato secondo in questa riscoperta. Il revival di Marx era già iniziato altrove: ai piani alti di quegli stessi grattacieli di Downtown Manhattan, contro cui i manifestanti gridavano i loro slogan. Michael Cembalest, capo della strategia d’investimento per la JP Morgan Chase, in una lettera riservata ai clienti Vip della sua banca scrive che i margini di profitto sono ai massimi storici da molti decenni e questo si spiega con la compressione dei salari. Cembalest riecheggia ampiamente l’analisi di Marx sulle crisi di sovrapproduzione provocate da un capitalismo che comprime il potere d’acquisto dei lavoratori”. L’articolo continua ancora per un po’ citando riviste che esaltano l’immagine di Marx e sentenzia con gravità: “Il pensiero marxiano torna a fiorire nelle aule universitarie e non solo nei corsi di scienze politiche e di storia che non lo avevano mai completamente dimenticato”.

A questo punto, il lettore intuisce che negli Usa, attorno all’immagine di Marx, ci sia un forte dibattito che coinvolge, se non tutta, una grossa fetta di società. Ma si scopre che non è la realtà. Le riflessioni sul marxismo rimangono chiuse nelle stanze ad uso e consumo dell’intellettuale. Infatti l’articolo ci avvisa che: “Per il grande pubblico di massa, la tv ha appena lanciato due serial praticamente sovversivi […] storie di ragazze spiantate che faticano per sopravvivere con i magri salari da cameriere e protagonisti che tramano vendette contro i banchieri”. Sempre lo stesso articolo (ancora potere della plurinformazione democratica?) continua col parlare del Movimento “Occupy Wall Street”, dell’era reaganiana, perdendo per strada, piano piano, il soggetto iniziale: Karl Marx. Grammatica o ignoranza?

 

Repubblica (8 gennaio 2012) ritorna su Karl Marx. L’autore dell’articolo comunica che in un bel palazzo di Berlino, al numero 22/23 della Gaegerstrasse, si trova l’Accademia delle Scienze, che sta riordinando scritti inediti (oltre 114! che ci sia anche la lista della spesa?) di Marx: “Sono scritti che i contemporanei di Marx vollero ignorare e che il marxismo-leninismo ufficiale preferì censurare”. Questa ci mancava! Il giornalista inizia il pezzo con questo tono: “Agitatore, rivoluzionario, profeta inflessibile della lotta di classe. Così è rimasto nella memoria del mondo. Invece no, fu soprattutto teorico e scienziato, politologo e pensatore critico sempre curioso, attentissimo persino alle scienze naturali e alle nuove tecnologie. Credeva nella democrazia e nella libertà di parola molto più di quanto non si pensi, le riteneva irrinunciabili”. Parafrasiamo: democrazia, democrazia, quanti delitti in tuo onore! Cita poi Hubmann, il responsabile di Mega (Marx-Engels Gesamt Ausgabe) che sottolinea: “Volume dopo l’altro, noi curatori di Mega scopriamo un altro Marx che non credeva nel materialismo storico e addirittura, in uno scritto, disse. ‘Tutto quello che so è che non sono un marxista’”. Insomma, un incrocio tra Socrate e chissà chi (oltre a citare in modo errato, ma soprattutto non inedito): dovremmo dilungarci sulla dialettica, ma non ci pare il caso, visto il livello medio dei narranti! Hubmann continua poi affermando che Marx ed Engels non teorizzavano un totalitarismo, ma erano per... la libertà di parola e il libero confronto tra le forze politiche e sociali. E dài! L’articolo conclude con: “Bentornato, caro vecchio Marx, e scusaci: troppi opposti estremismi del Ventesimo secolo ti avevano tramandato male. Arrivederci al 2020 (anno della pubblicazione degli inediti). Forse ci servirai quando chi sa che volto avrà il capitalismo”. Aspettiamo con ansia…l’uscita degli scritti? No, la ripresa della lotta di classe, che metta al posto giusto tutte queste fesserie.

 

Il Corriere della Sera (29 gennaio 2012) pubblica un pezzo che non lascia attenuanti al rivoluzionario Marx. A lui è riconosciuto “Il merito di aver analizzato e denunciato il carattere di ‘spietato sfruttamento’ del capitalismo ottocentesco […] i dieci punti programmatici elencati da Marx nel Manifesto, punti senza i quali non potremmo capire le democrazie in cui viviamo, si sono realizzati tutti e anche di più […] in una parola, il contributo di Marx alla democrazia”. Ci sentiamo tutti più buoni dopo questa profonda rilettura del Manifesto.

 

Concludiamo questa piccola rassegna stampa restando al Corriere della Sera (8 marzo 2012). Il titolo dell’articolo è: “La borghesia falso bersaglio”. Inizio filosofico-problematico: “Che significato ha oggi la parola borghesia? […] nel Manifesto del Partito Comunista Marx affermò che la società capitalista è incardinata fondamentalmente su due classi sociali: i borghesi (cioè i detentori dei mezzi di produzione) e i proletari (che vendono ai primi la sola cosa che posseggono: il loro lavoro). Questo schema dicotomico non veniva messo in discussione, secondo Marx, dall’esistenza di numerosi ceti intermedi […] perché questi sarebbero stati travolti assai presto dallo sviluppo capitalistico e sarebbero sprofondati nel proletariato […] a proposito […] la sociologia moderna ha parlato, più che di divisione in classi nettamente delimitate, di stratificazione sociale […] dunque la borghesia (se si vuole conservare questo termine, di dubbia utilità analitica) comprende vari e diversi strati sociali […] e perciò è svuotata del suo originario significato unitario”. Il messaggio è chiaro: senza borghesia non può sopravvivere né il proletario né la lotta di classe…Ma…sarà poi vero?

 

Eh, lo spettro: che paura!

 

Partito Comunista Internazionale

(il programma comunista n°06 - 2012)

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