DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Bolivia.

C’era una volta, in Bolivia, uno dei miti superstiti del sempre più esangue terzomondismo internazionale: Evo Morales, con il suo “Movimento al Socialismo”, la difesa dei diritti (diritti?) degli indios, la demagogia sulle nazionalizzazioni (più o meno in contemporanea, il socialista boliviano Morales nazionalizzava la spagnola Repsol YPF e il conservatore spagnolo Rajoy nazionalizzava l’istituto bancario spagnolo Bankia: “sinistra” e destra unite nella lotta? bah!). Ma ora che gli combinano i lavoratori boliviani? Medici e paramedici, ospedalieri e soprattutto minatori sono scesi in lotta intorno a metà maggio, con tre giorni di sciopero generale che ha paralizzato il paese, chiedendo aumenti salariali dell’8% (i salari boliviani sono fra i più bassi del continente, aggirandosi fra i 545 e i 590 dollari): a La Paz, i minatori hanno invaso le strade e fatto esplodere dinamite e bombe molotov e negli scontri con le forze dell’ordine ci sono stati numerosi feriti e arresti (esattamente un anno fa, altre ondate di scioperi e dimostrazioni avevano paralizzato il paese).

(Una nota a margine: nel dare notizia di questi fatti, il giornale on-line “Contropiano”, organo della Rete dei Comunisti, riporta un lungo articolo intitolato “Cosa sta succedendo in Bolivia?”, in cui si attribuisce la responsabilità degli scontri all’infiltrazione di non meglio identificati “gruppi di  estremisti trotzkisti controrivoluzionari, dirigenti indigeni corrotti, gruppi che nutrono risentimento nei confronti del MAS molto spesso per insoddisfazioni personali di scalata di potere di vari dirigenti corrotti, che hanno perso ogni dignità; tutti gruppi che si fanno consapevolmente strumentalizzare , o svolgono un ruolo attivo di provocatori controrivoluzionari“… tutti intenzionati, insomma, a sabotare il processo di “transizione socialista  rivoluzionaria”… Leggere per credere! Il vecchio lupo stalinista non perde né il pelo né il vizio!).

 

Perù.

A fine maggio, invece, in Perù, retto dal presidente populista e nazionalista Ollanta Humala (propugnatore di un non meglio precisato “nazionalismo sociale”), è stato dichiarato lo stato di emergenza per 30 giorni nella provincia di Espinar, nel sud della regione andina di Cuzco, dopo scontri violenti (due morti e decine di feriti) tra polizia e abitanti dei villaggi che si oppongono all'attività della miniera Xstrata Tintaya (di proprietà di un gruppo svizzero), accusata di inquinare i corsi d'acqua Salado e Cañipa: lo stato di emergenza prevede che le forze armate prendano il controllo dell'ordine interno e vengano sospese le garanzie costituzionali relative alla libertà e alla sicurezza personale. Un mese prima, a metà aprile, un incidente in una miniera di rame nel Perù meridionale, aveva messo a repentaglio la vita di alcuni minatori rimasti intrappolati a circa 250 metri di profondità e liberati dopo sei giorni di affannose ricerche. Le condizioni di lavoro nelle miniere peruviane sono drammatiche: solo l’anno scorso, per incidenti sul luogo di lavoro, sono morti 52 minatori.

Già ai primi di dicembre 2011, Ollanta Humala, aveva proclamato lo stato di emergenza, autorizzando l’uso dell'esercito, nella provincia di Cajamarca, nel Nord del Paese, teatro di proteste e manifestazioni contro un grande progetto minerario del gruppo statunitense Newmont per l'estrazione di oro e rame. 

 

Il sub-continente americano è in subbuglio. Cercheremo di seguire con attenzione lo svolgersi degli eventi.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°04 - 2012)

 

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