DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Un campo rom assaltato a Torino, due proletari di origine senegalese uccisi a Firenze: non sono casi di “ordinaria follia”, ma non basta nemmeno qualificarli come “episodi di razzismo”. Quello che è in atto è un vasto attacco al proletariato: si manifesta sul luogo di lavoro e sul territorio, ed è condotto con armi legali e illegali dallo Stato borghese, dal padronato privato o pubblico, dai reparti delle “forze dell’ordine” e dalle squadracce di teppisti più o meno inquadrati in questa o quella organizzazione di destra.

E’ la loro risposta alla crisi: colpire il proletariato in modo diretto e indiretto, per ottenerne un’obbedienza assoluta, da schiavi del Capitale. Le misure “anti-crisi” adottate e applicate con durezza in tutti i Paesi, da tutti i governi (di destra, di centro, di centro-sinistra, tecnici e non), e i provvedimenti padronali (di tutti i Marchionne del mondo) introdotti per rendere ancor più elastica, precaria, ricattabile la manodopera e spremere da essa quanto più plusvalore è possibile, non bastano: è necessaria una politica di terrorismo aperto, per impedire con tutti i mezzi che il proletariato osi anche solo rialzare la testa, difendere le proprie condizioni di vita e di lavoro e contrattaccare.

La crisi dell’economia capitalistica è una crisi strutturale, di sovrapproduzione di merci e capitali. A essa, i borghesi possono rispondere solo in due modi: mettendo ancor di più alla catena i proletari e preparando un nuovo macello mondiale. Questa è la loro prospettiva. Quale deve essere la nostra? Da questa crisi, non si esce con le illusioni riformiste, con gli appelli alle istituzioni democratiche, con i programmi di partiti e sindacati da decenni venduti al Capitale. Da essa si esce solo tornando a organizzarsi sul posto di lavoro e sul territorio, solo tornando a lottare per difendere le nostre condizioni di vita, solo creando organismi territoriali di difesa economica e sociale che si facciano carico di tutte le necessità della lotta e della sopravvivenza dei proletari – dai cortei ai picchetti, dalle casse-sciopero alla risposta organizzata a crumiri, provocatori, aggressori e altra feccia del genere.

La crisi dell’economia capitalistica ci dice, ancora una volta, che questo modo di produzione è in agonia, e quest’agonia avvelena ogni giorno di più l’intero mondo, sotto tutti gli aspetti. Bisogna, una volta per sempre, buttarlo nella spazzatura della storia. Bisogna organizzarci per difenderci oggi e attaccare domani. Bisogna che lo slogan tradizionale dei proletari di tutto il mondo torni a risuonare, deciso e minaccioso: Un attacco a uno è un attacco a tutti!

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2012)

 

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