DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Non è che noi ce l’abbiamo con il sig. Mieli Paolo (cfr. il “Bestiario” uscito sul n.5 del 2010 di questo stesso giornale). Il fatto è che non smette di spararle davvero grosse. La ghiotta occasione è questa volta la sua recensione sul Corriere della Sera del 9/2 di un libro dedicato a Spartaco e alla rivolta degli schiavi, di tal Schiavone Aldo (sembra una barzelletta!), già direttore dell’Istituto Gramsci: Spartaco. L’uomo e le armi (Einaudi). Appoggiandosi dunque all’autorità di Schiavone (un altro che le spara grosse), il Mieli Paolo prosegue nella sua opera biliosa di revisionismo storico anti-comunista. Marx, Engels, Luxembourg, Liebknecht, Lenin, hanno tutti sbagliato nel vedere in Spartaco un simbolo della lotta di classe, perché Spartaco non sapeva di… fare la lotta di classe – e ciò per un semplice motivo: a quell’epoca (udite! udite!) di classi non ce n’erano! Scrive Schiavone citato da Mieli: “Nessuna forma di ‘coscienza di classe’ è mai esistita nella storia di Roma e tantomeno gli schiavi ne hanno mai avuta una, per la semplice ragione che nella storia sociale antica non si può mai rintracciare la presenza di autentiche ‘classi’, nel senso moderno e forte di questa parola: ma solo stratificazioni sociali anche molto articolate, la cui dinamica e i cui contrasti, tuttavia, non diedero mai vita a strutture propriamente di classe”. Infatti, “la condizione servile aveva un’origine e una regolazione extraeconomiche, e questo costituiva un limite insuperabile al formarsi delle classi”. Tutto, insomma, avveniva esclusivamente nell’empireo dei rapporti giuridici (di cui Schiavone pare essere uno “specialista”). Dal che si deduce che tutto avviene sempre e solo nell’ambito della “coscienza” e non dietro la spinta di forze materiali che agiscono indipendentemente dalla coscienza che gli uomini hanno di se stessi! In parole povere, Spartaco ha avuto la sventura di non essere un salariato e di non aver letto il Manifesto del partito comunista: s’è ribellato non tenendo conto che ancora non c’era “la separazione decisiva fra la persona del lavoratore e la vendita della sua forza lavoro – che è stata l’anima della modernità”. Capite?

Ah, beata età dell’oro! Questa gentaglia ha tanta paura che la lotta di classe possa tornare a esplodere oggi che ne nega l’esistenza anche ieri! C’è da chiedersi dunque che cosa facessero i latifondisti romani, i patrizi e i loro clienti, i coloni, i contadini, gli artigiani, i mercanti, i liberti e gli schiavi; chi lavorasse per chi e come nelle città e nelle campagne; chi dominasse chi, a Roma e alla periferia dell’Impero; chi si ribellasse a chi e perché mai; che differenza ci fosse fra patrizi e plebei, fra servi e schiavi; che ci stesse a fare uno Stato e un esercito… Per fortuna è giunto il duo Schiavone-Mieli che ce l’ha cantata giusta: niente interessi contrapposti, niente sfruttamento, niente classi e dunque niente lotta di classe. Spartaco? solo un guerriero che ce l’aveva con Roma (perché poi?), ma in realtà era privo di “coscienza di classe”, non aveva un progetto di società diversa. Ma quando mai i ribelli ce l’hanno? quando mai le ribellioni sanno davvero dove stanno andando? Forse che la rivolta dei Ciompi nel ‘300 e la guerra dei contadini di Germania e Inghilterra nel ‘500 avevano un’idea precisa del “modello alternativo di società” da proporre, al di là di una rivendicazione di egualitarismo e di giustizia sociale? Ciò non toglie che siano state, eccome!, espressioni di lotta di classe.

Con tutta probabilità, nei suoi trascorsi extra-parlamentari mal digeriti, il Mieli (e con lui lo Schiavone) fra le molte cose ha letto male (se mai li ha letti) L’origine della famiglia, della proprietà privata, dello Stato di Engels o Il Capitale di Marx, dove avrebbe trovato molti utili antidoti allo spararle così grosse, obbligandoci così a dedicargli un altro “Bestiario”.

Per fortuna di Spartaco, dopo la sconfitta finale del suo esercito di schiavi ribelli, il suo corpo non venne mai trovato: altrimenti oggi salterebbe fuori qualche “studioso” che, dalla circonferenza del suo cranio, confermerebbe che “non aveva coscienza di classe”.

 

P. S.: Non stupisce, a questo punto, che le nude vestali di una “sinistra” andata a male (la consorteria del quotidiano Manifesto, nella sua espressione culturale dell’inserto settimanale “Alias”) trovino il libro di Schiavone “avvincente”, allineandosi così con la lettura di Mieli, e andando anche oltre. Costoro, infatti, in una lunga recensione (12/3 u.s.), tra fumisterie intellettualoidi di ogni tipo, dichiarano: “L’avvertenza rivolta al passato – non si possono misurare quegli eventi remoti con il metro della lotta di classe sviluppatasi insieme con il capitalismo industriale, che occupa uno spazio alquanto ristretto nella storia dell’umanità – vale beninteso, come sottolinea lo stesso Schiavone, anche per il futuro. La lotta di classe, avverte, è uno schema che non può essere spinto all’indietro verso l’antichità classica, ma neanche trasportato nel mondo postindustriale”. Avete capito, proletari? La lotta di classe è… un accidente della storia, legato a condizioni particolari verificatesi in “uno spazio alquanto ristretto”, all’epoca del… capitalismo industriale (in pratica, quel “secolo breve” contenuto fra inizi dell’800 e inizi del ‘900): il resto (il nostro oggi e il nostro domani “postindustriale”) è tutt’altra cosa, rientra in categorie differenti – giuridiche, culturali, concettuali, intellettuali – , è un discorso fatto di “democrazia, diritti, conflittualità, eguaglianza”…  Questi beceri individui, questi nipotini deformi di Togliatti & Co., sono ancora più anti-comunisti degli anti-comunisti D.O.C.: da questi ultimi sappiamo bene che cosa attenderci perché sono nostri nemici storici, mentre i primi si fingono di “sinistra” e spargono a piene mani il veleno della rassegnazione, del pacifismo, di una resa incondizionata al capitalismo. Il quale se ne fotte altamente delle sbrodolate intellettuali sul “postindustrialismo” e continua a estrarre plusvalore dai proletari. A condurre, insomma, la propria parte di lotta di classe.

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°05 - 2011)

 

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